ParmaJazz Frontiere: un’occasione per scoprire sonorità (e città)

STEFANIA RAVA QUINTET, URI CANE E HAN BANNINK

Stefania RavaIl sassofono di Marco Ferri, il pianoforte di Alessandro Altarocca, il contrabbasso di Mirko Scarcia, la batteria di Paolo Mozzoni e la voce di Stefania Rava: martedì 4 novembre sono loro a inaugurare in anteprima ParmaJazz Frontiere con un omaggio, allo Shakespeare Cafè, dedicato a Duke Ellington, direttore d’orchestra, pianista e compositore statunitense che ha segnato il panorama del jazz mondiale. Tra le canzoni messe in scaletta dallo Stefania Rava quintet: ‘Do nothing till you hear from me’, storia di un amore finito, ‘Sophisticated Lady’, talmente sofisticata da essere ricca ma sola e ‘Chelsea bridge’, una delle canzoni più conosciute di Ellington. “Duke mi affascina per il suo carisma oltre che per il suo talento – spiega Stefania -, Stasera abbiamo eseguito un repertorio ristretto composto da alcune delle nostre sue canzoni preferite, ma per suonare tutti suoi capolavori non basterebbe una notte intera”.

I bicchieri pieni, ma le mani sempre libere per applaudire: i numerosi spettatori che hanno ascoltato la performance del quintetto tra un sorso di spritz e un altro, sono stati trasportati in un’atmosfera da film americano, perchè è proprio da lì che nasce la passione di Stefania Rava per il jazz: “Mi sono accostata a questa musica grazie alle pellicole americane. Mi piaceva lo swing di sottofondo e mi sono interessata a chi scrive queste canzoni. Così è nata la mia passione che dura da 30 anni”. A condividere l’amore per il jazz insieme a Stefania, la sua band: tutti artisti con una carriera fatta di collaborazioni internazionali, concerti, premi e tanto talento. “Il nostro – spiega Stefania – è un gruppo nato sia dall’amicizia che ci lega, sia dalla consapevolezza di essere le persone ideali per un progetto complesso come quello in cui ci siamo lanciati: riarrangiare dei brani ideati per orchestra al nostro modo di fare musica”.

Tanti appassionati, ma anche tanti che associano la parola ‘jazz’ alla parola ‘sassofono’ e niente di più. “E’ una musica che contiene molti elementi che un ascoltatore non esperto non sempre riesce a cogliere – continua la Rava – Swing, melodia, armonia e soprattutto improvvisazione. Un consiglio per uno spettatore alle prime armi è quello di farsi trasportare dalla piacevolezza della musica”.

 

uri caine

 URI CAINE E HAN BENNINK – L’apertura ufficiale della della diciannovesima edizione del festival, porta la data del 7 novembre, 3 giorni dopo, ed ha i ritmi di Uri Caine e Han Bennink, l’ambientazione dell’Auditorium del Carmine. Il primo, pianista e compositore eclettico americano, il secondo batterista olandese tra i più eversivi della scena europea. Uri Caine ha iniziato il suo percorso nella musica suonando soul e gospel in una chiesa di Philadelphia con la madre. Le sue sonorità, un insieme tra musica popolare ebraica, classica e jazz, danno vita a uno stile ricercato e creativo. Per Han Bennink la passione per la musica e il ritmo è nata ancor prima che iniziasse a camminare: il suo primo strumento fu, infatti, il seggiolone. Si può definire uno dei più grandi improvvisatori del momento, in grado di trasformare in strumento qualsiasi tipo di oggetto gli capiti tra le mani. L’incontro tra i due è avvenuto nel 2011 ed è documentato dall’uscita, nel 2012, di un album intitolato ‘Sonic Boom’.
I due musicisti hanno aperto il concerto con una improvvisazione sulla struttura del blues per poi addentrarsi nei classici del repertorio jazzistico con ‘Round Midnight’ di Thelonius Monk, ‘It Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing)’ di Duke Ellingtone, ‘Bewitched’ di Richard Rodgers. Hanno proposto poi una rivisitazione di frammenti di vari Ragtime (genere musicale di fine ottocento nato come musica da ballo nei quartieri a luci rosse di alcune città statunitensi), tra i quali ‘Maple Leaf Rag’ di Scott Joplin, per poi tornare sul jazz con ‘Nefertiti ‘ di Wayne Shorter e chiudere con il blues di ‘My Jelly Roll Soul’ di Charles Mingus.

L’Auditorium, che si trova all’interno di una chiesa sconsacrata, si è rivelato un ‘covo’ perfetto per far risaltare l’essenzialità di un palco su cui erano posti soltanto gli strumenti. Le luci soffuse nella sala hanno contribuito a creare un’atmosfera intima per un pubblico vasto e diversificato, formato da fedeli appassionati ma anche da tanti giovani incuriositi. Il connubio tra pianoforte e batteria ha dato alla serata un’impronta ricercata ma anche frizzante e divertente.

Il festival, dedicato quest’anno a Giorgio Gaslini primo esponente della musica jazz europea scomparso nel luglio scorso, proseguirà fino al 2 dicembre con 17 concerti di artisti provenienti da tutto il mondo, dando vita ad una ricca e suggestiva programmazione di eventi musicali che interesserà varie location della città.

 

 di Iosetta Santini, Silvia Palmieri, Alice Caro, Francesca Perconti

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