Dove si combatte il dolore: viaggio nel Pronto soccorso di Parma

STORIE DI MEDICI, INFERMIERI, PAZIENTI IN LOTTA CON L'EMERGENZA

EC1864-001Tic toc. Il tempo scorre. E in un pronto soccorso ha almeno due direzioni. Si srotola e si riavvolge. Si allarga nell’esterna tranquillità della grigia struttura, si accorcia nella scelta dei codici colore. La tempestività delle decisioni, assieme all’appropriatezza, fa la differenza. Come quelle che sono state prese per i 110.474 accessi nel 2015 al Pronto Soccorso di Parma. Di questi, circa il 3,6% sono stati codici rossi. Sul totale, il 19,4 % dei casi riguardava minori di 12 anni, seguito dalla fascia 41-50 anni (12.4%). Inoltre, “tra le cause di accesso al PS sono le malattie a registrare la percentuale più elevata: 67% dei casi” spiega Gianfranco Cervellin, primario del Pronto soccorso e medicina d’urgenza dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. “Elasticità è la parola d’ordine, assieme alla rapidità. Che non bisogna confondere con la fretta”.

 

QUEI POCHI MINUTI – L’intera unità operativa, composta dal Pronto soccorso, dalla sezione di Osservazione Breve Intensiva (OBI) e dal reparto di Medicina urgenza, è organizzata per gestire l’emergenza. Un concetto che ne mescola altri due, da non confondere: gravità e priorità. Per gravità si intende il pericolo di vita del paziente, mentre per priorità si intende la necessità di intervenire rapidamente”, precisa il primario.
Il classico esempio di elevata priorità e bassa gravità è rappresentato dalla colica renale: “Alta priorità, per lo stato di sofferenza del paziente, ma bassa gravità. Tipicamente viene assegnato un codice giallo” semplifica Cervellin. All’estremo opposto si collaca un paziente con problemi digestivi che durano da molte settimane. Anche se le indagini dovessero portare ad una diagnosi di cancro del pancreas, la priorità di questo paziente è molto bassa (qualche ora non ne cambierebbe il destino), ma la gravità è estrema. Esempi ai due estremi, nel mezzo c’è la casistica più varia.

Il ‘punto di partenza’ del pronto soccorso è la camera calda, l’ambiente dove arrivano le ambulanze. Il paziente viene poi preso in carico dal triage, un’area di transito composta da quattro locali comunicanti dove degli infermieri professionisti e specializzati forniscono una prima valutazione del paziente. In quei pochi minuti viene stabilito il codice colore in base alla priorità, e la relativa destinazione ai medici assegnati alle diverse aree a seconda dei livelli di criticità. Le destinazioni possibili sono gli ambulatori (due di pronto soccorso e uno di ortopedia), i due emicicli di criticità intermedia, l’area ad alta criticità codici rossi. Esistono poi altre aree funzionali dove vengono messi i pazienti in attesa che si liberi un posto letto o di ulteriori esami. 101220869_orig
I casi più complicati da gestire ? “Il paradigma della complessità è il trauma grave, come ad esempio un incidente stradale, perché è necessaria la contemporanea presenza di più specialisti, talvolta 7-8 medici per un paziente. Sono situazioni che richiedono un approccio multispecialistico, non solo da parte del medico del pronto soccorso” .

 

UN AMBIENTE DIFFICILE –In queste situazioni, non mancano alcune difficoltà che richiedono una rapida soluzione. Uno di questi è senz’altro il sovraffollamento degli ambienti. Talvolta si arriva alla momentanea carenza di barelle disponibili “e in questi casi si applica elasticità rivalutando i pazienti che sono in grado di potersi sedere” spiega Cervellin.

Nei casi di grandi eventi, denominati ‘maxiemergenze’, esistono “dei piani prestabiliti che riguardano vari ambiti, dal 118 alla Rianimazione fino alla Direzione sanitaria, che prevedono di cercare di liberare al più presto posti letto, l’attivazione di aree/polmone, la presenza del materiale necessario”. Nelle situazioni di maxiemergenza si genera un rischio di non riuscire a offrire il trattamento migliore a tutti i pazienti. “Nonostante possa risultare problematico per i sanitari presenti gestire decine di pazienti in poco tempo – afferma Maria Mannarino, coordinatrice infermieristica – tuttavia gli infermieri sono estremamente bravi a dare le giuste priorità”. Perchè l’emergenza non conosce attese: “Un esempio? Cinquanta cinesi giunti contemporaneamente con un pullman per intossicazione alimentare con il reparto già pieno” racconta Cervellin.

Altra difficoltà, e non di poco conto, è l’interazione con gli stranieri, che rappresentano circa il 13% degli accessi: “Non ci sono grossi problemi di comunicazione, almeno francese o inglese lo parliamo tutti – racconta Mannarino -. Sono perlopiù i problemi culturali e religiosi: dal velo delle donne musulmane per poterle identificare, alla donna incinta con un laccetto al polso per avere la protezione degli spiriti per il suo bambino, agli uomini che non vogliono che sia una donna a gestire il problema“.
Un aspetto pittoresco degli stranieri sono le due diagnosi di gravidanza inaspettata circa alla settimana, ovvero una diagnosi di gravidanza formulata occasionalmente, in donne che sono giunte al pronto soccorso per tutt’altre problematiche..

Con il tempo che fugge, nulla può essere più pesante di un errore umano. “Può capitare di sbagliarsi sulla valutazione del problema: dal triage al processo assistenziale alla valutazione del paziente. Ma chiunque faccia questo mestiere e racconti che nel suo reparto non si sbaglia mai dice una colossale stupidata. Quando ci si accorge dell’errore in tempi ragionevoli, si può correggere.”
Una cosa è senz’altro chiara: “Non si sa quando hai momenti di tranquillità.” I turni sono intensi, ed al carico organizzativo e fisico si aggiunge anche quello emotivo.

 

EMPATIA – Il pronto soccorso enfatizza molto l’abilità di comunicazione. Si deve quindi necessariamente cercare di coniugare l’aspetto professionale con i sentimenti di umanità che inevitabilmente emergono.

Esistono momenti inusuali, “come la presenza alla sera di barboni che ci vengono a trovare perchè affezionati “, racconta la caposala.pronto soccorso parma
E poi, purtroppo, non mancano le tragedie: “Una persona molto giovane è deceduta improvvisamente: i familiari erano distrutti. Non siamo riusciti a confortarli perché era talmente forte lo stato d’animo suscitato in quel momento che abbiamo pianto assieme a loro. Alla morte non ci si abitua; a quella di un giovane men che meno”. Ecco perché nella struttura c’è un piccolo ambiente per ospitare dignitosamente la salma di chi non ce l’ha fatta. I bambini poi mandano in crisi, data la loro fragilità ed innocenza.

Ma il tempo delle parole, in questo luogo, scade in fretta. Nonostante ritmi veloci e condizioni psicologiche intense, c’è stato comunque tempo. Tempo per comprendere come funzioni un’organizzazione ad altissima responsabilità. Tempo per raccontare storie di eroi silenziosi. Tempo di incontrare una ragazza aspirante infermiera che lapidaria afferma: “O ti piace questo compito o te ne vai da un’altra parte”. Al pronto soccorso non si ha tempo da perdere.

 

di Jacopo Orlo

 

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