Come Dio comanda? L’omosessualità divide i sacerdoti di Parma

ATTIVO ANCHE UN GRUPPO DI CATTOLICI OMOSESSUALI IN CITTA', MA LE POSIZIONI SONO DIVERSE

Omosessualità“Se io fossi omosessuale lei mi cresimerebbe?”  Dopo un momento di riflessione la risposta di don Mauro non tarda ad arrivare. “Per me sei ugualmente figlio di Dio”. 

Don Mauro Pongolini, sacerdote della parrocchia di San Leonardo, in via Venezia, è uno dei 4 preti della città, su 12 interpellati, che parla volentieri della questione dell’omosessualità nel credo cristiano. Una questione oggi particolarmente dibattuta all’interno della Chiesa cattolica, ma che comunque trova degli spazi nei quali confrontarsi apertamente. A Parma, infatti, come in tante altre città italiane, esiste un ‘gruppo’ di omosessuali cattolici che cercano di conciliare esperienza di fede e orientamento sessuale. 

COSA FARE PER ESSERE FELICI? – Il gruppo nato nel 2004 vuole essere, come lo definisce Claudio, uno dei promotori, “una libera associazione con vita autonoma”. Il 22 ottobre ripartono gli incontri mensili che vedono i partecipanti, ai quali è garantita assoluta riservatezza, leggere un brano del Vangelo, commentarlo e poi concludere con una preghiera comune. “E’ qualcosa di unico in Italia -continua Claudio- perché gli incontri sono aperti ad una diversità di vedute che è difficile trovare. Qui si avvicinano persone con punti di vista differenti”. Si tratta davvero di ‘un’esperienza di vita’, con un forte legame con la Diocesi, in quanto agli appuntamenti si uniscono da tempo le sorelle missionarie saveriane e don James Schianchi, teologo moralista. “Di fronte a Dio la responsabilità è Parmapersonale e non dipende dall’appartenenza a una determinata categoria sociale” afferma proprio don James. Si delinea così la possibilità di una Chiesa in grado di accogliere senza discriminare, sebbene gruppi di credenti gay siano presenti in tutta Italia da vari decenni, ma con una forte ostilità nei confronti della Chiesa cattolica e del suo magistero. “Noi abbiamo un approccio differente -continua Claudio-, prendiamo atto che ci sono persone omosessuali che si sentono appartenenti alla fede cattolica e ci poniamo una domanda: cosa possiamo fare adesso per queste persone?” Gli incontri sono dunque un’occasione di confronto e di condivisione, una via nuova per cercare la propria felicità. Oltre a questo servizio,sono a disposizione un numero di telefono e una mail e tra breve anche un sito web. Ad ogni modo, all’interno della Chiesa cattolica il tema resta molto dibattuto. “Ci sono differenze di opinioni ma non la vedo come una difficoltà. La discussione pubblica di punti vista differenti potrebbe favorire una nuova forma di incontro” conclude il promotore del gruppo.

UNA LIEVE APERTURA PER COMPRENDERE I PROBLEMI  – “Bisogna affrontare il tema con delicatezza, senza pregiudizi, con attenzione, accoglienza e rispetto“. Questa è la posizione di don Giuseppe Mattioli, parroco della comunità dello Spirito Santo del quartiere Montebello. Una visione più aperta, seppure con le dovute precisazioni, che vede la possibilità di comprendere più a fondo il fenomeno e le conseguenze ad esso inerenti. Fondamentale per il prete è comprendere in che cosa la persona può essere e si sente parte di una comunità. A tal proposito, la contrapposizione tra l’essere cattolico ed omosessuale ha come esito l’esclusione dalla partecipazione della vita parrocchiale. Tuttavia, “se uno vuole vivere in modo rispettoso, con la possibilità di dialogo, di una collaborazione nel rispetto delle persone, perché negarglielo?” si domanda ancora il sacerdote, che per questo motivo suggerisce “un percorso da fare nel rispetto delle persone che vivono questa situazione. L’importante è che si comportino all’interno di una società secondo il bisogno di attenzione necessario della persona”.don-Umberto-Cocconi

Di simile avviso è anche don Umberto Cocconi, cappellano dell’Università di Parma, il quale sottolinea il rispetto per le persone che vivono questa situazione. “Se due persone si vogliono bene, perché non essere contento? Penso che l’uomo è chiamato ad amare e se è capace di amare non solo se stesso, ma anche un’altra persona, penso che sia una benedizione” continua il prelato, chiarendo: “Io sono per la bellezza di un amore nella diversità. Amare qualcuno che è diverso da te credo che sia una relazione anche più ricca, più avventurosa perché altrimenti ami qualcuno che è uguale a te”. Sulla complicazione della coesistenza di fede religiosa e omosessualità degli individui, don Umberto poi spiega come nella comunità vi siano delle sovrastrutture mentali che ostacolano la comprensione della loro situazione.  Nonostante questo, “in loro c’è la voglia di non sentirsi giudicati e di sentirsi chiesa. Mi sembra una cosa molto bella ed importante”, dice ancora don Cocconi, invitando quindi a “soffermarci di più a ragionare, a comprendere maggiormente il fenomeno e a saperlo riconoscere, capirlo ed avere una mente aperta su quello che può succedere”.

MA C’E’ CHI DICE NO – Per me esiste solo una categoria: l’uomo deve unirsi con la donna e la donna deve unirsi con l’uomo così come risulta dalla Bibbia e dal Vangelo. Non discrimino ma sono l’uomo e la donna che creano la famiglia“. Questo, infine, il punto di vista di don Andrea Avanzini, priore di Bannone e 20151014_113735collaboratore nella chiesa Santa Lucia. Disposto a dare i santi sacramenti alle persone omosessuali, don Andrea però non pensa sia giusto benedire le coppie omosessuali, così come le coppie di fatto, per una questione di coerenza con la dottrina cattolica. Di parere diverso è don Mauro Pongolini: “Se una coppia omosessuale venisse da me per chiedermi una benedizione che non sia il matrimonio, io gliela concederei senza riserva. Perché non dovrei? La questione sbagliata è il cercare di voler essere una cosa che oggettivamente non si può essere: una famiglia, in termini cattolici“. Tuttavia il problema ravvisato da entrambi i preti non è legato esclusivamente ai legami omosessuali, ma è l’eccessiva libertà sessuale del mondo contemporaneo, alla quale si aggiunge la fragilità delle coppie eterosessuali sposate in Chiesa. Aderente al magistero della Chiesa cattolica, in particolare, don Andrea afferma che “quello dell’amore tra gli omosessuali non è il problema generale: le coppie gay hanno la libertà di fare quello che vogliono. E penso che il problema degli omosessuali non sia quello di sposarsi in chiesa ma è di stare con i loro fidanzati”. La coerenza con le Sacre Scritture è il punto centrale del punto di vista del parroco il quale ci tiene a ribadire che “l’esercizio della sessualità deve essere nel contesto dell’amore e della famiglia, tra un maschio e una femmina”. 

di Jacopo Orlo, Stefano Frungillo e Marta Costantini

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