Prendi Verdi, trattalo ‘jazz’: il Requiem around Requiem di Falzone

DA GRANDE TROMBETTISTA IN ORCHESTRA A COMPOSITORE INTERNAZIONALE: "PER ME LA VITTORIA STA NELL'AVVICINARE L' ASCOLTATORE A UN GENERE LONTANO"

Giovanni FalzoneMusicista versatile, compositore dalla ricca vena creativa, artista poliedrico, Giovanni Falzone è da considerare oggi uno dei maggiori compositori prolifici della scena musicale jazz italiana e europea. Il suo percorso artistico inizia all’età di 17 anni alla scuola di banda di Aragona per poi proseguire approfondendo lo studio della tromba al Conservatorio V. Bellini di Palermo. Mosso da una nuova passione, si trasferisce a Milano dove, come studente del Conservatorio Giuseppe Verdi, approfondisce e apprende le sonorità di un genere a lui prima sconosciuto: il jazz.

IL JAZZ VERDIANO– “La musica spesso è organizzata a compartimenti stagni e proprio partendo da questa considerazione – spiega Falzone – ho deciso di fondare un’orchestra che potesse unire generi musicali diversi.” Musica rock, classica-contemporanea, lirica e jazz in un unico arrangiamento: potrebbe sembrare impossibile ma non per il musicista palermitano che in omaggio a Verdi, ha composto il suo Requiem Around Requiem, al Teatro Regio mercoledì 28 Ottobre: “Verdi è un musicista che mi ha accompagnato sin dall’inizio della mia carriera. È uno dei primi compositori che ho studiato – continua il trombettista – e come me ha mosso i suoi primi passi nella banda. Musicista sanguigno, viscerale, mette in risalto oltre all’aspetto intellettuale del far musica anche quello emotivo, ed è proprio questo che voglio far trapelare dai miei pezzi”. Partendo dalla ripresa di alcune sezioni del ‘Requiem aeternam’, ‘Dies irae’, ‘Tuba mirum’ e ‘Sanctus’, Falzone stravolge la tanto amata opera verdiana. “Adoro il Requiem, ma questa non è l’unica motivazione che mi ha spinto a scegliere questo brano, c’è una bizzarra concomitanza. La prima esecuzione di questo componimento avvenne in occasione del primo anniversario della morte di Manzoni, il 22 maggio 1874, esattamente cent’anni prima della mia nascita”.

DALLA MUSICA CLASSICA AL JAZZ – “Ho iniziato a sentire che il mio suono stava crescendo, maturando e così ho deciso di abbandonare l’orchestra e la musica classica portando con me però tutto il patrimonio che mi aveva lasciato in quei dieci anni”. Una decisione certamente non facile quella di Giovanni Falzone, all’epoca prima tromba dell’Orchestra Sinfonica di Milano. “Stavo iniziando a intraprendere un percorso più personale –Giovanni Falzone2 racconta – così quando ho iniziato a non identificarmi più come un tempo in una composizione orchestrale ho deciso di abbandonare”. Mai un rimpianto o un ripensamento, ma solo la voglia di sperimentare e dare voce alla sua creatività unendo sonorità di epoche diverse utilizzando come unico catalizzatore il jazz.
E così, partendo dalla sua grande passione per la musica afroamericana per eccellenza, l’artista palermitano cerca di avvicinare il pubblico a delle sonorità poco conosciute: “L’obiettivo di riprodurre ‘musica datata’ arrangiata grazie a stili musicali più recenti è quello di sensibilizzare il pubblico, stimolandolo a risalire alla fonte del brano originale.” Poco importa se a essere raggiunto maggiormente da sonorità jazz è il pubblico classico o viceversa: “Per me la vittoria sta nell’avvicinare l’ascoltatore a un genere a lui lontano”. A parere del musicista, se fino a qualche anno fa la musica poteva benissimo parlare da sé, oggi non sarebbe più così a causa di un processo di impoverimento culturale. “Durante i miei concerti mi piace relazionarmi con il pubblico, spiegando i pezzi che sto suonando. Cerco di ’guidare’ chi mi segue a fare un passo avanti rispetto al semplice ascoltatore; sono una persona a cui piace condividere, soprattutto il lavoro che c’è dietro a un progetto. La musica è cultura e come tale ha un lato formativo e didattico.”
Alla base dei suoi lavori, come di Requeim Around Requiem, oltre alla creatività ci sono anche ore e ore di composizione: “E’ arrivata spontaneamente nella mia vita. Quando studiavo al conservatorio, mi ero iscritto a composizione e iniziai a cogliere i primi rudimenti di qualcosa che sentivo già mi apparteneva. Durante il mio periodo da orchestrale ho preso l’abitudine di rielaborare le partiture dei brani sui quali stavamo lavorando. Lo scrivere musica è diventato un elemento sempre più importante nella mia vita e partire da questo momento non mi sono più sentito solo un trombettista ma un musicista che usava la tromba per esprimersi. Per anni è stato come se avessi tenuto un ‘diario’ musicale”.

L’EUROPA COME PUNTO DI RIFERIMENTOGermania, Danimarca, Svizzera, Olanda, Scandinavia, Norvegia, Francia accompagnato dalla sua tromba dalla quale non si separa ormai da anni, Falzone ha trasmesso la sua musica quasi per l’intero continente. “Sono anni che suono all’estero –Giovanni Falzone 3 racconta – il Paese in cui ho suonato maggiormente è la Francia”. Diviso di continuo tra la sua tanto amata Italia e il resto dell’Europa, il jazzista palermitano ha però avuto anche l’occasione di notare qualche triste verità: “I Paesi nord europei sono organizzati meglio di noi – ammette amaramente – la musica e le arti sono considerate come un vero e proprio patrimonio della società in Italia invece risulta sempre molto difficile organizzare un concerto.” Se all’estero a organizzare eventi artistici sono proprio le istituzioni interessante, in Italia per sua esperienza personale non sarebbe così: “Chi si prende la responsabilità di organizzare un evento musicale lo fa per pura passione, investendo moltissime energie senza guadagnarci molto”. A risentirne, però, il pubblico: “Lo spettatore estero è sicuramente più preparato, è più abituato a un’educazione musicale: i genitori portano i figli ai concerti e loro, a loro volta, porteranno i loro; i programmi sono sempre molto interessanti, a grandi artisti si affiancano musicisti popolari, emergenti e sperimentali con l’intento di richiamare a sé un pubblico vario. In Italia abbiamo la tendenza a non rischiare molto e questo si riflette sul pubblico, non vedo mai bambini ai concerti e questa è una cosa bruttissima”. Nonostante le cupe previsioni di un’ipotetica Italia “senza pubblico” Falzone non si arrende: “Per me la musica è condivisione, una volta composta e pubblicata è di tutti e di tutti coloro che decido di farla propria”.

 

di Alessandra Cucchi

 

 

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