‘L’invisibile ovunque’: i Wu Ming e la solitudine della guerra di un secolo fa

L'ULTIMO PARTO DEL COLLETTIVO DI SCRITTORI RACCONTA 4 STORIE DI ANTI EROI VEROSIMILI

IMG_20160206_171340Al centro del terzetto dietro l’ampia tavola, tra la scrittrice Ilaria La fata e il prof. Carlo Verotti,  c’è Federico Guglielmi, alias Wu Ming 4, membro dell’omonimo collettivo e uno degli autori de ‘L’invisibile ovunque‘, protagonista all’Oratorio Novo della Biblioteca Civica della presentazione del 6 Febbraio scorso. Il romanzo si articola in quattro storie accomunate da un’unica tematica, la guerra e in particolare il primo conflitto mondiale, osservata sotto una prospettiva del tutto umana.


UN LIBRO ANTICELEBRATIVO
– Ai protagonisti “non bisogna dare un nome e un cognome per dire che questa guerra l’abbiamo fatta tutti, così diventano personaggi allegorici, simbolici. Sono quattro, uno per ogni capitolo.” Così Ilaria La Fata, autrice di ‘Follie di guerra’ seduta alla sinistra di Guglielmi, introduce il libro.
Un quasi romanzo storico che racconta, nell’anno del centenario, la storia di quattro uomini al fronte durante la prima guerra eterna, un “conflitto fordista”, lo dipinge così Carlo Verotti, docente di letteratura italiana all’Università di Parma e terzo ospite dell’evento.

Lo scontro viene raccontato come esperienza alienante, riassunta nel dramma della vita di trincea, tra le linee italiane e francesi, ed è per questo che il romanzo diventa anticelebrativo, tentando di ribaltare la visione eroica e spersonificante della guerra contrapponendola alla storia del singolo, impegnato nel tentativo estremo di sopravvivere: l’evasione. “La prima guerra mondiale è stata una grande carneficina, è quasi scontato dire questo ma se non dici qualcos’altro, se racconti solo della povera carne da cannone che subisce la storia, stai dando una certa visione, in cui le masse subiscono”, aggiunge l’autore.
L’uomo riprende in mano il proprio destino, spogliandosi dei panni del soldato martire, dell’uomo che subisce la storia, per diventare stratega del sottrarsi ad una guerra definita dal professor Verotti come “costruzione industriale della morte”.

Il libro è ricchissimo di citazioni, prestandosi a un’analisi approfondita di topoi tipici della letteratura bellica di inizio secolo: le pinze che non tagliano, la terra di nessuno, l’acciaio contrapposto alla fragilità della carne. Nel quarto racconto l’invenzione di un certo tipo di documenti aiuta la fusione tra finzione e reale, ricordando molto Borges, trappola a cui non ha resistito nemmeno una certa critica letteraria.

Qual è il limite di queste storie? A detta di uno degli autori, è proprio il punto di forza a fare allo stesso tempo da tallone d’Achille: sono esperienze solitarie. In una guerra fatta fianco a fianco con i propri commilitoni, l’esperienza dell’evasione sembra prerogativa del singolo, quasi un atto egoista.

quote-sandino-scheidegger-without-a-viewer-this-challenged-700x340LE ORIGINI DEI WU MING – Contrariamente a ciò che si potrebbe credere, la scelta di un argomento così drammatico proviene da un collettivo che ha un’origine del tutto diversa, seppur non nuovo ad argomenti come il rapporto tra il singolo e la massa.

“Non credo che al lettore giovane importi un c… di ciò che Wu Ming racconta o narra.” Poco dopo i primi post di ‘Giap’, il blog del collettivo, ci si imbatte nel parere non molto lusinghiero che Fulvio Abbate, giornalista e scrittore affermato, ha espresso sui Wu Ming, accompagnato per altro da una parte non indifferente della stampa italiana. Se non altro però la storia di questo quintetto è affascinante, avendo le sue radici in un movimento artistico-culturale sovversivo i cui accoliti, centinaia di artisti, attivisti e burloni decidono di battezzarsi con il nome di Luther Blisset, calciatore inglese degli anni ’80 afro-caraibico (ex giocatore del Milan) in una “identità open-source”.
Poco chiari i motivi della scelta del nome, in Italia il Luther Blisset Project (Lbp) trasforma un personaggio dagli infiniti volti in un eroe folk, Robin Hood anti culturale moderno. Obiettivo del progetto fu inventare false notizie da dare in pasto alla stampa, riuscendo a conquistare successi non indifferenti, generando panico tra anche tra certi intellettuali. Dopo cinque anni l’Lpd si arrestò e il fermento si spense pian piano, finché dalle sue ceneri risorse un gruppo di autori bolognesi che scrisse il romanzo storico “Q”. Ma fu solo quando a loro si aggiunse il quinto membro che divennero ufficialmente i Wu Ming.

band4Già il nome presenta le prime ambiguità: a seconda della pronuncia della prima sillaba, ‘Wu’ può significare ‘nessun nome’ o ‘cinque nomi’. Il gruppo non è anonimo come potrebbe lasciar intendere l’alone di mistero che si porta dietro e le identità dei cinque membri possono essere trovate in rete senza troppa difficoltà, ricordando sempre l’indole truffaldina dei personaggi in questione. Nel biennio 2008-2009 il collettivo scrive ‘Altai’, che gli stessi autori definiscono come “un ritorno al mondo di Q”, un romanzo storico utilizzato come espediente terapeutico dopo l’uscita di Wu Ming 3 dal gruppo.

Il vantaggio di scrivere in un collettivo? La continua revisione dei testi, un influenzarsi a vicenda ma anche un’unica pecca, sottolineata da Federico Guglielmi al termine della presentazione: “La divisione dei proventi”.

di Matteo Buonanno Seves

 

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*