Studenti contro i nuovi criteri di ammissione all’Università di Parma

AL VIA LA CAMPAGNA #CHIUSIFUORI DELL'UDU

testingressoartOgni anno migliaia di ragazzi freschi di maturità decidono di tentare i test di ammissione all’università. L’angoscia e la paura di non essere ammessi accompagnano le future matricole per tutta l’estate, ovviamente trascorsa a studiare. Inoltre l’iscrizione ai test non è nemmeno gratuita, con un costo va da un minimo di 25 euro a un massimo di 100 in base al corso prescelto. Una spesa non indifferente se si considera che sempre più spesso si sceglie di tentare più test per avere una maggiore possibilità di riuscita.
Che cosa succederebbe se le università abolissero questo castrante e dispendioso metodo di selezione, da sempre motivo di critica da parte delle rappresentanze studentesche?

L’Università di Parma sta prendendo in seria considerazione la possibilità di annullare il test d’ingresso per tutti i corsi a numero chiuso locale (a eccezione di quelli a numero chiuso nazionale come Medicina o Architettura), sostituendolo con un metodo che però ha innescato non poche perplessità: la velocità nell’immatricolazione e nel pagamento della prima rata universitaria. Una soluzione che, in tempi di crisi, agevola i più benestanti o solo una soluzione per aumentare il numero degli iscritti? Contro questa novità l’Udu ha lanciato la campagna di protesta #Chiusifuori.

TUTTI CONTRO IL TEST D’INGRESSO: UN METODO SBAGLIATO – In premessa c’è da dire che sia gli studenti del sindacato studentesco Udu che l’Università di Parma concordano sul fatto che i test d’ingresso ai corsi a numero programmato non siano uno strumento efficace per individuare gli studenti indirizzati ad un determinato percorso formativo/professionale. “Cosa c’è di meritocratico in un test a crocette? Quali conoscenze valutano quella serie di domande poste in fila su un foglio?”: queste le domande che si pongono gli universitari dell’Udu. “Il test d’ingresso è un metodo di selezione puramente nozionistico e ci viene da dire anche molto spesso casuale. Già questo di per sé è un buon motivo per non accettare la pratica del test d’ingresso. Volendo essere ancor più rigorosi nell’analisi, – proseguono – una selezione basata su un test d’ingresso dove le domande sono uguali per tutti gli studenti, presuppone che questi stessi arrivino al test con lo stesso background di conoscenze e con lo stesso bagaglio culturale, presupposto palesemente errato in un sistema di istruzione secondaria variegato ed eterogeneo come quello italiano”. Anche secondo Beatrice Luceri, docente del Dipartimento di Economia dell’Ateneo e delegata del rettore a comunicazione interna, marketing e ranking, quello del test d’ingresso è un metodo di valutazione errato: “Lo stesso Ministro Giannini ritiene che il test d’ingresso così com’è oggi non valuta correttamente le competenze e la motivazione di chi vuole fare il medico. Alcuni studi – prosegue la docente – hanno inoltre dimostrato come il rendimento scolastico non sia in alcun modo correlato al punteggio del test”.
Ad oggi sono stati eliminati i test d’ingresso per i corsi di laurea triennale in Scienze gastronomiche, in Scienze e tecnologie alimentari e per il corso di laurea triennale di Biologia, e pare che anche gli altri corsi di laurea triennale ad accesso programmato si stiano adeguando.

Udu #chiusifuoriL’INDIGNAZIONE DELL’UNIONE DEGLI STUDENTI (UDU): LA CAMPAGNA #CHIUSIFUORI – Ma sui criteri alternativi di selezione per l’ingresso ai corsi il dibattito è apertissimo. “Il sedicente criterio di merito fino ad ora utilizzato (ovvero il test d’ingresso) verrà sostituito da uno ancor più fantasioso e bizzarro, che non ha niente di meritocratico, riassumibile nel ‘chi primo arriva, meglio alloggia‘. L’atteggiamento dell’amministrazione ci rende consapevoli che l’unica preoccupazione dell’Ateneo sia di riempire le tasche dell’Università, senza porre minimamente l’attenzione su quello che è il percorso degli studenti universitari”: così esordiscono i ragazzi dell’Udu in un comunicato stampa diffuso a seguito della direttiva inviata ai vari dipartimenti che indicava, come soluzione al calo delle immatricolazioni, l’eliminazione del test d’ingresso (mantenendo però il numero programmato) e l’introduzione del nuovo metodo di selezione: rapidità d’iscrizione e del pagamento della prima rata. L’Udu di Parma ha deciso quindi di rispondere organizzando la campagna #Chiusifuori. “Se questa è la soluzione che l’amministrazione propone per far fronte al problema del pesante calo delle iscrizioni – continua il comunicato stampa -, pensando che la perdita di attrattiva della nostra università dipenda solo ed esclusivamente dalla presenza del test d’ingresso, noi dell’Unione degli Universitari siamo contrari”.

NUOVA DIRETTIVA: DUBBI E PROBLEMI – La ‘riforma’ porterebbe sicuramente a un sensibile aumento degli iscritti ma, secondo l’Udu, non risolverebbe i tanti problemi dell’Ateneo. “Noi pensiamo che il problema del calo delle immatricolazioni sia dovuto a ben altre problematiche: dalle questioni della cittadinanza studentesca (i servizi a Parma non sono a misura di studente), all’offerta formativa del singolo corso di studio, passando per un orientamento in entrata secondo noi carente”,  affermano i ragazzi dell’Udu che rincarano la dose. “Si è scelto di non chiedere il parere ai diretti interessati, gli studenti, ma di agire seguendo un metodo che da una parte nega l’accesso libero, dall’altra abbatte anche quella parvenza di meritocrazia data dal test, che assicurava, a detta dell’amministrazione, la qualità della didattica. Noi ci opponiamo, e chiediamo che il nostro parere venga ascoltato e tenuto in considerazione, perché è quello dei veri protagonisti dell’università”.
Di fatto questa nuova direttiva potrebbe portare realmente ad un aumento di iscrizioni. “Se volessimo ragionare in termini ‘aziendali’, quindi meramente numerici, questa riforma potrebbe essere una carta vincente ma l’Unione Degli Universitari reputa l’Università un’Istituzione Pubblica e l’accesso agli alti gradi dell’istruzione un diritto degli studenti come sancito dalla Costituzione. L’università resterebbe la stessa, con un sensibile aumento degli iscritti ma con gli stessi problemi che hanno portato al calo delle iscrizioni“, commenta Giancarlo Manco, rappresentante Udu e responsabile della campagna #Chiusifuori. “Il 2014 è stato l’anno del crollo delle immatricolazioni, mai così basse dal 1988 e i governi che si susseguono da 20 anni a questa parte continuano a considerare i finanziamenti all’istruzione e alla ricerca come un peso da scrollarsi di dosso e non un investimento. Crediamo che questa sia una vera e propria malattia del sistema italiano”. La soluzione per l’Unione degli Universitari quindi è continuare a lottare per aprire il sistema d’accesso all’università e dare voce a chi crede nei giovani e in un Paese che investe sul sapere.

LA RISPOSTA DELL’UNIVERSITÀ: APERTURA AD UN DIALOGO? – “Credo che alla base della campagna ci sia un equivoco”, esordisce dall’altra parte la professoressa Beatrice Luceri a proposito della campagna Udu. “Innanzitutto, non vi è alcuna riforma in atto; semmai si tratterebbe di un cambiamento della modalità di accesso ai corsi di laurea ad accesso programmato locale su cui l’organo deputato a decidere è il Consiglio di Studio dello specifico corso di laurea. Si tratta quindi di materia di ben più stretto respiro rispetto ad una riforma. Il nostro Ateneo – prosegue la professoressa – ha come mission l’offerta di prodotti formativi di qualità eccellente. Solo contenuti e servizi di qualità agli studenti danno un senso alla nostra ragione d’essere. Tutto ciò si traduce in capacità attrattiva e in studenti che trovano una ragione adeguata ad iscriversi presso il nostro Ateneo”. Aumentare il numero degli iscritti e aumentare la qualità dell’Ateneo sono quindi “due facce della stessa medaglia e, pertanto, inscindibili”. Obiettivi raggiungibili però soltanto attraverso un confronto diretto con gli studenti: “L’attuale governance – sottolinea Luceri – ha dato sempre prova di essere aperta al dialogo, anzi ne fa uno dei punti fondanti della propria azione. L’Ateneo è disponibile e interessato ad un dialogo con gli studenti. Ci aspettiamo anche da loro la volontà di incontro e confronto. Anche per gli studenti è forse opportuno un cambio di paradigma nella gestione delle relazioni con l’Ateneo. Dimostrare di sapere mettere in campo la propria progettualità e metterla a sistema con le altre componenti dell’Ateneo, questo sì che porterebbe vantaggi a tutti. Per rendere il concetto la docente prende in prestito le parole di John Fitzgerald Kennedy e sollecita: “Non chiedere cosa può fare il tuo Ateneo per te, chiedi cosa puoi fare tu per il tuo Ateneo”.

Se uno dei punti di forza dell’Ateneo è l’apertura al dialogo con gli studenti, perché allora gli universitari non sono stati ascoltati prima di questa direttiva? “Tutto nasce da una direttiva data ai dipartimenti, in un incontro nel quale noi rappresentanti non siamo stati invitati…” fa presente Giancarlo Manco, responsabile della campagna #Chiusifuori.

 

di Arianna Belloli, Laura Misuraca, Debora Vella

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