La realtà diventa un labirinto di colori e forme negli Acrilici di ‘Spago’

4O OPERE IN MOSTRA A SAN LUDOVICO, VITTORIO SPAGGIARI E IL RACCONTO DI UNA VITA TRA ARTE, GRAFICA, DESIGN

IMG_0207Colori brillanti su grandi tele di policromie sospese tra l’astratto e il figurativo in cui la modernità è intesa come un’infinita frammentazione. Sono gli Acrilici di Vittorio Spaggiari, in mostra alla Galleria San Ludovico di Parma fino al 27 febbraio.
L’esposizione personale, realizzata in collaborazione con il Comune di Parma, propone una quarantina di opere pittoriche che racchiudono parte dell’attività dell’artista emiliano dal 2003 al 2015.
Nei quadri si spiega una narrazione del quotidiano tradotta da un ginepraio di forme elementari e plastiche inserita in un reticolo di linee spezzate, frammentate, colorate e sovrapposte. Spaggiari, che viene dal mondo della pubblicità, ha inscritto la sua arte nella dimensione del design e dell’arredo concependo ogni opera a contatto con il suo fruitore. Nei suoi quadri la città diventa piatta e la realtà si trasforma come in una deflagrazione a formare un reticolo molecolare che va osservato da vicino e lentamente per coglierne i dettagli.

image_miniLO STILE E LA POETICA – Come un attraente spot pubblicitario, l’arte del pittore ha la caratteristica di fare ‘parete’. Le sue tele si fondono perfettamente con le moderne concezioni di design dove arredare è sinonimo di bellezza. “Per me un quadro è un prodotto, cioè un complemento d’arredo; per questo ho scelto questa tecnica. L’acrilico – spiega – asciuga subito e non fa vedere la pennellata, caratteristica che invece nella pittura degli anni ’60 e ’70 era esaltata”. La ricorrenza della forma geometrica centrale è ripresa dal linguaggio connotativo della pubblicità che Spaggiari conosce molto bene. La luce zenitale non ha funzione espressiva ma attrae e cattura l’attenzione del fruitore che è quasi invitato ad avvicinarsi per cogliere ogni piccola forma, volume, linea, cerchio. È solo questo tipo di visione/fruizione che lo porterà a cogliere, all’interno delle tele, un universo di significati privo di orizzonti, una costellazione di narrazioni possibili lasciate al libero arbitrio di chi guarda. È comunque difficile contenere lo stile di un artista così contemporaneo la cui poetica rimanda alle brulicanti narrazioni di Hieronymus Bosch. Forse la definizione più azzeccata è quella dell’architetto e designer fiorentino Andrea Branzi che nell’introduzione al catalogo della mostra scrive:” … le grandi tele variopinte di Spago (soprannome del pittore, n.d.r.) non sono astratte né decorative, ma rappresentano la sezione di un corpo vivo, policromo, policentrico, caotico, ma dotato di una propria intelligenza; pieno d’informazioni, un tutto-pieno di innovazione. Un territorio fertile, elegante e molto intelligente, come quando la periferia riesce a diventare il migliore osservatorio di un mondo che ruzzola nel vuoto”.

untitledUNA VITA DEDICATA ALL’ARTE – La periferia è proprio per Spaggiari un luogo dal quale partire, andare, ma poi ritornare. Originario della provincia di Reggio Emilia, all’età di quindici anni si trasferisce a Parma con i suoi genitori. “Sono stato sempre affascinato dalla pittura. Da giovane frequentavo la galleria Camattini, di fronte al Regio. Esponevano pittori parmigiani validi ma il loro realismo non m’interessava. ‘A cosa serve?’ mi chiedevo? C’è già la macchina fotografica che fa lo stesso lavoro. Non aveva senso”. Ad attirarlo sono invece le opere di Guttuso, Gaibazzi e Pozzati che il giovane Spaggiari può ammirare da vicino grazie alle mostre organizzate nel Salone delle Scuderie della Pilotta negli anni sessanta. “Ho scoperto un altro mondo perché c’era un uso del colore incredibile ma soprattutto perché quella era gente che aveva qualcosa da dire, non era la solita banalità“. Il percorso culturale di Spaggiari a Parma parte dal teatro universitario, come aiuto scenografo di Giancarlo Bignardi; contemporaneamente è tra i soci fondatori della Compagnia del Collettivo insieme a Walter Le Molli, Flavio Ambrosini, Paolo Bocelli e Gigi Dall’Aglio. Poi il trasferimento a Milano, fondamentale per la sua formazione. Qui entra in contatto con le avanguardie italiane influenzate dalla pop art di Andy Warhol e trova il terreno congeniale alle sue riflessioni sulla pittura e sulla sua rinuncia a un realismo trito ormai patrimonio indiscusso della fotografia e del cinema. Inizia un’importante e lunga collaborazione con il fotografo Oliviero Toscani. Il 1976 segna un’altra svolta nella sua carriera: entra a far parte del team di Fiorucci e assume l’incarico di art director dell’ufficio grafico, che manterrà fino al 1980. Le grafiche della famosa casa di moda milanese del periodo sono esposte al museo di arte moderna di New York (Moma). Secondo Spaggiari, che negli anni ha proseguito le collaborazioni a livello internazionale con grandi marchi di moda e non solo,  “oggi i grandi creativi sono gli stilisti di moda e anche i designer”. “Ho lavorato anche con Ettore Sottsass l’inventore del ‘design radicale’. Il confine tra pittura e design è molto labile: ci sono tele che possono essere considerati design e viceversa opere di designer che sono delle vere e proprie opere d’arte“.
Dopo aver assorbito tanto dalla scena culturale internazionale, dal 1996 Spaggiari è tornato a Parma per dedicarsi alla pittura.
“Ho sempre avuto interesse per la cultura. Ho cercato di lavorare in posti e con persone che completassero la mia formazione anche a costo di rimetterci. La Parma di oggi è come se avesse perso quell’interesse per la cultura che c’era negli anni sessanta. Credo che chi si occupa di questo debba continuare a coltivare una forte curiosità per le avanguardie senza averne paura“.
Queste mie ultime opere – ha spiegato a proposito della mostra – sono state pensate e realizzate per essere esposte in uno spazio cittadino perché ritengo sia importante intervenire sulla cultura della propria città e cercare anche di dare una finalità didattica, per mostrare l’importanza e la bellezza del lavoro manuale” –

 

di Michele Panariello

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