I ‘Travellers’ di Xerra: dodici valigie, un solo grande viaggio

AL WORKOUT PASUBIO TEMPORARY DAL 3 OTTOBRE AL 1 NOVEMBRE

Gionata XerraVi siete mai chiesti chi sia un viaggiatore? Un turista frettoloso che ammira la bellezza delle grandi città dall’obbiettivo della sua macchina fotografica? Oppure un migrante, che del viaggio fa un vero  percorso di vita?

L’architetto e fotografo Gionata Xerra, a Parma con la sua mostra intitolata Travellers dal 3 ottobre fino al 1 novembre al Workout Pasubio Temporary, ha scelto di intendere il viaggio come un’esperienza di abbandono, contraddizione con il mondo e sradicamento, ma anche come novità, rivincita e affermazione. È un tentativo di legare con un filo invisibile le esperienze dei protagonisti con quelle di tutti coloro che, dal passato al presente, hanno vissuto o ancora vivono il viaggio. Dodici fotografie da un lato e una fila di valigie dall’altro ci guidano alla scoperta di dodici storie, brevi ma intense, simbolo di un viaggio che divide, cambia, spacca. Ma non solo: nel percorso Xerra ci regala la possibilità di scavare più a fondo, fino alla parte più intima di una valigia che è allo stesso tempo la parte più intima di noi stessi.

Travellers-valigia 2L’artista piacentino inserisce i suoi scatti in box retro illuminati, che si snodano obliquamente al centro di un ampissimo spazio buio. Ritratti a metà busto, dimezzati dalle loro esperienze di vita, i protagonisti appaiono immortalati all’interno delle loro valigie, accomunati dalle lacrime che ricoprono il volto e da sguardi bassi e persi.
“Gli sguardi non sono mai rivolti all’osservatore – racconta Xerra– perché la mia volontà durante le riprese fotografiche era quella di diventare invisibile, volevo lasciare i miei witness (testimoni, ndr) soli con i loro ricordi, con le loro proiezioni e con il loro immaginario. Trovare la giusta empatia senza l’utilizzo troppo facile dello sguardo diretto.”
Girando l’angolo di questo lungo pannello ci si trova davanti a una fila quasi infinita di valigie, grandi, piccole, in cuoio, in stoffa, alcune dismesse e altre più nuove, che si aprono su storie di sofferenza e che metaforicamente esprimono il legame tra la vita esterna e quella domestica dell’uomo: “Le valigie portano oggetti, i quali a loro volta portano una parte di noi – aggiunge l’artista – sono cose che ci mettiamo addosso sulla pelle, oppure nel caso di un viaggio di trasferimento, possono essere oggetti legati a ricordi affettivi che abbiamo la necessità di portarci appreso”.

Travellers-ValigiaValigie da cui sbirciare spaccati di vita: le installazioni, infatti, hanno uno spioncino numerato tipico delle porte d’ingresso di molte case. Scostandolo e avvicinando l’occhio, è possibile proiettarsi in prima persona in un viaggio introspettivo individuale. Alcuni dei filmati “rappresentano la terra, le nostre radici, la madre terra – sottolinea l’artista -. L’orizzonte luminoso che è la speranza di trovare una nuova terra generatrice di nuove vite.”
Altri filmati, invece, farro riferimento ad avvenimenti più precisi: “ La rottura degli occhiali – continua il fotografo in riferimento allo spioncino numero 7 – è un gesto carico di violenza. Gli occhiali sono sempre stati associati alla lettura e alla cultura. In tutte le dittature la rottura degli occhiali era la netta dichiarazione di guerra alla cultura. In particolare gli Khmer Rossi di Pol Pot usavano rompere, calpestandoli, tutti gli occhiali dei civili che deportavano dalla città ai campi di lavoro. Mio figlio Amnath è di origine Cambogiana e in questo video c’è la storia del suo popolo quindi un po’ anche la sua”.
L’autore rappresenta così l’universalità di una problematica complessa come le migrazioni, cercando di mostrare e dimostrare come essa non sia soltanto appartenente a una storia passata o alla storia di qualcuno, ma ad ognuno di noi. “Con intelligenza e forza espressiva, Xerra sembra parlare di altri – scrive Remo Bodei, filosofo – ma in realtà parla di noi, di come avremmo potuto essere e, più in generale, della nostra comune umanità. Del resto, anche se non nello spazio geografico, tutti noi siamo emigranti nel tempo.”

La maggior parte di coloro che visiteranno la mostra magari sarà del tutto estranea al viaggio inteso come esperienza personale di migrazione, ma qualsiasi visitatore potrà cercare di viaggiare all’interno di sé, in particolare grazie all’ultima installazione che costringe a guardarsi in modo diverso e a essere viaggiatori anche solo per un istante.

di Mariana Guazzi e Alessandra Cucchi

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