Guarire: il percorso di diagnosi e cure antitumorali per adulti e bambini

LE TERAPIE, LE STRUTTURE SANITARIE, IL DISAGIO E LA SPERANZA

images5Scoprire di avere un tumore è l’inizio di un percorso che ha implicazioni umane profondissime. Si stima che nel nostro Paese vi siano nel corso dell’anno circa 363.000 nuove diagnosi di tumore, quasi 1.000 al giorno, esclusi i tumori della pelle. A essere colpiti sono più gli uomini (54%) che le donne (46%). Sono dati, aggiornati al 1° gennaio 2016, forniti dall’Airtum l’Associazione italiana registro tumori.
La diagnosi ufficiale, che spesso arriva dopo dubbi atroci, notti insonni e accertamenti più o meno invasivi, è affidata al medico radiologo specialista e al patologo. A questo punto al medico che accerta la malattia spetta l’onere di comunicarlo all’ammalato e “deve saperlo dire”, afferma il biologo Enzo Molina, presidente della Lilt, la Lega italiana per la lotta contro i tumori che dal 1940 opera a Parma e in tutta la sua provincia con 32 ambulatori. In prima linea, a fianco delle donne che lottano contro il cancro alla mammella, è attiva soprattutto nel campo della prevenzione: nel 2015 ha effettuato 8485 visite di diagnosi precoce di cui 5159 al seno e 40 a esito positivo. “Noi siamo la frontiera: visitiamo persone sane, individui che hanno a cuore il loro stato di salute e fanno prevenzione. In caso di positività consigliamo di riferirsi subito al sistema sanitario: è solo in questa sede che verranno fatti tutti gli accertamenti sufficienti e necessari per una diagnosi definitiva.” Oggi affrontare un tumore vuol dire con buona probabilità affrontare una ‘malattia’ quindi qualcosa di curabile: “Il tumore al seno, se diagnosticato precocemente, è considerato ormai una malattia curabile da cui si può guarire con percentuali che toccano il 95%” aggiunge Molina.

images4GUARIRE – Anche se  un tumore è classificato ormai come curabile e guaribile, il periodo in cui il malato si sottopone alle terapie è caratterizzato dalle sofferenze causate dagli effetti collaterali delle chemioterapie: si tratta di un percorso estremamente difficile per qualsiasi individuo anche se, secondo Molina, le donne sopportano meglio: “Durante la chemioterapia o comunque durante tutto il cammino verso la guarigione, l’intera vita del paziente è sconvolta, e questo porta a delle modificazioni comportamentali che investono tutte le relazioni affettive. Le donne in chemio che curano il cancro alla mammella sono colpite nella loro femminilità: il seno, più dell’utero, è per la donna il carattere sessuale fondamentale. Più della perdita dei capelli, del malessere e del disagio che accompagna il ciclo terapeutico, l’intervento chirurgico al seno è vissuto come una mutilazione. In genere, comunque, hanno una reazione molto forte e lottano con tutta la loro forza; d’altra parte sono le depositarie della vita.”
Al di là dello stato di ansia che inevitabilmente accompagna l’inizio di un ciclo terapeutico, la chemioterapia può salvare la vita del malato oncologico perché utilizza farmaci capaci di distruggere le cellule del tumore che proliferano attivamente. Tuttavia è la causa principale di preoccupazione per via dei suoi spesso numerosi effetti collaterali: stanchezza, disturbi digestivi, infiammazione delle mucose, perdita dei capelli, disturbi alla pelle, alterazioni nervose, danneggiamenti ad altri organi, conseguenze su sessualità e fertilità. Anche se, va detto, oggi sono disponili farmaci sempre meno tossici e trattamenti in grado di contrastarne comunque gli effetti collaterali. La prevenzione rimane comunque fondamentale: “Il disagio aumenta, quanto più è tardiva la diagnosi, ecco perché insistiamo tanto sull’argomento” aggiunge Molina.

images2Il professor Francesco Leonardi, direttore facente funzioni dell’Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma è il dirigente di una struttura di eccellenza a livello nazionale. Il suo reparto ha una storia molto antica e prestigiosa legata al nome del professor Cocconi, fondatore dell’oncologia medica nella nostra città verso la metà degli anni ’70, quando a livello nazionale questa era ancora di tipo esclusivamente chirurgico. L’intuito illuminato del professore capì già a quel tempo che le neoplasie andavano trattate nell’ambito di una rete di competenze altamente specializzate. “Da allora è rimasta una struttura estremamente complessa fatta di ambulatori, posti letto, poltrone, ma anche di laboratori sofisticati e all’avanguardia; di nuclei di epidemiologia genetica, counseling eredo familiare, diagnostica interventistica e ricerca internazionale e, non meno importante, di assistenza domiciliare e supporto piscologico; in intesi  più vicina a un istituto di ricerca che a un semplice reparto: non ci possiamo permettere di scindere il concetto di assistenza da quello di ricerca.”
Per quanto riguarda la terapia, “il discorso è complesso. I trattamenti si suddividono in quelli di breve durata, in genere non superiore ai sei mesi che servono ad aumentare l’efficacia dell’intervento chirurgico nei tumori limitati e localizzati nella zona di origine; e in trattamenti che si fanno nei casi in cui la malattia è avanzata, qui i cicli possono arrivare a durare più a lungo, anche degli anni, in base alle necessità.
Le cose sono molto cambiate negli ultimi anni. All’inizio i farmaci erano pochi e tossici perché non erano in grado di selezionare le cellule sane da quelle malate. Oggi per fortuna i farmaci disponibili sono molto meglio tollerati. L’obiettivo di noi oncologi è quello di ottenere farmaci sempre meno tossici e di poter integrare questi con altri che servano a contrastare gli effetti collaterali mirando a migliorare la qualità della vita. Ma soprattutto avere sempre più farmaci mirati verso le alterazioni cellulari, specifici delle cellule tumorali in modo da consentire terapie più specifiche e meglio tollerate. Infatti, il tumore – prosegue – non è una malattia ma un gruppo di malattie e molto diverse tra di loro. In alcuni tipi di cancro sono stati fatti passi da gigante; si tratta di neoplasie dove, anche se in stato avanzato, grazie ai trattamenti integrati, è possibile la guarigione. Le cose stanno cambiando anche perché si lavora sempre di più gomito a gomito: radiologi, chirurghi, radioterapisti. E per quanto riguarda il futuro, possiamo permetterci di essere molto più ottimisti; non siamo ancora arrivati alla perfezione ma siamo convinti che è solo questione di tempo”.

images1QUANDO SI AMMALANO I BAMBINI – Poi ci sono i bambini. Patrizia Bertolini è la direttrice facente funzioni della pediatria e oncoematologia pediatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Nel suo reparto vengono curati piccoli pazienti a cui sono state diagnosticate malattie sia ematologiche che oncoematolgiche. In totale vengono accolti circa 25 – 30 nuovi casi all’anno di diagnosi oncologiche. I pazienti provengono soprattutto dalla città di Parma, ma anche da Reggio, da Piacenza, bassa cremonese e zone limitrofe. “Nella nostra struttura approfondiamo le diagnosi e organizziamo il trattamento che prevede, a seconda dell’esigenza, chemioterapie, radio e anche interventi chirurgici”.
Spesso ci si chiede come i bambini sopportino la chemio e come reagiscano a sollecitazioni emotive così forti: “I bambini sopportano molto meglio degli adulti perché non hanno patologie di base essendo soggetti giovani, e questo ci permette di aumentare l’intensità del trattamento”. Le implicazioni emotive e sentimentali che nascono quando si ha a che fare con i bambini sono molto forti. Gli operatori sanitari devono affrontare tutta una serie di problematiche aggiuntive atte a tutelate il minore nella sua integrità soprattutto psicologica: l’obiettivo è limitare al massimo gli effetti devastanti del trauma che può concretizzarsi alla sola vista di una sala operatoria, o a seguito degli effetti indesiderati della chemio o dell’inserimento di un catetere o di una vena che non si trova. “Una delle cose fondamentali per lavorare con i bambini è cercare di controllare il dolore. Per questo applichiamo degli accessi venosi centrali stabili: sono dei cateteri impiantati con un piccolo intervento chirurgico attraverso il quale facciamo prelievi e somministriamo farmaci; inoltre tutte le procedure dolorose sono praticate con l’aiuto di anestesisti.”
I bambini sono il centro della nostra vita e quando si ammalano, si ammala con loro tutta la famiglia. Anche questo è un fattore di cui si fa carico il personale sanitario: “Con le famiglie cerchiamo di lavorare in sinergia, cerchiamo una collaborazione attiva per creare un circolo virtuoso in cui tutti svolgono il loro compito. Anche quando i piccoli sono affidati temporaneamente alle loro cure, chiediamo ai genitori di tenerci informati su qualsiasi cosa; si tratta di situazioni ad alto rischio. Si cerca quella che viene definita ‘alleanza terapeutica’ tra famiglia e personale sanitario”.
Oggetto di molti studi è stato l’atteggiamento mentale che assume il bambino di fronte al trauma della malattia e della terapia. È stato notato come i bambini hanno la capacità, rispetto agli adulti, di recuperare molto più in velocemente: “Questa capacità deve essere assecondata, ecco perché cerchiamo di mantenere la loro condizione di bambini; per questo è importante il gioco e la continuità scolastica.” Sono infatti presenti in reparto insegnanti collegati all’istituto Ferrari di Parma che mantenendo i contatti con le scuole di provenienza di ogni bambino, s’informano sui loro programmi che vengono ripresi in ospedale.
Perchè non si smette di crescere mentre ci si cura, non si smette di vivere.

 

di Michele Panariello

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