Tra Parma e Africa: studio, tirocinio e cooperazione in un unico progetto

LA TESTIMONIANZA DI CARLO: "VOGLIO TORNARE, E' STATA L'ESPERIENZA CHE MI HA CAMBIATO LA VITA"


Viaggiare, mettersi alla prova, scoprire nuove culture e ampliare gli orizzonti: questo è ciò che gli studenti di oggi, cittadini del mondo, chiedono e desiderano maggiormente. In una parola? Conoscere. Conoscere il mondo. La globalizzazione infatti è arrivata anche nei percorsi di studio e ci ha portato ad abbattere i confini, viaggiare oltre oceano e parlare lingue diverse. Per questo sono sempre di più gli studenti che scelgono di arricchire il proprio percorso formativo partecipando a progetti di ricerca e di studio oltre le mura della propria università. Uno di questi progetti, già attivo dal 2015, è quello in collaborazione con il Cuci, Centro Universitario per la Cooperazione Internazionale. “Il nostro è un centro che si occupa di studi e di ricerca interdipartimentale, praticando l’attività di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo” spiega il professore dell’Università di Parma e direttore del Cuci, Leopoldo Sarli. Lo scopo è quello di svolgere una cooperazione sostenibile, continuando la collaborazione con gli studenti attraverso viaggi ma anche attività in loco, come seminari, per poter informare anche coloro che non si recano sul campo. “Per il futuro vogliamo sviluppare la possibilità di trasformare queste esperienze anche in tirocini. Per gli studenti di Medicina sarà possibile lavorare in ospedali e università di Paesi in via di sviluppo”. Ma tutto ciò non rimarrà esclusiva delle facoltà del ramo sanitario, precisa il professor Sarli: “L’idea è quella di estendere questa possibilità a tutti gli studenti dell’ateneo, per ora stiamo avviando già delle collaborazioni coi corsi di Giornalismo e Architettura”.

Senegal 2015DA PARMA AL SENEGAL: STORIE DI STUDENTI –  “La mia esperienza in Senegal è durata 23 giorni – racconta Luca Magnani, studente di Medicina dell’Università di Parma – in quei giorni ho avuto l’occasione di conosce i servizi sanitari locali dove ho svolto attività di prevenzione, specialmente per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmissibili e le maternità precoci, che sono davvero molte”. Insieme al professor Sarli e ad altri studenti, Luca ha promosso anche un’attività chiamata ‘Carovane della salute‘: “Ci appoggiavamo a piccole strutture, alle cliniche dei villaggi dove svolgevamo quotidianamente attività sanitaria a prezzi bassissimi. In Africa tutto ha un costo, non esistono sistemi come la mutua. Sono stato proiettato in una realtà diversa da quella che avevo vissuto fino ad allora in Italia. Da schemi pre-impostati con pochissima pratica, molto controllata e poco responsabilizzante, mi sono trovato sì affiancato al mio professore, ma allo stesso tempo lasciato abbastanza a me stesso. E’ stato angosciante, lo posso assicurare, soprattutto perchè in Senegal le problematiche sono molto diverse dalle nostre”. A colpire però lo studente è stata la concezione della vita e della morte che hanno queste persone: “Un giorno una ragazza di venticinque anni è stata colpita da un ictus. Noi, con mentalità occidentale, abbia avvisato subito la famiglia che la paziente era da trasferire con un urgenza all’ospedale della città più vicina. Le distanze tra i vari villaggi e le grandi metropoli sono di chilometri e chilometri e spostarsi ha un costo elevatissimo per la maggior parte della popolazione africana. Questa famiglia quindi ha iniziato a considerare il prezzo del trasporto in ambulanza e quello del mantenimento di un malato cronico che comunque non si sarebbe mai ripreso. Per i genitori, nonostante questa persona fosse così giovane, non era così scontata l’idea di farla curare”. Venendo da un mondo in cui si fa di tutto per sopravvivere e allungare la vita, queste situazioni fanno riflettere sia sulla diversità del concetto di morte sia sulla questione della scarsa disponibilità delle risorse.

Senegal 2015CARLO E I SUOI PROGETTI FUTURI – “Povero, bellissimo e umano”. Queste sono le tre parole con cui Carlo D’Agostino, studente di infermieristica dell’Università di Parma, descrive il Senegal dopo il suo primo viaggio in Africa. “Ho deciso di partire perchè sentivo la necessità di fare ricerca all’estero. Ora sto scrivendo la mia tesi sul virus papilloma e su come reagiscono le donne africane e chi gli sta accanto quando scoprono di essere affette da patologie come queste”. Il continente africano era già tra le mete predilette di Carlo, il quale, grazie al professor Sarli e all’associazione ‘Mani‘, parte per quest’avventura. “Durante la mia permanenza ho avuto l’occasione di alloggiare in due villaggi ma ogni giorno mi spostavo in località diverse per andare a visitare il maggior numero di persone possibili. Non ho vissuto la tipica vita senegalese, lì tutti vivono con tranquillità e ci sono moltissimi tempi morti”. A caratterizzare queste persone sarebbe proprio la loro umanità: “Non hanno nulla, ma quel poco che per loro è tutto lo cederebbero volentieri a te. Sono molto accoglienti”. A livello sanitario gli ospedali delle grandi metropoli sono abbastanza preparati e  raggiungono il livello e le linee guida richieste dall’Oms; al contrario i villaggi sono una realtà totalmente diversa da quella delle grandi città. Qui si possono trovare degli operatori sanitari paragonabili ai nostri Oss, la’ matron’, una donna ‘specializzata’ nel parto e il guaritore che si rifà alla medicina più tradizionale. Si praticano però solo visite base e vaccini: in caso di mali maggiori il paziente, se vorrà essere curato, sarà costretto a spostarsi in un centro più grande. Carlo, a un mese della laurea, non vede l’ora di ripartire e dopo aver già acquistato i biglietti per il suo prossimo volo con destinazione Marocco afferma: “La mia esperienza? Difficile, fantastica e rivoluzionaria. Mi ha cambiato la vita. Se fino a poco tempo fa pensavo di lavorare in un ambulatorio, ora voglio dedicarmi all’internazionale: se in quindici giorni sono cambiato così tanto, immagina in tutta una vita…”.

Senegal 2015PARMA PER L’AFRICA- Dal 2001 l’associazione ‘Mani‘ opera sul territorio di Parma con lo scopo di sensibilizzare i suoi cittadini alle tematiche della cooperazione con i Paesi del Sud del mondo. Le iniziative e i progetti, che hanno l’obiettivo di sviluppare la responsabilità sociale, il superamento delle cause di povertà e di ingiustizia, sono molteplici sia livello territoriale che internazionale. Si lavora su alcuni studi e alcune formalizzazioni delle Nazioni Unite che sono sia gli obiettivi di sviluppo appena rinnovati che gli indicatori di sviluppo umano: tutto questo con lo scopo di attivare interventi che non sussistono su un unico lato del vivere, che sia la salute, il reddito o l’ ambiente, ma che mettano insieme questi tre elementi. Tutte le missioni di cooperazione nascono dal basso, favorendo oltre alle realtà locali anche la centralità del ruolo della donna, sia qua che là. “Il futuro deve basarsi sull’uguaglianza dei diritti per tutti e sullo sviluppo sostenibile che superi un modello di crescita economicistico e individualista”, spiega Matilde Marchesini presidentessa dell’associazione ‘Mani’. “Da tempo ci occupiamo di cooperazione decentrata e nel nostro caso abbiamo avuto esperienze di collaborazione con Paesi africani. In questo tipo di cooperazione un ruolo fondamentale lo hanno le comunità migranti, quindi lavoriamo in sostegno a coloro che scelgono di lavorare nel proprio paese”. Ed è proprio in alcuni di questi progetti che nasce la collaborazione con il Cuci: “Dentro questa prospettiva di lavoro, che ha visto esperienze in Burundi, Costa d’Avorio, Marocco e Senegal, abbiamo trovato la convergenza con il Cuci. Insieme abbiamo sottoscritto una convenzione: un accordo sulle azioni da fare nei percorsi di cooperazione internazionale decentrata e nei percorsi sul territorio di Parma”. Grazie all’unione di queste due realtà gli studenti di Parma hanno la possibilità di lavorare con l’associazione. “Questa collaborazione con gli studenti è un’occasione per loro di aprirsi a modi di pensare più ampi, aprirsi ad una forma di pensiero, sulla professione futura, che prevede l’incontro con altre realtà – conclude Marchesini – mentre per noi è uno sguardo che ci porta criticità, riflessione e quindi ricchezza”.

di Alessandra Cucchi e Mariana Guazzi 

 

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