Al D’Azeglio Kubrick, maestro “ancora in dialogo con la contemporaneità”

FINO A GIUGNO LA RASSEGNA PROPONE I PIU' GRANDI SUCCESSI DEL REGISTA ANCHE IN LINGUA ORIGINALE

52188.sk.brown03.001Al  cinema D’Azeglio torna, dopo anni, il maestro americano Stanley Kubrick, protagonista di una rassegna di film gratuita, sostenuta da Chiesi farmaceutica, che propone i capolavori del regista, ancora molto amato da tutte le generazioni di cinefili. Prendete posto in sala quindi  e lasciate che Kubrick vi guidi in un mondo in cui non sempre il male si contrappone al bene e in cui le luci si fondono con le ombre. Andate al cinema perché, parafrasando Calvino, un capolavoro è tale perchè non ha ancora smesso di dire quello che ha da dire.

L’UOMO CON LA MACCHINA DA PRESA  – “Come filmare è semplice. Cosa filmare, questo è più complesso”: parole di Kubrick risalenti all’ottobre del 1987, quando la sua carriera era già consolidata. Era infatti l’anno di ‘Full Metal Jacket’, il film della feroce critica alla guerra americana in Vietnam, il film dell’orrore e della violenza fisica e verbale. Il tema della violenza, ricorrente nella cinematografia del regista americano, parte dall’idea che l’uomo sia violento per natura e che questo lo porti ad evolversi e a perfezionarsi solo per far del male ai propri simili, come nel caso della bomba del ‘Dottor Stranamore‘ o dell’osso lanciato da un ominide all’inizio di ‘2001: Odissea nello spazio‘ che si trasforma in una navicella spaziale, in uno dei salti di montaggio più spettacolari della storia del cinema. Ma la violenza può anche essere legalizzata se ad operare è la società stessa, come nel caso di Alex in ‘Arancia Meccanica‘, vittima della “cura Ludovico” e costretto a una rieducazione castrante e coercitiva che provoca nello spettatore una sorta di empatia per questo personaggio negativo.
La complessità di Kubrick sta anche nell’innovazione dei suoi movimenti di macchina. Dall’utilizzo del carrello e della macchina a mano in ‘Barry Lindon‘, al grandangolo in ‘Arancia Meccanic’a, dall’uso della steady camera alle riprese dal basso in ‘Shining‘, tutte tecniche che danno ai film di Kubrick un forte impatto fisico. Era un regista che voleva sperimentare, che giocava con gli effetti speciali e cercava un’esperienza visiva più che verbale con pochi dialoghi e molte inquadrature.
Se può essere scritto o pensato può essere filmato”, diceva Kubrick.

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PERCHÉ KUBRICK?  Perchè Kubrick è Kubrick, un regista inimitabile ancora capace di creare un dialogo con la contemporaneità. Un dialogo fatto di immagini e sofisticati movimenti di macchina, al quale i giovani devono partecipare”: così risponde Michele Guerra, docente di Storia del cinema americano del Dipartimento Lass dell’Università di Parma e organizzatore della rassegna. La scelta di proporre alcuni film in lingua originale, sottotitolati in italiano, permette allo spettatore di percepire con maggior enfasi e realismo l’espressività dei dialoghi a volte rudi e violenti come quelli, ormai entrati nell’immaginario collettivo,  del sergente maggiore Hartman di ‘Full metal Jacket’.
Kubrick è Kubrick anche perché “a livello narrativo è riuscito sempre a cimentarsi in generi diversi, raggiungendo il successo di critica e di pubblico, capace di unire l’aspetto prettamente commerciale del cinema americano a quello più carico di sfumature sofisticate tipico del cinema europeo”, aggiunge Guerra. “Nei sui film non racconta solo una storia, ma spiega cos’è il cinema”.
La grandezza di questo regista sta anche nell’aver creato film- archetipi in ogni genere sperimentato. Chiunque voglia girare un buona pellicola di fantascienza non può non confrontarsi con ‘2001 Odissea nello spazio’, con ‘Shining’ per il genere horror e con ‘Barry Lindon  per un buon film storico.

LE VISIONI DELL’ASSOLUTO – ” Il sottotitolo della rassegna ‘visioni dell’assoluto’ conduce all’idea di un cinema in senso assoluto in grado di scavare attraverso la visione le grandi verità dell’essere umano e rappresentare la realtà in tutte le sue innumerevoli sfaccettature”.
Prima di tutto lo spettatore deve provare emozioni istintive e scevre da ogni tipo di analisi razionale, infatti- continua Guerra-  per “Kubrick  la verità di una cosa sta in come uno la sente, non come uno la pensa”.

LA PAROLA AGLI SPETTATORI – Fra le poltrone rosse del cinema D’Azeglio, con la scatola dei pop corn ormai vuota e i titoli di coda alle spalle, spettatori di tutte le età escono dalla sala cinematografica per tornare a casa. Cosa ne pensano del film? Quali sono le loro opinioni?
“Ho avuto l’occasione di vedere il mio regista preferito sul grande schermo e ne sono contento. Vedendo 2001 Odissea nello spazio sono come “entrato nel film” grazie agli spettacolari effetti speciali e al grande schermo”. Così commenta Marco, universitario appassionato dei film di Kubrick. “Meraviglioso! – esclama Francesca, giovane cinefila -.Stranamore è in assoluto il mio film preferito e ho rischiato di non riuscire ad entrare nella sala per quante persone c’erano. Ho visto anche 2001 Odissea nello spazio e Spartacus, che però contava meno spettatori. Non mancherò al prossimo appuntamento con’ Arancia Meccanica’.”
Mirella esce dal cinema con lo sguardo trasognato di chi si perde nei propri ricordi: “Rivedere Kubrick al cinema mi fa tornare indietro alla fine degli anni sessanta. Che bei tempi!”. Luisa invece, che non ha mai visto in vita sua un film del regista americano, è rimasta estasiata da 2001 Odissea nello spazio. “Il film mi è piaciuto molto, soprattutto per l’evolversi della storia: l’uomo che da scimmia si ritrova improvvisamente nello spazio, come fosse un continuum logico. Ho apprezzato il realismo dei suoni e soprattutto del finale mi ha colpito la rappresentazione della ciclicità della vita che non termina con la morte ma con la rinascita, e quel feto gigante affiancato alla Terra è stata una trovata da fuoriclasse!”
Un grande successo che dimostra quanto i film di Kubrick non risentano dei segni del tempo.

 

di Giulia Campisi e Debora Vella

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