Parma omofoba? I Gruppi Lgbt: “No, città aperta e tollerante”

'PARMAèFRIENDLY' IL PROGETTO CHE FA DELLA 'NON DISCRIMINAZIONE' UN VANTAGGIO STRATEGICO

Che Parma fosse la città di Verdi, del prosciutto e delle biciclette era già noto, ma che fosse  anche la città dell’amore e della tolleranza è una piacevole scoperta. Già nel 2005 lo studio ‘L’Italia nell’era creativa’ metteva Parma al secondo posto tra le città italiane più  tolleranti verso la popolazione omosessuale e sembra che negli ultimi dieci anni la situazione sia ulteriormente migliorata grazie all’attività e alle collaborazioni di associazioni come Ottavo Colore, Agedo e Certi Diritti impegnate ad informare  e sensibilizzare la città sulle tematiche dell’omo affettività. “Parma  fa parte della rete Ready (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni), ha un registro delle unioni civili e in generale negli ultimi anni la situazione è migliorata molto.”

TUTTI I COLORI DELL’AMORE – “Parma è abbastanza neutra, a livello sociale non abbiamo mai avuto problemi” afferma Valeria Savazzi presidente di Ottavo Colore, associazione nata a Parma 0tto anni fa e punto di riferimento e di promozione sociale lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). “Sei i colori della bandiera dell’Arci gay, sette quelli della bandiera della pace e otto sarebbero stati i colori della nostra associazione che avrebbe avuto un valore aggiunto, un colore in più”. Numerose le attività e le iniziative proposte: dibattiti, conferenze, aperitivi, cineforum, visite nelle scuole, consulenze con psicologi e legali. “Anni fa – continua Valeria – non si parlava di queste tematiche, non c’era dialogo; quello dell’omosessualità era un tema ancora tabù all’interno delle scuole. Da otto anni a questa parte la situazione è migliorata grazie al rapporto più stretto con il Comune”.

11258617_10206355663760586_1862255550_nAnche Agedo, (Associazione di genitori parenti e amici di persone Lgbt), nata 22 anni fa e radicata su tutto il territorio nazionale, dà il suo contributo alla sensibilizzazione sulle tematiche dell’omo-affettività, in particolare sostenendo le famiglie che affrontano  la scoperta dell’omosessualità dei loro figli. “Si può amare i propri figli a prescindere dal loro orientamento sessuale, bisogna far capire ai genitori che non c’è nulla di sbagliato o di strano, la sessualità fa parte dell’identità di una persona e per questo va rispettata in ogni caso” afferma Elisabetta Ferrari, membro dell’associazione.
Si deve parlare di omofobia, specie nelle scuole, perché il problema riguarda tutta la società ”. Agedo, infatti, organizza corsi all’interno delle classi dove genitori di ragazzi omosessuali raccontano la loro esperienza. “Uno dei genitori più restii ad accettare l’omosessualità del figlio – racconta Elisabetta – oggi è uno dei volontari più motivati dell’associazione. Una ragazza, vista la chiusura della madre, si è rivolta ad Agedo che l’ha convinta a confrontarsi con gli altri genitori e a riconciliarsi con la figlia. E’ fondamentale che i genitori, per quanto sia complicato e doloroso, stiano dalla parte dei loro figli, li aiutino a superare il disagio. In fondo l’amore è comunque amore, a prescindere da stereotipi e discriminazioni che comunque esistono”.

UNA NAZIONE OMOFOBA? –  Stereotipi e discriminazioni che fanno scendere l’Italia al 34esimo posto nel Rapporto 2015 ‘ILGA Europe’ sull’inclusione sociale degli omosessuali.  “Viviamo  in un Paese dove la visione eterosessuale è quasi imposta; eppure l’omosessualità, come scientificamente riconosciuto, è un’altra sfaccettatura della sessualità e come tale deve essere considerata un valore aggiunto, non un motivo di discriminazione” continua la signora Ferrari.

Il governo centrale, intanto, resta fermo: basti pensare che in Italia ancora non esiste una legge contro l’omofobia, capace di incidere lì dove dovrebbe essere proprio lo Stato a garantire diritti uguali per tutti.

 11193321_470063863146383_3437358005807891813_nPARMAèFRIENDLY– In un Paese ancora profondamente omofobo, ci sono però delle eccezioni e Parma sembra essere un esempio di apertura. Ad aprile è stato presentato il progetto ‘ParmaèFriendly‘ che mira alla costituzione di un consorzio dove possano aderire enti pubblici, associazioni, commercianti e operatori turistici, per diffondere una cultura del rispetto, attestare competenza nell’accogliere il target di popolazione lgbt e limitare le discriminazioni di tipo sessuale. “Sicuramente il fatto che una città sia aperta e tollerante fa aumentare l’attrattività spiega Alessandro Bonardi di Certi Diritti ed ideatore del progetto, anche perché la maggior parte delle persone lgbt sono colte, viaggiano, visitano musei, vanno in vacanza. Se sono sicure di essere ben accolte, le persone vengono più volentieri e questo ha delle ricadute economiche positive sul turismo e sul commercio”.
Il coinvolgimento delle istituzioni è un aspetto importante del progetto e anche con l’Università si possono realizzare protocolli d’intesa e forme di collaborazione: “Noi auspichiamo che l’Università possa aderire a questa iniziativa e alle regole di buona accoglienza – continua Alessandro Bonardi Se nelle università ci fosse un servizio dedicato agli studenti omosessuali che male ci sarebbe? Magari questo potrebbe influenzare la scelta di un ragazzo che decide di studiare in un’università friendly perché si sentirebbe più tutelato e accolto”.

di Alessia Tavarone e Letizia Cicchitto

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