Paolo Schianchi: puro talento a 49 corde e ideatore di ‘Octopus’

UNA CHITARRA E TANTA VOGLIA DI SPERIMENTARE: QUANDO LA PASSIONE ARRIVA A "SPREMERE" LA MUSICA

imagesX9N1OA9S Sacrificio, studio (tanto), inventiva, coraggio e una buona dose di sano opportunismo sono la cifra di qualsiasi talento. Poi, quando si tratta di imbracciare uno strumento musicale per dispiegare la propria poetica senza la paura di scadere nel trito rito della comunicazione social polare, allora bisogna dare fondo alle personali risorse umane senza paura di sperimentare, provare, riprovare, ricercare. Anche se nasci nella provincia.
C’è qualche possibilità di farcela? Nulla può di fronte alla feroce determinazione di un bambino che dal grembo materno è stato educato all’arte sublime per eccellenza (diceva Hofmann): la musica, perché ha per oggetto l’infinito. E così capita che un bimbo cresciuto a pane, Verdi ed Elvis, a quattro anni cominci a chiedere insistentemente un violino. Complici due genitori che, primi talent scout, lo assecondano. Nasce così il talento virtuoso di Paolo Schianchi, dalla provincia parmigiana fino agli Stati Uniti, con una voglia incredibile di “sapere la musica”, di conoscerla senza mai improvvisarsi, di suonarla attraverso uno degli strumenti più popolari: la chitarra.

paolo schianchi 2LA FORMAZIONE – Ma partiamo dall’inizio. In principio c’erano le lezioni di violino, il solfeggio e la musica classica. Il topos della famiglia è la sede dove si ricevono i primi e più importanti stimoli cognitivi. Non è necessario nascere figli d’arte, è necessario piuttosto saper discernere le inclinazioni dell’individuo e assecondarle. Il resto viene da sé. I primi stimoli nascono proprio da lì: la chitarrina giocattolo regalo della nonna, un cd di Paul McCartney che gira per casa e poi i Dire Straits, i Led Zeppelin e i Pink Floyd. “Tutte cose che io assolutamente non conoscevo perché fino al quel momento avevo sempre ascoltato musica classica”, precisa Paolo. Succede quasi automaticamente che la tua prima chitarra diventi strumento di emulazione dei grandi (in questi caso Jimmy Page, Mark Knopfler e compagnia cantanti). Ormai è chiaro: Paolo da grande sarà un chitarrista. Inizia così la parte più importante della sua formazione che passa attraverso i primi studi di chitarra classica, l’ascolto e la passione per il grande repertorio del genere e, progredendo, per le scuole più importanti che il sistema didattico musicale italiano offre per un chitarrista. Poi ci sono i diversi insegnati privati. “Ho avuto effettivamente un discreto numero di insegnanti. Diciamo che uno solo si potrebbe definire mio insegnante a pieno titolo perché per sette anni mi ha dato lezioni di chitarra classica. Sto parlando di Matteo Mela un chitarrista classico che da un punto di vista formativo è la persona che mi ha insegnato di più”. La cifra della formazione di Paolo Schianchi è, al di là di tutto, una forte curiosità per tutto ciò che è nuovo, un’irrefrenabile voglia di esplorare mondi inauditi, di sperimentare soluzioni, di sfondare i muri del possibile fino alla creazione di nuovi strumenti musicali e modi di suonarli non convenzionali. “Fin da bambino sono sempre stato molto curioso racconta Paolo -. Senza nemmeno saperlo suonare, mi comprai un dobro (caratteristica chitarra con corpo in metallo, ndr). Non conoscevo proprio nulla di questa chitarra ma ero affascinato dall’estetica dello strumento”. Tutto il resto è puro talento, sperimentazione, laboratorio, creatività, coraggio e una buona dose di spregiudicatezza. “Gran parte di quello che ho imparato e che oggi faccio e che mi ha portato ad avere le più belle soddisfazioni professionali, è farina del mio sacco, frutto di una ricerca che è durata anni. Sono cose che non mi  ha insegnato nessuno anche perché nessuno te le può insegnare. L’idea di fare queste cose nasce mettendo insieme saperi che trovi per strada e da un feroce sentimento di curiosità”.
Sfondare i limiti dell’autoreferenzialità paga, appunto, il merito di poter elidere i limiti del misoneismo e arrivare a toccare risultati inediti e inauditi (in questo caso). “Spesso disprezziamo quello che non conosciamo. Proprio nel mondo della musica classica – commenta Paolo – questo sentimento è molto diffuso: molti sono convinti in maniera del tutto autoreferenziale che quello che loro fanno sia il top e che tutto ciò che è oltre, in termini di genere, di tecnica, di esecuzione, di tipo di strumento, sia da scartare a priori. In realtà non è per niente così”. La permeabilità è dunque la chiave essenziale di apertura ma si tratta di un tipo di apertura mentale che permette il fertile meticciato esperienziale tipico dei grandi musicisti di sempre. “Faccio l’esempio di uno dei migliori liutisti che abbiamo in Italia, Massimo Lonardi. Sembra strano, ma viene dal mondo della chitarra rock. E’ una questione di onestà mentale: non dovremmo giudicare a priori una cosa negativamente solo perché non la so fare. Credo che si dovrebbe prima provare e poi giudicare”.

octopus-slider200LA TRADIZIONE – Siamo nani sulle spalle di giganti. Chi sono i riferimenti musicali di Paolo Schianchi? “Sono cresciuto consumando non tante cose … poche, ma che mi hanno accompagnato per lungo tempo. Da piccolo ero affascinato dalla musica colta e antica: Bach, Tchaikovsky, Paganini, Segovia, Narciso Yepes … e poi da lì, crescendo mi sono aperto a stimoli più moderni come il grande David Russell. Poi devo anche aggiungere naturalmente i  grandi come Page, Hendrix e altri. In un particolare periodo della mia vita ho adorato Piazzolla. E ancora Keith Jarrett naturalmente, I Jethro Tull, Clapton e altri ancora. Alla fine i miei veri insegnanti sono stati questi grandi autori”.
“When i die, i want people to play my music, go wild and freak out and do anything they want to do” diceva Hendrix: in sintesi questa è la filosofia dei concerti di Paolo Schianchi, dove si esibisce utilizzando la sua chitarra a 49 corde costruita ad hoc dal maestro liutaio italo argentino Carlos Roberto Michelutti. Un meltin pot che va “da Bach fino a brani originali proposti in chiave moderna”. Il nove ottobre scorso il chitarrista si è anche esibito a Expo Milano, in un appuntamento nel segno del connubio tipico della nostra città, buon cibo e ottima musica, che lo ha visto protagonista davanti al numeroso pubblico del Padiglione Italia.

“SPREMERE TUTTO CIO’ CHE SI PUO’ DA UNA CHITARRA” – L’inventiva e l’apertura mentale portano spesso più lontano di quanto si possa immaginare. E’ quanto accaduto a Paolo che, nella sua continua ricerca musicale, si è costruito quello che può essere definito un inedito strumento battezzato ‘Octopus‘ e il cui progetto sta per essere brevettato. “E’ uno strumento ti permette di spremere tutto quello che è possibile spremere da una chitarra. Unisce la dolcezza della classica con i suoni moderni e trattati elettronicamente. La parte più impegnativa è quella di utilizzare i piedi per ‘manipolare’ il suono”. La pedaliera comprende 314 dispositivi di regolazione che vengono utilizzati e controllati con i piedi, il che richiede una grande disciplina. “In questo modo hai la dolcezza assieme a una potenza e a un’aggressività che puoi paragonare a quella di una orchestra. L’Octopus mette insieme cinquant’anni di storia di amplificazione dello strumento e i suoni delle varianti più lontane che sono la classica e l’elettrica. Non è, banalmente, una grossa pedaliera con tanti effetti: si tratta di un sistema complesso basato sull’idea di come tutti questi effetti sono combinati tra di loro e implementati in un circuito audio che è in realtà anomalo. Octopus è progettato in modo che io posso inviare il suono dove voglio per ottenere l’effetto desiderato; sfrutta elementi di psicoacustica; implementa soluzioni meccaniche originali volte all’utilizzo dei piedi per comandare i dispositivi e per creare, in combinazione, effetti sonori molto elaborati”.
La voglia di sperimentare ha portato l’eclettico chitarrista parmigiano all’allestimento di un vero e proprio laboratorio musicale dove si cerca, si scopre, si sperimenta e si costruisce. Non c’è nulla di bizzarro nella sua arte: c’è piuttosto la vena del ricercatore scientifico che propone progetti, scopre nuove soluzioni sonore, si lancia in importanti collaborazioni, ottiene risultati stupefacenti. La sua carriera nasce, cresce e si sviluppa attraverso il sacrificio e lo studio. “Non ci si improvvisa musicisti … per avere qualità c’è da lavorare”, dice Paolo. Tutti imbracciamo una chitarra per strimpellare quattro accordi. Pochi sono quelli che, seriamente, affrontano un processo quasi biologico e lo sviluppano fino alle viscere per poi divulgarlo.

 

di Michele Panariello

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