PsicoParma, una città in ‘analisi’: cause e disturbi psicologici dei parmigiani

ANSIA, ISOLAMENTO DA SOCIAL NETWORK E DISTURBI ALIMENTARI COLPA DI "UNA CITTA' CHIUSA"

psicologia-295x200“Persino le mie ansie hanno l’ansia” sentenziava Charlie Brown in uno dei suoi aforismi più celebri. Cinico e profetico allo stesso tempo, il personaggio nato dalla matita di Schulz centrava quello che sembra essere il problema che oggi più di tutti affligge la gente, anche e soprattutto qui a Parma. Stiamo parlando dei disturbi d’ansia che, come spiega la psicoterapeuta Marcella Bassan, sono la causa scatenante di molti altri problemi, per esempio la difficoltà a relazionarsi con altre persone o i problemi di coppia. È vero, ne soffrono persone di tutte le età, ma quello che emerge dalle parole degli psicologi intervistati mostra come siano soprattutto i giovani a risentirne: “Tra i giovani c’è una sottostima, una sbagliata percezione del proprio corpo: questo crea una difficoltà ad entrare in relazione con gli altri, a comunicare” spiega la dottoressa Silvia Abbati. Insomma, i problemi partono proprio in un età post-adolescenziale e possono protrarsi anche per molto tempo. Ma esiste un legame tra la città ed alcune tipologie di disturbi particolari?

COLPA DI PARMA? NI – In realtà questo è un interrogativo che non trova una risposta univoca, tuttavia qualcosa di interessante emerge dalle affermazioni degli specialisti: “Parma – continua la psicologa Bassan – è una città molto chiusa. Ho molti pazienti che non sono originari di qui, soprattutto gente del sud, persone che qui trovano problemi di accettazione e si richiudono in se stesse per la vergogna. Sicuramente questo è uno dei problemi più ricorrenti”. Ci sarebbe quindi una diversità di approccio tra i pazienti parmigiani e quelli provenienti dal sud Italia, questi ultimi “si mettono più in gioco”, racconta.
Di diverso avviso il dottor Gabriele Calderone che, seppur ritenga Parma una città non particolarmente aperta, racconta di alcune esperienze di pazienti stranieri che non hanno avuto nessuna difficoltà di integrazione: “Nel mio studio non vengono persone per questo tipo di problema”, afferma. E continua: “Lavoro anche a Reggio Emilia e non noto differenze nette tra le due città per quanto riguarda le problematiche  dei pazienti, credo anzi che rispetto ad altre realtà Parma sia messa bene, per esempio dal punto di vista lavorativo”.

UNA CITTA’ ‘TRISTE’? – Nel 2014 Parma ha sfiorato di poco il podio delle città più felici d’Italia, piazzandosi al quarto posto con il 65,9% sulla base di un indice (iHappy) che raccoglievacome-superare-un-trauma-psicologico_62a982b471f6f47ac0e2cbbe0746b85c tutti i tweet riferiti al capoluogo Emiliano. In realtà gli esperti la pensano un po’ diversamente riguardo questo argomento: “Sicuramente c’è un malessere diffuso, e ne arriva in studio solo una minima parte”, questa l’opinione della dottoressa Eliana Lorenzo che pensa a questi disagi come un qualcosa che colpisce tutte le fasce d’eta, esteso a tutta la popolazione. Le fa eco anche la dottoressa Abbati: “Vedo una città molto triste e forse ci potrebbe essere una correlazione tra alcune dinamiche che influiscono sull’autostima delle persone e la monotonia di Parma”.
Una recente ricerca sulla convivenza civica nei quartieri di Parma e provincia, promossa dall’Università degli Studi di Parma si colloca in questa direzione: “Non emerge – spiega la professoressa Tiziana Mancini, docente del Corso di Laurea di Psicologia dell’intervento clinico e sociale – un quadro di grande felicità dei cittadini parmigiani e parmensi, piuttosto si nota un diffuso senso di apatia e mancanza di interesse per le relazioni sociali, soprattutto per quelle che coinvolgono gli stranieri presenti sul territorio”. La gente si è intristita e depressa in questi ultimi anni: “Soprattutto dopo il crollo dell’ultima giunta comunale, a causa dei diversi problemi finanziari di cui ha risentito la città”, sono le parole della dottoressa Antonietta Albano, che prosegue: “Questa condizione ha minato profondamente le certezze dei cittadini rendendoli insicuri anche perché economicamente meno stabili”.

REALI PROBLEMI VIRTUALI – Intervistando gli esperti, emergono anche diversi problemi dall’ansia e che colpiscono soprattutto le nuove generazioni, situazioni che derivano da una visione ‘deviata’ della realtà: “Molti giovani  – precisa la psicologa Bassan – chiedono aiuto per una questione di finzione. Mi spiego: ci sono dei problemi di facciata minori e una sofferenza nascosta, difficile da vedere ad occhio nudo”. Una teoria avvalorata dalla dottoressa Abbati secondo la quale l’universo dei social network e di internet ha creato un senso di straniamento nei ragazzi: “Mentre tra gli adulti valori come la famiglia ed il lavoro continuano ad essere molto importanti, i giovani tendono a relazionarsi tra pari. Il problema è che queste relazioni sono distorte dal mondo virtuale in cui essi sono costantemente immersi”. Tutto questo innesca una reazione a catena che porta a disturbi anche gravi come le crisi d’identità o addirittura il ritiro sociale.

Un altro argomento molto sentito e per il quale la gente è spinta a chiedere aiuto ad un professionista è quello dei disturbi alimentari, problema che emerge per una questione culturale, come spiega il dottor Calderone: “Ho molti pazienti che vengono per disturbi legati all’alimentazione. Questi casi sono sempre presenti proprio per il fatto che nella nostra società vi è una contraddizione di fondo tra l’ideale di bellezza (legato alla magrezza) e l’aumento della disponibilità economica delle persone.”

perche-la-consulenza-psicologica-gratuita-non-e-utile-allutente-e-nemmeno-allo-psicologoCOMUNQUE DALLO PSICOLOGO  – Oggi sono circa 117.000 gli psicologi operanti nel territorio italiano, una media di uno ogni 512 persone. Nel 1998, anno di fondazione degli Ordini degli Psicologi, si contavano appena 27.000 iscritti; se il trend formativo delle facoltà di Psicologia sarà questo, nel 2016, ci saranno oltre 50000 laureati di cui quasi la metà si indirizzerà verso la psicoterapia. Ma c’è veramente ancora tutto questo bisogno di loro nel nostro Paese? Anche in un periodo di crisi economica? Pure in questo caso le risposte non vanno nella stessa direzione: il dottor Diego Giusti, ad esempio, sostiene che “anche in una situazione di difficoltà economica le persone continuano a venire”. “Anche se magari aumenta il bisogno di accorciare i tempi della terapia” aggiunge la dottoressa Lorenzo. Tuttavia gli psicologi concordano unanimi sul fatto che non c’è stata una differenza sostanziale da prima a dopo la crisi. Per una volta quindi non possiamo dare ragione a Woody Allen quando afferma che “la psicanalisi è un mito tenuto vivo dall’industria dei divani“.

 di Chiara Corradi, Filippo De Fabrizio, Rocco Lapenta

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