Ringraziamenti in rosso

SUL FILO DI UN RASOIO

Due anni fa ho deciso di fare le valigie e partire. Ho lasciato la mia bella Catania e la mia bella Sicilia per inseguire un sogno: (provare a) diventare giornalista.

Per chi vive su un’isola è facile comprendere quale sia lo stato d’animo di chi l’isola deve abbandonarla. Cresci con la consapevolezza di vivere su una terra circondata dal mare, in una città ai piedi di un vulcano attivo e dalla presenza costante, in un contesto dai diversi sapori e dalle mille culture, accerchiato da persone calorose, sorridenti, generose e piene di valori (quelli veri). Vai via e tutto questo ti manca, soprattutto quando cammini per strada e con la coda dell’occhio cerchi il mare, con l’olfatto ne cerchi il profumo e le tue mani vorrebbero accarezzare la sabbia anche solo per cinque minuti, quanto basta per farti sentire a casa. Ma casa è lontana, gli affetti sono lontani, la tua vita precedente è rimasta alle spalle e tu stai andando avanti, sempre più avanti, verso un traguardo che se inizialmente ti appare irraggiungibile alla fine è più prossimo di quanto immagini. E io il mio lo sto (quasi) raggiungendo.

Spesso qualcuno mi chiede: “Ma perché proprio giornalismo?”. Rispondo: “Perché il giornalista (quello vero) è sempre in cerca della verità. E io amo la verità”. Ma non starò qui a scrivere fiumi di parole su quanto creda, ancora e tuttora, nel mestiere del vero giornalista o su quante volte in vita mia abbia sofferto proprio in nome di quella verità che vado sempre cercando. Piuttosto, starò qui a ringraziare (in fondo il titolo indica proprio questo) chi ha condiviso con me questo viaggio, un viaggio bellissimo dalla Sicilia all’Emilia Romagna, da Catania a Parma, dall’arancino ai tortelli, da ‘mbare’ a ‘tato’, tra alti e bassi, gioie e delusioni, ma nonostante tutto insieme. Sempre.

Apparirà scontato, ma i primi a dover essere ringraziati sono i miei genitori. I sacrifici e le rinunce che sono stati costretti a compiere non sono altro che le fondamenta di quello che ho potuto compiere in questi due anni e i motivi principali per i quali io sia andata avanti sempre e comunque, senza arrendermi di fronte alle sconfitte, con un unico pensiero: renderli fieri. E ripagarli con almeno la soddisfazione di aver completato un altro percorso dando il massimo, con la speranza di poter un giorno restituire loro (anche concretamente) una minima parte di quello che mi hanno donato senza mai chiedere niente in cambio. E ogni loro singola lacrima di gioia versata per un bel voto, per un’intervista ad un personaggio noto, per un articolo dallo sfondo autobiografico rimarrà impressa nella mia mente e mi scalderà il cuore ogni volta che penserò di non farcela. Perché i genitori fanno così: mettono da parte se stessi per lasciare spazio ai propri figli, quei figli che un giorno decidono di lasciarli per seguire la loro strada, quegli stessi figli che riaccoglieranno sempre a braccia aperte ogni qualvolta ne avranno di bisogno. E poi c’è mia sorella. Chiunque abbia fratelli e/o sorelle sa perfettamente che essi sono compagni di vita che, a differenza di qualunque amico e di qualunque conoscente, non ti volteranno mai le spalle e ci saranno sempre per te. Perché i fratelli fanno questo e le sorelle ancora di più. E io resisto grazie a questa promessa: quella di ritrovarli tutti e quattro sempre lì, vicini al mare, con un vassoio di cipolline tra le mani, in attesa di rivedermi e dirmi: “Non sarai mai sola”.

Questa promessa è la stessa fatta circa undici anni fa con Costanza. Senza dilungarmi, quello che c’è tra me e lei è la conferma che l’amicizia, quella vera, esiste. E va oltre i litigi, le incomprensioni e soprattutto la distanza e gli impegni. Grazie a te, amica mia, per essermi sempre accanto non soltanto nei momenti più belli, ma soprattutto quando mi serve un salvagente per riemergere dal fondo.

Grazie a Martina, la mia amica-coinquilina, che in questi ultimi due anni mi ha insegnato cosa voglia veramente dire convivere con qualcuno, condividendo non solo l’aspetto economico dell’esperienza ma anche e specialmente quello emotivo, con la certezza che dopo una giornata schifosa, aprendo la porta troverai sempre qualcuno pronto ad aspettarti. Ma grazie soprattutto perché se non fosse stato anche per te probabilmente avrei mollato tutto a metà percorso, facendo vincere quel mostro chiamato paura. Tu mi hai aiutato a riconoscerlo e a combatterlo, continuando a ripetermi quanto io in realtà fossi forte e speciale. E lo fai tuttora. E io ti chiedo di non smettere mai di farlo.

Grazie a Sara e Giulia, le mie compagne d’avventura, le mie sostenitrici, le mie amiche. Se non ci foste state voi Parma non avrebbe acquistato lo stesso valore. Perché non è facile incontrare persone buone, sincere, che credono ancora in concetti importanti come il rispetto e l’amicizia sincera e aver conosciuto voi mi ha confermato che la speranza di incontrarle non deve mai svanire. E so che la nostra non è un’amicizia passeggera. È una di quelle che supererà il tempo, le distanze e le strade che inevitabilmente si divideranno. Una di quelle che quando prenderai il telefono dall’altro lato ci sarà una voce amica pronta ad ascoltarti. Io ci sarò per voi e voi ci sarete per me, lo so. Per sempre.

Grazie a Menico, Alberto e Daniele per le serate in compagnia, per le uscite, per le cene in casa, per gli aperitivi, per le confidenze e le parole giuste al momento giusto (tra un caffè fatto da Albertino, una dormitina sul divano di Daniele e un pranzo con Menico). Ma soprattutto grazie per le risate, quelle che vengono dal cuore e che ti lasciano senza fiato. Perché probabilmente è stato grazie a voi se ho riscoperto il gusto di sorridere per il semplice piacere di farlo. Senza troppi problemi, senza troppi pensieri.

Grazie a Delia, Valentina e Francesca perché tra i ‘bassi’ iniziali e gli ‘alti’ finali mi avete insegnato a crescere, a pensare prima di parlare (e soprattutto di giudicare), a non soffermarmi alle apparenze e ad andare sempre oltre. A volte proprio chi si mostra molto distante da te e dalla tua persona in realtà è colui che ti assomiglia più di tanti altri. Può perdonarti e ricominciare stringendoti la mano, sigillando automaticamente e segretamente un patto profondo, colmo di rispetto e stima reciproca. E può esserti amico, nonostante tutto.

Grazie a Francesco e Clara per le innumerevoli ore passate seduti ai tavoli de Le Malve, a parlare di esami, professori, tesi e avvenimenti strani (e sinceramente anche a prendere freddo). Grazie soprattutto a te Fra, perché quando ti puoi fidare di qualcuno lo percepisci fin dal primo momento. E se sei arrivato fino a Langhirano per venire a recuperarmi dopo essermi persa non posso non pensare che tu mi voglia davvero troppo bene. E te ne voglio anche io.

Grazie a Rossella e Federica perché quando vi guardo (e vi parlo in dialetto) mi sento subito a casa. E perché quando ci confidiamo ci capiamo al volo, senza bisogno di troppe spiegazioni.

Grazie ad Alessia, Iosetta, Erica e Carlotta che in pochissimo tempo hanno riempito le mie giornate, il mio cuore e la mia vita in generale tra messaggi audio su whatsapp, immagini compromettenti, gossip dell’ultimo momento e pomeriggi di cibo e shopping. Grazie perché rappresentate, nei momenti più tristi, la mia valvola di sfogo e di recupero soprattutto mentale. Solo guardandovi capisco che, nonostante nel mondo circolino persone senza dignità e senza rispetto per gli altri, esiste ancora qualcuno capace di voler bene con trasparenza e lealtà. Mi chiamate ‘ancora di salvezza’, e io sorrido perché vi sbagliate: la mia ancora di salvezza spesso e volentieri siete proprio voi.

Grazie ai miei tutor-capi-amiconi Fabio, Beppe e Annalisa che tra riunioni, aperitivi, cene, discussioni, riappacificazioni, telefonate, tag su Facebook e chi più ne ha più ne metta mi hanno insegnato molto negli ultimi mesi (e spero mi insegneranno tanto altro e per tanto altro tempo ancora): fare gioco di squadra, mettere un po’ da parte se stessi per lavorare serenamente, lanciarsi in nuove sfide e imparare a cavarsela da soli. Grazie a voi soprattutto perché mi avete fatto capire che posso farcela, che sono sulla strada giusta, che se mi impegno riesco a portare a termine un buon lavoro. Grazie perché mi avete sempre dato fiducia e continuate a darmela, anche in maniera sottile e a volte sottintesa. E per me essere in grado di ricevere, mantenere e ripagare la fiducia degli altri è una delle soddisfazioni più grandi.

Grazie a tutto lo staff del Dolcevita (Vittoria inclusa) che accompagna, allieta, diverte e sdrammatizza gran parte delle mie giornate. Una sera (una di quelle tristi), Marietto mi ha detto: “Sappi che ogni volta che verrai qui troverai sempre un amico ad aspettarti”. È vero, nella vita non tutti sono amici e non tutti ti tratteranno com’è giusto che sia. Ma so anche che ogni qualvolta varcherò la porta di ingresso troverò sempre qualcuno pronto a sorridermi e ad abbracciarmi (e anche a lanciare qualche battuta sconcia, ma anche quella ci sta). Primo tra tutti Nicholas. Grazie amico.

Grazie ai miei zii che hanno aiutato i miei genitori a sostenere la situazione, sotto tutti i punti di vista. E grazie ai miei nonni per lo stesso motivo.

Grazie a chi ho ‘lasciato’ a Catania ma mi è rimasto comunque vicino e che rende il mio ritorno sempre più bello, più emozionante, più intenso.

Grazie a chi mi ha invidiato, ostacolato e disprezzato, perché è proprio dai sentimenti negativi degli altri che io traggo tutta la mia determinazione. È proprio la gente cattiva che mi fa sentire forte, intelligente e soprattutto superiore. Quindi mi correggo: doppiamente grazie.

Grazie a chi non c’è più ma vive nel mio cuore. E continua ad essere presente lanciando piccoli segnali, soprattutto quando tutto va storto, per ricordarmi di quali siano le cose realmente importanti, quelle per le quali vale la pena lottare, soffrire, gioire, ringraziare.

E infine grazie a me stessa, dai. In fondo sono stata brava. Semplicemente dovrei ricordarmelo un po’ più spesso.

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