Alessio Bettoni: rap e/è vita di un nuovo talento

DA KAOS ONE A VERDI: IL 27ENNE CHE HA STUPITO IL TEATRO REGIO

12108711_1471656626476009_7645002004861464317_n (3)Cover di vecchie glorie del rock, remix di motivetti dance ormai dimenticati, fino ad arrivare all’utilizzo della musica classica: il ritorno al passato è sempre più in voga e anche il rap non ne è rimasto all’oscuro con il suo continuo ‘flow’, un flusso direttamente collegato alla coscienza e alle esperienze di vita di chi lo propone.

Alessio Bettoni, classe 1988, con l’aiuto di Matteo Siverio alla chitarra e Catia Di Bernardo ai cori, ha esordito su RadioRevolution durante il programma QuiParmAteneo, con un ‘Va, pensiero’ verdiano dal ritmo molto particolare (ascolta).Un rap/pop che ha catturato l’attenzione della casa del Maestro, il Teatro Regio, ed è ora trasmesso in filodiffusione sotto i suoi portici, ascoltato da chiunque passa davanti la facciata ottocentesca del Teatro. “Sono versi splendidi, in qualche modo andavano ripresi”, commenta entusiasta di questa prima esperienza in radio.

La sua passione per questo genere musicale inizia intorno ai 14 anni, con l’ascolto di pezzi per lo più americani, per poi svilupparsi di pari passo con la crescita del genere nel panorama italiano. “Uno dei migliori in Italia che sicuramente mi ha dato una notevole ispirazione è Marco Fiorito, aka Kaos One, tra i precursori dell’hip hop nel nostro Paese. Poche parole, buoni concetti, che riportano a situazioni comuni in cui l’ascoltatore si può immedesimare: questo è il vero rap”, dice Alessio. Spunta poi il nome di un altro, più o meno conosciuto sulla scena italiana: Mezzosangue, “l’artista vero perchè  si presenta mascherato quindi il suo flow, i suoi pensieri, non sono scritti per vendere. Molti a mio parere ultimamente puntano al rap solo per farsi vedere, descrivendo concetti banali, troppo commerciali.” Il richiamo ad artisti mainstream in questo caso è d’obbligo: da J-Ax, “intoccabile”, secondo Alessio, “per il suo egregio lavoro con gli Articolo 31 negli scorsi anni”, a Moreno, poco apprezzato dal parmigiano, di nascita bergamasco: “Apprezzo molto i giovani, come Ghèmon, anche se sfocia ormai nel commerciale o Rocco Hunt che, al di là della canzone di Sanremo, si presenta con un flusso molto orecchiabile. Le vere nuove leve sono però i napoletani, con buone voci ed un flow elevato.”

Aveva qualcosa da dire, Alessio, che su un foglio ha iniziato a scrivere12167621_10206477968622478_1971663715_n (1) qualche anno fa tutto ciò che gli passava per la testa, per tradurlo in musica. “Il rap è il modo giusto per farlo. Un buon ritmo, orecchiabile e buone parole, significative, utilizzate strategicamente sono caratteristiche basilari per il rap. Poi quando senti la chiusura della battuta, stai bene“.  Alessio racconta di aver provato a partecipare ad una competizione di freestyle, una sorta di “improvvisazione” per il genere, a Colorno, lo scorso febbraio, organizzata da Dhap e Dank, sulla scena hip hop di Parma da diversi anni e considerati come i migliori nella zona: “Mi sono trovato impreparato sul palco davanti al finalista dello scorso anno – afferma – ma i ragazzi mi hanno aiutato: il clima era parecchio festoso. Il rap è anche questo, non solo problemi che emergono dalle canzoni ma unire i pensieri e descrivere la vita.” Una vita che ora Alessio dedica principalmente allo studio. Iscritto al quinto anno di architettura, spera in una laurea vicina, distante solo qualche esame. I libri però non gli impediscono l’ascolto e la scrittura di questo genere musicale, tanto difficile, ma tanto potente. “Stiamo già lavorando sul ‘Libiamo’ di Verdi, credo verrà un buon lavoro: c’ho preso gusto a rappare sui classici e a collaborare coi ragazzi di Qui ParmAteneo”.

 

di Vittorio Signifredi

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