Quelle migliaia di ossa di Piazzale Santa Croce: svelato il mistero

ALL'ARCHIVIO DI STATO LA MOSTRA 'IL TEMPO DELLA PIETAS E IL TEMPO DELLA SCIENZA'

Parma, 2003: vengono ritrovate ossa umane appartenenti a circa 1000 corpi in un’area posta fuori Porta Santa Croce, a un passo dal polo umanistico di via D’Azeglio e dal centro storico. Da dove provengono?
A seguito degli scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica di Parma diretti dalla dottoressa Manuela Catarsi, sorge il bisogno di scoprire la datazione storica e il perché questi resti siano stati collocati proprio in quel punto. A svelare il mistero non viene chiamata Temperence Brennan, protagonista della serie televisiva Bones, ma Elisabetta Venturi, antropologa forense e direttrice del ‘Lab206’, laboratorio di Antropologia e Odontologia forense, che dei suoi studi ha fatto l’occasione per una mostra più ampia che svela il mistero ma non solo.

Ossa Umane

foto d’archivio

LA MOSTRA – ‘Il tempo della pietas e il tempo della scienza‘ ha aperto i battenti il 23 novembre ed è visitabile fino al 25 marzo negli uffici dell’Archivio di Stato di Parma sotto i portici di via D’Azeglio. “La mostra – spiega Valentina Bocchi, curatrice dell’esposizione – è la ricostruzione dei cimiteri e dello studio delle sepolture fatta grazie a elementi archivistici, un viaggio negli aspetti legati al mondo della morte tra il XVI e il XVIII secolo. La prima parte dell’installazione riguarda la psicologia e come si seppelliva a Parma, mentre la seconda parte, che svela il mistero delle ossa, è costituita da una panoramica sui progetti dei cinque cimiteri legati all’Ospedale della Misericordia, l’attuale ‘Ospedale Vecchio’“.

TRA RITI E PASSAGGI – Si parte con i documenti archivistici che raccontano come il sentimento della morte venisse interpretato e manifestato: “I funerali – spiega la curatrice – non eranotavolo-locandina 2 solamente un momento di lutto ma una reale manifestazione del potere e del prestigio economico-socialeostentato con sfarzo dalla famiglia del defunto”.
Si prosegue così scoprendo come le celebrazioni funebri fossero rigorosamente disciplinate da decreti, regolamenti e statuti: “Si tratta di vere e proprie ‘norme sui funerali’, che definivano il comportamento economico e sociale. Si stabiliva, ad esempio, la lunghezza degli abiti delle signore, il numero dei ceri e degli esponenti degli ordini religiosi. La real corte non era certo esente da tali norme ma aveva delle regole diverse di manifestazione del potere, come i funerali in effige che ricordavano la persona absente corpore, dopo che il rito funebre era stato celebrato”.
A partire dal XVII secolo queste norme si moltiplicarono a dismisura per volere del duca Ranuccio I e la mostra esamina un caso particolare: le esequie per il sovrano Ferdinando di Borbone, il cui corpo riposa a Fontevivo mentre “il suo cuore sarà portato nella chiesa dei cappuccini a Parma per simboleggiare la continuità temporale nella sovranità”.
Ma la mostra, ovviamente, racconta anche ‘la plebe’: vi sono esempi di registri parrocchiali,dove venivano scritte le formule di ascesa al cielo, una piantina della ‘Villetta’, il cimitero di Parma, dove sono evidenziati gli esclusi: giustiziati, suicidi, infedeli, protestanti, israeliti e bambini non battezzati, relegati nei quattro angoli esterni. “Persino il boia veniva seppellito assieme alla sua famiglia nello stesso posto riservato ai giustiziati perché toglieva la vita”.

ingresso archivioI CIMITERI DELL’OSPEDALE DELLA MISERICORDIA – Nella seconda parte della mostra sono presenti altri documenti, come mappe, immagini, progetti e lettere, esaminati e raccolti propriamente dalla dottoressa Venturi. Inizialmente la ricerca tra i materiali dell’Archivio di Stato era finalizzata a ricostruire la storia della zona dove erano stati rinvenuti i resti nel 2003 e dare una spiegazione alle incongruenze rispetto alla prima ipotesi: si sarebbe trattato del rinvenimento di 24 fosse comuni per le vittime di peste. Un’ipotesi plausibile ma non corretta: gli studi hanno dimostrato che si trattava di un antico cimitero dell’Ospedale della Misericordia, ora in parte sede dell’Archivio di Stato.
La dottoressa Venturi ha quindi deciso di ampliare la ricerca sulla ricostruzione di tutti i cimiteri dell’Ospedale, fino a contarne quattro, più uno rimasto solo su carta: un primo cimitero utilizzato dal 1511 al 1590 si trovava all’interno del complesso dell’ospedale, oggi via Kennedy; un secondo dal 1591 al 1768 nella zona antistante l’ospedale, dove prima si trovava l’Oratorio di S. Nicomede, tra via D’Azeglio e Strada Giovanni Inzani; un terzo datato 1768 – 1784, che partito con un grande progetto finì con lo sfruttare il cimitero già esistente della chiesa di S. Croce a causa degli elevati costi previsti; infine un quarto cimitero, situato fuori Porta S. Croce e attivo dal 1785 al 1817, da cui è iniziata l’analisi dell’antropologa.

GLI STUDI ANATOMICI –  Ma cos’è che ha trasformato un’indagine sull’origine di alcuni resti in una panoramica sulla morte a Parma? Se in un primo momento si pensava fossero relative al caso di peste che colpì la città nel 1630, in realtà “già in fase di preparazione dei reperti erano state rinvenute ossa con segni di taglio ‘post-mortem‘, un numero esiguo di bambini e unità stratigrafiche (US) contenenti ossa gettate alla rinfusa, ad indicare che la decomposizione fosse avvenuta in altro luogo e solo una volta, terminata quest’ultima, le ossa recuperate con la riapertura della sepoltura e successivamente interrate in un’altra zona. Ci siamo chesti dov’erano stati sepolti inizialmente, se nella stessa area oppure in altri cimiteri e soprattutto se erano morti prima o dopo il 1630″.
A dare una risposta, i tagli sulle ossa: “Non potevano essere ricondotti a interventi chirurgici perché le ossa tagliate dei diversi crani recuperati erano state sezionate per esporre il cervello nella sua interezza, incompatibili quindi con la sopravvivenza del paziente. Si era ipotizzata anche la sepoltura dei resti di giustiziati per i quali, tra le pene accessorie, poteva avvenire lo smembramento del cadavere con l’amputazione di braccia, gambe e testa e i vari pezzi successivamente posti in gabbie appese in città, però non era previsto da parte del boia lo ‘scallottamento  del cranio’. Questi elementi non erano coerenti con la prima ipotesi cioè un’area utilizzata solo nel 1630 in occasione della pandemia di peste. L’area poteva essere stata inizialmente sfruttata in quell’anno, ma il suo utilizzo era proseguito nel tempo e quindi non si poteva indicare come unico periodo di sepoltura”. Per risolvere tutti questi dubbi, l’antropologa decise che “occorreva una verifica sui documenti antichi e l’Archivio di Stato era il luogo dove erano concentrati la maggior parte di questi”.
Grazie alla scoperta che l’Ospedale della Misericordia forniva spesso cadaveri agli studi anatomici delle classi di Medicina dell’epoca, la ricerca è arrivata a un punto fermo.

 

di Maria Teresa Angella, Davide Ansovini

1 Commento su Quelle migliaia di ossa di Piazzale Santa Croce: svelato il mistero

  1. Gianni Rossi // 1 dicembre 2015 a 21:44 // Rispondi

    Mostra estremamente interessante non solo per la Città ma anche per il turista affascinato dal mistero. Affascinante questo abbinamento di storia, antropologia, cadaveri di poveri sconosciuti offerti al progresso della scienza medica parmense nella storia della sua Scuola di Medicina. Suggerisco una visita se si capita a Parma.

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