Darwin Day: sciami-robot, navi anti-alga e malattie ‘autoprodotte’

COME LA TEORIA EVOLUTIVA HA SVILUPPATO TUTTA LA SCIENZA

DarwinDay.000Il genio di Charles Darwin ha cambiato il mondo. La sua teoria dell’evoluzione oggi quasi tutti la diamo per scontata ma all’epoca fu un’autentica rivoluzione: era una chiave interpretativa del tutto nuova per comprendere il mondo naturale e rimetteva l’essere umano in mezzo al mondo naturale, senza vederlo come un ‘progetto divino’ a parte.” Così viene descritto Charles Darwin da Donato Grasso, professore di bioscienze all’Università di Parma e curatore del Darwin Day di venerdì scorso. “Il Darwin Day vuole essere una giornata di divulgazione scientifica in omaggio al grande naturalista inglese, a Parma come in molte altre parti del mondo. Il nostro scopo principale è uscire dalla logica della ‘torre d’avorio’ dove sembra relegata la scienza, un po’ per colpe proprie e un po’ per pregiudizi esterni. Per noi il ricercatore deve essere in grado sia di ‘produrre’ scienza sia di esporla in modo comprensibile al pubblico“.
Tema del IX Darwin Day è l’evoluzione al di là del suo significato in biologia:”Dopo Darwin è nato un modo tutto nuovo di osservare il mondo, non solo la biologia. Quest’anno vogliamo esplorare come l’evoluzione possa essere modello per molti settori della conoscenza. Inoltre ci piacerebbe dimostrare l’importanza della ricerca di base, spesso sottovalutata se non denigrata. Sempre nell’ottica di far capire la scienza al grande pubblico, è essenziale mostrare come la ricerca di base non sia fine a se stessa ma è invece essenziale per innovazioni che possano migliorare la vita di tutti“.

ROBOTICA E MEDICINA – Chi meglio di Marco Dorigo, ricercatore di robotica all’Università di Bruxelles, potrebbe dimostrare come l’evoluzione travalichi i confini della biologia?
Il progetto da lui guidato punta alla realizzazione di swarm-bot, letteralmente sciame-bot, cioè robot privi di un cervello centrale formati da una moltitudine di piccoli robot (detti s-bot) capaci di svolgere operazioni molto semplici singolarmente e assai complesse collaborando. A questa tecnologia si è arrivati osservando i risultati dell’evoluzione in natura. Gli swarm-bot derivano dal lavoro dei biologi e dallo studio dell’intelligenza collettiva degli insetti sociali quali api e formiche.
Anche la medicina può essere migliorata pensandola in chiave evolutiva. Lo spiega Alfonso Troisi, dell’Università di Tor Vergata, secondo cui va cambiato il modello della ‘broken machine’ su cui si basa la medicina odierna, ovvero il considerare l’uomo una macchina perfetta che va riparata quando si rompe. Questo rimane vero in molti casi, ma molte malattie sono effetti dell’evoluzione umana: l’intolleranza al glutine o ai latticini è il risultato di precise evoluzioni di certe popolazioni umane. In psichiatria è ancora più evidente, basti pensare alle fobie quasi sempre rivolte ad elementi naturali come il buio o alcuni animali. Capire la dinamica evolutiva dietro a certe manifestazioni mentali può aiutare a curarle o a renderle meno debilitanti.

Ferrari.000EVOLUZIONE, UNA SPIEGAZIONE – Ma cos’è di preciso la teoria dell’evoluzione? Lo ha ben spiegato Marco Ferrari, caposervizio scienza di Focus.
Innanzitutto precisa in che senso si dice ‘teoria’:”Posso dire che secondo me Kennedy è stato ucciso dagli Illuminati in combutta coi rettiliani mediante le scie chimiche. Nel nostro linguaggio quotidiano questa storiella sarebbe detta teoria, anche se priva di qualsiasi dato reale. Per uno scienziato invece una teoria è un modello o un insieme di modelli che spiegano i dati osservativi a disposizione e che offrono modelli predittivi che possono essere verificati. Una teoria scientifica, come quella dell’evoluzione, ha sempre solide basi scientifiche”.
Vengono poi demolite molte inesattezze e luoghi comuni: l’evoluzione non è avvenuta solo in passato (si pensi al problema dei superbatteri), l’evoluzione non è del tutto casuale (lo è la mutazione, ma non la selezione naturale della mutazione più adatta) e soprattutto l’evoluzione non ha nessuno scopo, nessuna fine e nessun apice. La classica immagine che dallo scimpanzé arriva all’uomo è sbagliata per Ferrari, come pure quella dell’albero con alla base i batteri e nei rami più alti l’uomo, i mammiferi e gli uccelli. Concetti di ‘imperfetto’ e ‘perfetto’ sono estranei alla teoria dell’evoluzione e quindi non esiste alcuna corsa alla perfezione che culmini nell’Homo sapiens o in qualunque altra specie oggi esistente. L’evoluzione è un’eterna sequenza di mutamenti casuali e selezione naturale totalmente incentrata sul presente, selezionando organismi via via più adatti (senza mai essere perfetti) per un dato ambiente naturale, non per tutti e tutte le epoche. Non è facile accettare la totale amoralità dell’evoluzione, proprio perché il nostro cervello si è evoluto, appunto, per trovare rapporti di causa-effetto.

Lo sa bene Marco Vannini dell’Università di Firenze, autore di una ricerca sulla presenza (o l’assenza) di Darwin nei libri di testo di scienze naturali della scuola italiana. Tra Otto e Novecento anche in Italia, come nel resto d’Europa, si assiste alla diatriba tra chi rifiuta la teoria dell’evoluzione, e la conseguente equiparazione dell’uomo con gli altri animali, e chi invece ne è entusiasta, a volte tanto da farla degenerare in teorie sociali o razziali di vario genere; in questo periodo circa il 40% dei libri di testo riporta accenni alle teorie di Darwin, a volte curiosamente senza citare il naturalista.  Il vero buco nero del darwinismo nelle scuole italiane si crea col fascismo, specie dopo il Concordato del 1929 con la Chiesa, ferma avversaria delle teorie darwiniane. La teoria dell’evoluzione sparì dai libri di testo e addirittura Vannini riferisce di segnalazioni per ‘attività sovversive’ ai danni di chi ancora la promuoveva. L’onda lunga della censura fascista durò fino alla rivoluzione culturale del Sessantotto: da allora il darwinismo è pienamente accettato dalla cultura italiana e riportato dalla totalità dei libri di testo.

 IL CONTRIBUTO DELL’UNIPR – L’Unipr è stata rappresentata dalla dottoressa Cristina Castracani e dal professor Renato Bruni. School.of.AntsCastracani ha esposto il fenomeno della ‘citizen science‘, ovvero il contributo che i comuni cittadini possono dare alla ricerca. Uno studio scientifico richiede una grande mole di dati da esaminare e spesso i ricercatori non hanno né tempo né risorse per la raccolta su vasta scala. Su questo punto possono intervenire i cittadini: seguendo attentamente le istruzioni fornite dagli scienziati, chiunque può collaborare alla raccolta dei dati da inviare poi alle Università per essere esaminati. Un progetto di ‘citizen science’ portato avanti dall’Università di Parma è ‘School of ants – A scuola con le formiche’. Si è chiesto ai parmigiani di raccogliere e catalogare le formiche che erano rinvenute nelle loro case, per capire quali specie e in che quantità convivessero con l’uomo. La risposta della cittadinanza è stata entusiasta, con migliaia di adesioni e campionamenti, tanto che adesso il progetto è stato rivolto specificatamente alle scuole elementari con un’ulteriore passo avanti: i bambini delle scuole primarie di Parma dovranno per tutto l’anno scolastico studiare il comportamento di un formicaio di classe, annotando per esempio il livello di attività degli insetti in relazione alla temperatura e all’umidità.
Il botanico Bruni ha invece mostrato come la scienza dei materiali moderna debba moltissimo alle piante. Anche qui, come nel caso della robotica, lo studio delle soluzioni evolute dalle piante per rispondere a certi problemi è stato vincente. Studiando la pianta acquatica Salvinia molesta si è scoperto come riesca a non far aderire le alghe alle sue foglie e ora è in studio un materiale che possa essere applicato alle navi per ovviare al medesimo problema. Ancora più importante è il principio della ‘blu economy‘: prendendo ad esempio come le piante non espellano rifiuti ma riutilizzino i prodotti di scarto della fotosintesi, si sta cercando di creare distretti industriali dove ogni industria utilizzi i rifiuti prodotti dalle altre. Un esperimento in questo senso è portato avanti ad Aalborg, in Danimarca.

 

di Andrea Prandini

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