Carmen Consoli: “Il bisogno urgente di cantare storie che chiedevano voce”

LA 'CANTANTESSA' PROTAGONISTA DEL CONCERTO DEL 25 APRILE IN PIAZZA GARIBALDI

 

cc..Il tradizionale concerto del 25 aprile, all’interno del programma per le celebrazioni del 71esimo anniversario della Liberazione a Parma, vedrà Carmen Consoli protagonista sul palco di piazza Garibaldi. Con ‘L’abitudine di tornare’, ottavo album in studio pubblicato a gennaio 2015, la ‘cantantessa’ è tornata sulle scene dopo 5 anni di silenzio. Una pausa artistica che ha dedicato alla vita privata e alla nascita di suo figlio Carlo Giuseppe. Quasi un secondo debutto “rapido e urgente” che pone il pubblico a tu per tu con un’artista capace di riflettere su temi forti, spesso drammaticamente attuali, tramite il linguaggio della propria musica e uno sguardo nuovo, ma sempre ‘fedele a se stessa’.

Torni a Parma per il concerto del 25 aprile che ti aveva già vista protagonista nel 2010. Come ti hanno cambiata questi 5 anni di assenza dalle scene? Che ‘cantantessa’ troverà il pubblico sul palco?

“Sono accadute tantissime cose in questi 5 anni; in primo luogo sono diventata mamma, e questa è l’Esperienza che ti cambia forse più d’ogni altra lo sguardo sul mondo. Ho prodotto, inoltre, alcuni musicisti e progetti musicali per la mia etichetta – la Narciso Records; in particolare Luca Madonia – che è stato un mito della mia formazione musicale – e le Malmaritate….e poi è arrivato questo disco, rapido e urgente, voleva esser scritto qui ed ora, ha in sé storie quotidiane spesso dolorose che chiedevano voce.”

Qual è per te il valore della Liberazione?

“E’ il valore della Storia, contro i revisionismi strumentali. E’ il rispetto per chi per i valori della Libertà è stato disposto a combattere e morire.”

Da sempre, e oggi ancor di più, i tuoi testi affrontano temi impegnati che ti vedono in prima linea anche nella vita come ambasciatore Unicef e per la lotta alla violenza sulle donne. Nel tuo ultimo album “L’abitudine di tornare” canti il femminicidio, l’amore omosessuale, le tragedie dei migranti: che ruolo e che responsabilità ha la musica nel raccontare queste realtà?

“Non credo che la musica abbia una ‘responsabilità’ particolare, ognuno di noi, come cittadino, come abitante di questa terra, come persona tra le persone, come parte della comunità umana, ha il dovere morale di riflettere sui grandi temi e le grandi domande che il nostro Presente ci pone. E ognuno dovrebbe confrontarsi con gli altri per arrivare ad analisi condivise. La musica è uno dei linguaggi possibili nei quali fare queste riflessioni, ed è il mio linguaggio. Può essere un megafono, perché è ascoltata e condivisa da tanti, ma non deve trasformarsi in pulpito, perché il pensiero d’un cantante non vale di più di quello di chiunque altro e non bisognerebbe mai approfittare della notorietà per far sovrastare la propria voce su quella degli altri, sia pure per gli scopi e con gli intenti più nobili.”

Carmen ConsoliQuest’anno ricorre il 70° anniversario della conquista del voto per le donne. Le donne di oggi hanno tenuto fede a quella lotta o hanno un po’ tradito quei valori?

“Non credo si possa parlare di ‘tradimento’: sono trascorsi 70 anni e il mondo è cambiato, le donne sono cambiate nel mondo. Credo ci sia ancora molta strada da fare nella consapevolezza e nella quotidianità d’ognuno rispetto alla questione della parità di genere, anche nel ‘mondo occidentale’. Ma non parlerei di tradimento. Ovviamente tutt’altro discorso andrebbe fatto per le culture che ancora non riconoscono né la parità, né il diritto alla libertà di pensiero e parola, ma neanche la dignità delle donne.”

La Sicilia è molto spesso presente nei tuoi testi, dalle “26 canzoni per Peppino impastato” ai brani in dialetto. Che rapporto hai con la tua terra? Cosa pensi dei luoghi comuni che le vengono associati?

“La Sicilia è una terra con una grandissima storia, antica e nobile. E’ una terra di accoglienza e lo è stata nei secoli. Sento la forza del vulcano, la seduzione delle zagare, la quiete del mare e la mia terra non smette mai di incantarmi e nutrirmi. La mafia però non è un luogo comune, è una ferita, un male da combattere. Lo stiamo facendo, non è ancora una guerra vinta, ma  abbiamo vinto già molte battaglie, sono fiduciosa.”

Ai tuoi esordi la gavetta per chi voleva emergere era forse più dura di oggi? Cosa pensi dei talent show musicali che spopolano in TV?

“Nonono, la gavetta ora sarebbe da considerarsi un privilegio: noi potevamo iniziare e sbagliare, tentare, crescere. Esistevano piccoli locali dove farsi le ossa, le case discografiche investivano nei vivai, tenendo lì i giovani musicisti, a maturare senza costringerci a gettarci in progetti troppo grandi per i quali non eravamo ancora pronti. Tutto questo non esiste più, niente più localini, niente più vivai, persino le case discografiche sono decimate nel numero e nello staff. Ora i ragazzi hanno quasi esclusivamente i talent per farsi conoscere, ma i talent sono una forca, una prova durissima per un emergente, per chi – sino al giorno prima – ha cantato e suonato soltanto nel garage di casa…”

 

di Francesca Iannello

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*