La radio: nuova amica ‘portatile’ che rivoluzonò la vita degli italiani

IN MOSTRA ALLA CASA DELLA MUSICA 400 ESEMPLARI DAGLI ANNI ’20 AGLI ANNI ‘50

RadioIn un’atmosfera che rievoca gli ambienti e i salotti delle case italiane del primo e del secondo dopoguerra è esposta una galleria di radio, dai primi esemplari, veri e propri oggetti d’arredo, fino alle radio portatili, risalenti alla prima metà del secolo scorso. Siamo alla Casa del Suono, dove è allestita una ricca mostra composta da 400 pezzi tra apparecchi fonografici, grammofonici e radiofonici, parte di una collezione privata appartenuta a Don Giovanni Patanè, parroco di Gaione, piccola frazione di Parma, lasciata in dono al Cnit, Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni. Da settembre scorso fino a dicembre 2015, il museo ospita infatti una nuova sezione: ‘Il mondo in tasca. Storia della radio portatile dagli anni ’20 agli anni ’50’.  Una mostra nata per “offrire al pubblico una preziosa occasione per immergersi nella storia dell’evoluzione tecnologica della riproduzione sonora”, come spiega la curatrice Eleonora Benassi.

CURIOSITÀ – L’esposizione presenta pezzi unici, di particolare pregio. Tra gli apparecchi in mostra si può notare il ricevitore a 4 valvole con mobile in legno e maniglia in pelle della seconda metà degli anni ’20 prodotto dal Radio Laboratorio Parmense situato in via Duomo. Un vero e proprio apparecchio realizzato ‘su misura’. “Non era raro che alcuni appassionati dell’etere si affidassero anche a rubriche del ‘fai da te’ presenti nelle riviste di settore dell’epoca per realizzare in proprio apparecchi radio perfettamente funzionanti”, racconta Eleonora Benassi. Altro apparecchio di pregio è la Radiola 26, americana, unico modello di radio portatile prodotto dalla Rca tra il 1925 e il 1927 in poco meno di 200 mila esemplari (su progetto della Westinghouse) e destinato, per la cura dei dettagli e della componentistica, ad una clientela d’élite. L’antenna a quadro è contenuta nel coperchio e fissata in modo da poter ruotare per migliorare il livello di ricezione del segnale. Il circuito a supereterodina è uno dei primi inseriti in un modello di radio portatile e l’alimentazione avveniva attraverso batterie a secco. La radio a marchio Watt, modello Cucciolo, è un omaggio al personaggio disneyano che compare dipinto sulle manopole di regolazione stazione e volume. C’è poi il modello Universal Superheterodyne abilmente camuffato in un’elegante valigetta in similpelle che si sarebbe potuta confondere in un set di valigie da signora. Nella sezione della mostra dedicata agli apparecchi più recenti, compare uno dei primi esemplari di autoradio, il modello a valvole americano 804 (1949 ca.), con già presente la tastiera per la selezione automatica di sintonia e che era fornito dalla Mopar alla casa automobilista statunitense DeSoto per corredarne il modello S13, a partire dalla fine degli anni ’40.

LA STORIA – La storia della radio, ripercorsa all’interno dell’esposizione, affonda le sue radici nell’Ottocento quando Guglielmo Marconi  intuisce che le onde elettromagnetiche possono essere trasmesse a distanza ponendo così le basi per l’attuale sistema di telecomunicazioni. Le prime radio, che consentono solo l’ascolto in cuffia, usano le proprietà della galena, un minerale in grado di amplificare l’impulso elettrico del segnale ricevuto. La fase successiva nella storia dell’evoluzione della radio ha inizio con l’invenzione della valvola: il tubo elettrico che risolve i problemi causati dalla debolezza del segnale e che sarà il meccanismo alla base di tutti gli apparecchi radiofonici fino agli anni ’50. Da subito considerata un mezzo di comunicazione di massa, la radio comincia a diventare un elettrodomestico indispensabile all’interno delle case degli italiani. L’importanza di questo oggetto fa sì che in Italia, come negli altri Paesi, vengano avviate trasmissioni radiofoniche pubbliche regolari che nel nostro Paese verranno annunciate il 5 ottobre 1924 dalla voce di Ines Viviani Donarelli. L’emittente è l’Uri, Unione Radiofonica Italiana che dopo qualche anno si trasformerà nell’Eiar, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche. ‘Un palinsesto inizialmente piuttosto “esile”- racconta Eleonora Benassi- notizie e bollettini meteorologici sono gli appuntamenti che si alternano a musica principalmente classica e lirica, a supporto degli ascoltatori verrà creato nel 1925  il “Radio Orario” che rappresenterà il primo filo diretto con il pubblico e la cartina tornasole dei gusti dei radioascoltatori’.

La radio diventa un prodotto commerciale per un mercato sempre più ampio e acquista una rilevanza sociale sempre maggiore. I primi apparecchi radiofonici degli anni ’20, ancora piuttosto squadrati e di grandi dimensioni, lasciano il posto negli anni ’30-’40 a radio dal design più moderno e leggero più idoneo all’utilizzo fuori casa. Diffusa sarà poi la moda di mascherare la radio dietro fattezze di valigette, macchine fotografiche, libri e altri oggetti di uso comune. Da quel momento in avanti gli italiani possono ascoltare musica a qualsiasi ora del giorno e in qualunque luogo. La rivoluzione è fatta. La radio da status simbol dei salotti bene dell’Italia del primo dopoguerra, diventa così compagna di tutti gli italiani. Scandisce i ritmi di vita sulle note di successi come ‘Parlami d’amore Mariù‘, brano scritto da Cesare Andrea Bixio ed Ennio Neri per la voce di Vittorio De Sica, che fa sognare le ragazzine che vagheggiano i primi amori. La radio diventa anche amica di viaggio degli italiani allietati dalle canzonette trasmesse mentre sono in auto verso i luoghi di villeggiatura.

 

 

di Letizia Cicchitto ed Emanuele Maffi

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