Il meraviglioso mondo di Aldo Piazza: “Ho trasformato i miei difetti in pregi, sono egocentrismo allo stato puro”

"UNO, NESSUNO E I CENTOMILA DI ME STESSO": L'ARTISTA E LA SUA PARMA

11163591_767466170035601_1097999747_oUna città non è mai la stessa quando fuoriesce dalle labbra di chi la racconta. La Parma di Aldo Piazza, come chi la descrive, diventa una città poliedrica, multiforme e nonostante questo senza mai tradire sé stessa, in bilico tra ciò che poteva essere rivoluzione e ciò che è rimasta restaurazione. Lui è figlio di un’epoca dove il punk era morto con la dipartita di Sid Vicius, la New Wave raccattandone le ceneri provava a ripartire, i gruppi da ascoltare li leggevi sugli enormi tavoloni di legno dove al Toschi si imparava a ritrarre dal vero e portare i capelli blu era l’eccezione. Niente social, per condividere qualcosa bastava voltarsi e parlare a chi ti stava accanto. I Cure accompagnavano gli adolescenti nei propri tormenti personali e la città pullulava di fermento nuovo e splendidamente acerbo. In quegli anni Parma diventa la Rimini di Amarcord, raccolta tra i propri borghi, snodata nei suoi viali e abbracciata da fili di malinconica nostalgia che rendono il racconto più ovattato e onirico. La cornice era quella degli anni ’90 che sembrava promettere tanto per poi mantenere poco, dove tutte le cose cominciavano per caso. E’ questa l’intima ricostruzione di Aldo, figlio di una Parma che non esiste più ma che vive dietro i suoi occhi quando con aria sognante cerca di riprodurre un sentir vivere diverso da chi lo ascolta. Aldo Piazza, in arte Ape, Regina delle Drag parmigiane, dj per tantissimi locali cittadini, speaker radiofonico, cantante , frontman dei Neurox, recentemente riunitisi, è un caleidoscopio vivente di passioni e psicosi personali che confluiscono inesorabilmente nel valido artista che è oggi.

Ho trasformato i miei difetti in pregi“: L’egocentrismo come mezzo per arrivare al successo

Il 19 d’agosto era una domenica e sotto la costellazione del Leone nascevo io, come dice mia mamma “già stanco”. Questo segno zodiacale rispecchia in toto tutte le caratteristiche della mia personalità, ovvero egocentrismo allo stato puro. Mi è sempre piaciuto essere al centro dell’attenzione, non avendo problemi anche nel travestimento sin da piccolo, ed è proprio questo che mi ha incitato a diventare quel che sono oggi. La mia è stata un’infanzia e un adolescenza relegata alla provincia di Vigheffio: venivo a Parma solo per la scuola o al sabato mattina con mia madre a fare compere. Vivere lontano dalla città è stato più semplice poichè si era legati alle piccole cose: le passeggiate coi compagni, giocare in strada, le chiacchierate dei vicini. Iscrivendomi al Toschi (Liceo Artistico di Parma, ndr) le cose sono cambiate: Dalle creste blu alle scritte di gruppi musicali posti su delle basi di legno. Da qui si è aperto un mondo da esplorare: eravamo giovani, innovativi, geniali e credevamo nella Rivoluzione”.

Dalla Fattoria di Vigheffio al Chiambretti Night

“Siamo nei primi anni 90. Bazzicavo la fattoria di Vigheffio quando il vecchio proprietario dell’Onirica, storico locale di Parma che all’epoca era situato in via Pasubio, chiese ai gestori se conoscevano qualcuno per risollevarne le sorti. Mi proposi e cominciai un nuovo modo di gestire locali che poi ha fatto scuola a Parma: quasi tutte le sere avevamo band che suonavano loro pezzi live. Ad esempio da noi sono venuti i Verdena che dopo un anno hanno fatto il botto, gli Aftherhours e i Timoria. Ricordo bene che un martedi sera del 1991 fummo invasi da studenti erasmus: il nostro trampolino di lancio. Dai miei travestimenti in ambito locale, via via sono nate varie interpretazioni di personaggi apprezzati molto dalla gente. Da questa voglia di essere costantemente notato nascono i primi veri spettacoli, fino ad arrivare alle audizioni per ‘Markette‘ su La7, coronamento di un sogno, ma sicuramente imparagonabile al successo e soddisfazioni che mi ha portato il ‘Chiambretti night‘ su Mediaset. Potrei parlare anche di Piero, ma si aprirebbe un mondo troppo grande”.

Tratto dal film di Tim Burton Big Fish“: Hai mai pensato che magari non sei tu ad essere troppo grande, ma che è questa città ad essere troppo piccola per te?

“Tengo a specificare che per lavoro mi sposto parecchio. Questa è una domanda frequente che la stessa “Plati” (Platinette, ndr) mi chiedeva. Dico la verità, se la possibilità di andare via fosse nata pochi anni fa sicuramente avrei deciso di farlo, visto che la mia Parma, la Parma di un tempo è ormai scomparsa. Questa città è molto importante per me perchè oltre ad esserci nato, condivido un forte legame coi miei genitori. Mi reputo fortunatamente “figlio d’arte”: mio padre possiede una forte passione per la musica, mai sviluppata poichè ai suoi tempi, vuoi la guerra, vuoi la povertà, era difficile portare avanti un sogno simile: le sua braccia le utilizzava per lavorare i campi e non per suonare la fisarmonica da lui tanto amata. Ad ottant’anni è sempre in prima fila a tutti i miei spettacoli e nei suo occhi è possibile leggere quanto io rappresenti il riscatto della sua vita. Mia mamma? Lei si occupa dei miei abiti di scena essendo sarta. Insomma, siamo una piccola famiglia circense“.

L’arte anti accademica come espressione di sè: Egon Schiele

“Sono diplomato al Liceo Artistico Toschi di Parma e ovviamente considero l’arte come espressione viva di me stesso; riguarda tanto l’aspetto degli spettacoli quanto il sentimento che scaturisce dentro me. Nella maestosa produzione artistica del primo Novecento, l’artista al quale mi sento molto legato è Egon Schiele. Più che alla scoperta del corpo, Schiele sembrava interessato alle sue deformazioni, alle contrazioni impossibili che questo può assumere, ai colori lividi di cui si riempie, a quel miscuglio di ingenuità e spregiudicatezza. Vivo molto la funzione catartica dell’arte. Il mio “egoismo” di fronte alla bellezza artistica si frammenta: da un lato agisce l’espressione d’impatto che celo dietro i miei personaggi, dall’altra mi invade il reflusso di una sensibilità paragonabile alla Sindrome di Stendhal. A questo proposito il quadro totalizzante di questa esperienza è il “Noli me tangere” del Correggio: è la scena della Madonna che vuole toccare il suo Cristo ma non può perché non è corpo ma spirito. L’ho visto al Museo del Prado di Madrid e inaspettatamente ho cominciato a piangere. Ho sempre pensato che dentro di me c’è una certa spiritualità che viene fuori nei momenti di solitudine: il mio credo!”

Sei perseguitato dai fantasmi dei tuoi travestimenti nella vita privata?

“Credo che per chi faccia spettacolo una sorta di fantasma ci sia sempre. Fortunatamente, per quanto possa riuscirci, tengo ben lontano il mondo lavorativo da quello privato. So che i miei personaggi finiscono di esistere quando metto piede fuori dalla scena”.

Parma: il ring di uno scontro tra generazioni.

“Credo che ci sia sempre stato quello che stava bene e quello che stava peggio. Purtroppo c’è questo grande dilemma dei social: da una parte sono utili ma dall’altra hanno provocato molti disagi generazionali. Non esiste più una vita sociale, diretta! Ovviamente non sono avulso da questo mondo virtuale. Mi servo dei social per lavorare ma non ho mai accettato questo attaccamento ossessivo. I giovani di oggi si divertono attraverso la tecnologia mentre prima ce la spassavamo semplicemente di presenza. Da ragazzo uscivo tutte le sere, adesso i giovani preferiscono rinchiudersi o a casa sulle piattaforme social o quando escono rifugiarsi nei locali con il loro telefono in mano: non vivono l’attimo, ma vivono attraverso un filtro fotografico”.

Ti reputi un tipo coraggioso?

“Ho lottato per i pregiudizi e a questo mondo ce ne sono tanti. Bisogna avere tanto coraggio e affrontarli! Il pregiudizio è una cosa che non finirà mai. Per molti non bisognerebbe neanche parlarne. La gente non è civile: la cosa che mi capita spesso è che mi vogliono togliere la parrucca nei locali. Mi arrabbio molto quando succede perchè percepisco una mancanza di rispetto nei confronti del mio lavoro e delle mie scelte. Non è un giochino e neanche uno scherzo. Il coraggio è una cosa innata, scopri di averlo quando ti serve. Io dico di non averne tanto perché ho paura di tante cose poi quando mi ci trovo in mezzo, reagisco”.

A Parma sei molto conosciuto anche come Dj. Restando in tema: in quale testo musicale ti rispecchi?

“Aftherhours: ‘Non è per sempre’. La frase di questa canzone che mi caratterizza è: “il tuo diploma in fallimento è una laurea per reagire“. Se fai dieci passi avanti e uno indietro quell’uno lì vale dieci”.

 

di Paola Basanisi e Stefano Frungillo

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