Mondadori-Rizzoli: i libri pesano più di quanto valgono

UNA FUSIONE CHE CONTINUA A FAR DISCUTERE

Fusione Rizzoli-Mondadoridi Alberto Conforti, docente di Storia della stampa e dell’editoria |

La notizia dell’acquisizione della divisione libri della Rizzoli da parte del gruppo Mondadori ha suscitato, come prevedibile, un’eco rilevante sui mezzi d’informazione e nel dibattito culturale del nostro Paese. Nulla di strano in questa reazione: che l’editoria sia un settore produttivo con caratteristiche del tutto particolari è risaputo e comprovato dalle polemiche che, sempre, si accendono quando si è in presenza di operazioni di acquisizione, di fusione, di cessione.

L’editoria, in particolare quella libraria, è un’industria sui generis, inevitabilmente connessa all’idea stessa di libertà d’espressione, valore sensibile e storicamente importante nelle società occidentali: ogni operazione economica intorno ad essa genera quindi un’attenzione immediata, a volte sproporzionata ai reali rischi.

Questa ipersensibilità intorno alle vicende proprietarie nel mondo dei libri spiega perché intorno al gruppo che si costituirebbe dalla fusione Mondadori-Rizzoli (subito ribattezzato, con orrendo neologismo, “Mondazzoli”), si siano levate fin dall’annuncio dell’offerta di acquisto, avvenuta in primavera, numerosi commenti, analisi e opinioni perlopiù critiche. Si teme che il nascente gruppo assesti un colpo mortale alla multiformità delle voci espresse dall’editoria libraria in Italia. Sulla vicenda hanno preso posizione molti autori, criticando l’acquisizione mondadoriana senza riserve; si sono espressi giornalisti di settore, paventando i rischi monopolistici che l’operazione determinerebbe; critiche più o meno dirette sono giunte infine dagli editori concorrenti del nascente colosso, che temono l’emarginazione anche e soprattutto commerciale (entrambi i gruppi coinvolti nell’operazione esercitano anche i mestieri di distributori e librai). Sono intervenuti infine anche il ministro della Cultura Franceschini (molto critico) e il presidente del Consiglio Renzi (assai meno critico del suo Ministro).

Certo, i numeri del conglomerato che risulterà dalla fusione tra la divisione libri di Mondadori e quella di Rizzoli sono piuttosto impressionanti, sia pur riferiti a un mercato tutto sommato piccolo quale è quello italiano. Il nuovo gruppo librario occuperebbe una posizione di assoluto dominio: quasi il 40% di quota di mercato totale, oltre il 50% del segmento della narrativa, il 70% (!) del paperback, ovvero il tascabile, settore nel quale si realizzano grandi volumi di fatturato e si “monetizza” il patrimonio dei cataloghi (Mondadori possiede gli Oscar, quasi una divisione a sé all’interno del comparto libri, mentre Rizzoli ha in pancia l’equivalente Bur). Percentuali, queste della produzione “trade”, di fronte alle quali il pur rilevante 25% di quota determinato dalla fusione dei due settori di editoria scolastica, pare modesto.

La fusione Mondadori-Rizzoli piace agli analisti finanziari (all’annuncio la Borsa ha premiato entrambi i titoli), e non sembra preoccupare troppo neppure l’antitrust, che nelle prossime settimane dovrà esprimersi sulla correttezza dell’operazione. Si ritiene, infatti, che il provvedimento più punitivo che l’ente di controllo potrebbe disporre sarà di costringere Mondadori a cedere uno o due dei marchi editoriali tra i numerosi che costituiranno il grande gruppo. Nulla di drammatico, dunque, e la stessa Mondadori ha chiesto al proposito una salvaguardia alla Rizzoli, ottenenendo uno “sconto” sulla transazione non particolarmente rilevante: 127,5 milioni di euro contro i 135 su cui si trattava in primavera.

Bisogna essere preoccupati per gli effetti di questa acquisizione?

E’ difficile assumere una posizione univoca e priva di dubbi su una vicenda di questa rilevanza e complessità. Come ogni concentrazione monopolistica, in qualunque settore avvenga, i rischi di condizionamenti su produzione e mercato sono evidenti. D’altra parte occorre non dimenticare la ragione di questa operazione: i debiti di Rizzoli. Debiti che ammontavano a cifre tali costringere il gruppo Rcs a cedere una parte importante dei propri asset per dare una risposta concreta ai creditori, le banche in primo luogo, che iniziavano a premere per il rientro dei prestiti. A quel punto a rischio era dunque la sopravvivenza stessa dell’attività libraria del gruppo proprietario del Corriere della Sera.

Detto in altri termini: meglio l’acquisizione di Mondadori, con i rischi della concentrazione, o la permanenza dei libri Rizzoli in Rcs, in nome della pluralità, ma con il rischio di chiusura?

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