Sara Loreni e quella passione sopita per anni: “Cantare è un’esigenza, un modo per raccontare la vita”

LA CANTANTE FIDENTINA, A UN ANNO DALL'ALBUM D'ESORDIO, RACCONTA SOGNI, ASPIRAZIONI MUSICALI E QUEL FATIDICO RIFIUTO AD X FACTOR

Sara Loreni, classe 1985, è diplomata al conservatorio di Parma in canto didattico e pianoforte, fa parte del coro del Teatro Regio (dove è anche istruttrice delle voci bianche) e del Teatro alla Scala ed è componente della Compagnia del Piccolo Teatro Instabile. Compare sulle scene televisive per la prima volta alla nona edizione di X-Factor, nel 2015. In seguito al rifiuto della sedia offertagli da Elio per lasciare il posto al collega Marco Sbarbati, esce ‘Dovresti alzare il volume’, primo singolo del suo album d’esordio ‘Mentha’. Ma i progetti di Sara non sono ancora finiti.

Nata a Parma, hai avuto da subito la fortuna di respirare musica e il tuo è stato quasi un imprinting. Cosa ti ha fatto capire che sarebbe stata la tua strada?

E’ stata un’esigenza, legata a me o comunque a ciò che ascoltavo da piccola: mia madre cantava sempre e mio fratello, che ha undici anni in più, mi ha sempre fatto ascoltare tanta musica. Ho cominciato molto piccola con le prime registrazioni, avevo circa tre anni, ma non essendo figlia d’arte e non avendo dei genitori con una particolare sensibilità (nel senso che non hanno captato subito la mia passione per la musica), invece di studiare in un conservatorio, sono entrata nel coro di Fidenza. Ma ovviamente non era quella la musica che mi piaceva e quindi ho lasciato quasi subito. Poi ho cominciato con l’equitazione Sara-Lorenie per 15 anni ho fatto solo quello. La passione per la musica però è rimasta sempre lì, sopita in qualche angolino dentro di me. E me ne sono accorta una volta mentre ero in Belgio per delle gare di equitazione: ricordo che ero su una terrazza e ho visto un gruppo di anatre migrare. Mi sono detta che forse anche io sarei dovuta tornare a casa e fare qualcosa di diverso. Tornata in Italia ho così cominciato a prendere lezioni di canto, ho fondato il mio primo gruppo nel 2009, ‘Sara Loreni & Il Battello Ebbro’e da lì ho cominciato il mio percorso ascoltando di tutto: dal metal come Alice in Chains, ai Pantera e Janis Joplin, di cui tra l’altro facevo cover, passando per il jazz. Poi i miei gusti sono un po’ cambiati, avvicinandomi di più alla musica elettronica.”

Dopo la tempesta mediatica dovuta al tuo rifiuto di partecipare a X-Factor, in un’intervista hai dichiarato che nonostante tutto quello resta uno show televisivo. Credi che non sia effettivamente una vetrina per i nuovi talenti o comunque artisti emergenti? 

“Si, sicuramente lo è, ma rimane soprattutto un programma televisivo. Diciamo che la musica è una delle parti che creano lo show, ma anche tutto l’aspetto scenico e altre questioni extra musicali hanno un peso determinante. Di sicuro resta un’ottima possibilità per farsi conoscere dal pubblico, perché effettivamente è molto seguito. Io ho partecipato al talent un po’ per gioco e per mettermi alla prova. Il ragazzo a cui ho lasciato il posto, Marco Sbarbati, ci teneva tantissimo, era molto determinato. Quando sono arrivata lì non mi sentivo a mio agio, ero in ansia, mi sentivo quasi oppressa, non ero felice. Non ho percepito nessun sussulto, nessuna soddisfazione né entusiasmo quando mi hanno detto che avrei passato il turno. E nemmeno quando Elio era disposto ad offrirmi una sedia. Anzi, sentivo come una sorta di vocina dentro di me che mi bloccava. Il giorno dell’esibizione non ho fatto una performance come avrei voluto, l’attesa di parecchie ore e altri fattori non mi hanno aiutata, quindi ho cominciato a risentirne un po’”.

A prescindere dai talent, quanto è difficile la strada per un artista emergente? Qual è secondo te il miglior modo per farsi conoscere?

“La strada è molto difficile, perché nonostante ci sia la possibilità con internet di arrivare in maniera molto semplice a tutti, non è facile trovare qualcosa che sia effettivamente interessante e condiviso. Secondo me quello che ripaga è avere una propria visione delle cose e uno stile che sia personale: è una bella sfida, non è semplice. Ci sono certe tipologie di cantanti che puntano sullo stupore e che poi si rivelano dei fuochi di paglia.”

In un’altra intervista hai detto che sei interessata a ciò che la musica fa di te più che a fare musica. Ad oggi come sei diventata dopo lo studio, i premi e l’esperienza di X-Factor?

“Rispetto a un percorso lavorativo normale, la musica mi sta permettendo di fare una serie di ricerche in vari ambiti: ad sara-loreni-xfactoresempio su storie di donne che voglio raccontare, ricerche legate al corpo o una serie di attività che trovo strettamente connesse alla musica e che non avrei avuto modo di approfondire altrimenti. Mi interessava fare musica nel momento in cui avessi avuto veramente delle esperienze da essere umano da raccontare. Secondo me è la vita che deve influenzare la musica e non il contrario. Se non riesci ad esprimere cosa provi o cosa hai provato in un determinato momento della tua vita, scrivere e comporre sarebbe difficile, soprattutto senza un tocco di personalità.”

Dal tuo album d’esordio ‘Mentha’, il brano ‘Vien Tois’ sembra ricordare un po’ Franoise Hardy con un pizzico di Edith Piaf in chiave elettronica. Quali sono state le esperienze musicali o comunque i generi che ti hanno maggiormente influenzata? 

“Devo dire che c’è stato un periodo di esplorazione musicale in cui mi ero appassionata ai cantautori francesi, soprattutto degli anni ’40 e ’60 come  Juliette Greco. Nel momento in cui ascolti tanto un artista, in qualche modo ciò viene fuori inconsciamente quando componi. ‘Vien Tois’ nasce dal desiderio di produrre qualcosa in francese. Chiaramente non volevo che fosse un brano classico, quindi dovevo cercare di renderlo il più possibile attuale, in commistione con quello che è il mio stile e la contemporaneità. L’elettronica la uso molto, quindi volevo che fosse anche un’unione di queste due anime. In arte mi è sempre piaciuta la contraddizione: colori e accostamenti che non avrei mai immaginato di mettere insieme. Così in musica, infatti sogno un progetto come un’unione tra musica elettronica e quartetto d’archi. Sarebbe davvero molto suggestivo!”

Il tuo sound ricorda un po’ quello di artisti italiani come Levante, ma per altri versi sei riuscita a creare qualcosa di nuovo. Quanto riesci a non farti influenzare dal panorama musicale che ti circonda rimanendo sempre te stessa?

“Personalmente non ascolto molto le ultime uscite musicali, anche se questa cosa mi è sempre stata rimproverata da un amico. Solitamente tendo a fare indigestione: quando mi piace un particolare tipo di musica o di cantante lo ascolto per giorni e mesi. Ci sono artisti che hanno influenzato il mio lavoro, ma non sono italiani. Ascolto molto vecchie glorie come Paolo Conte e Battiato, ma mi ispiro ad artiste americane e inglesi del tipo St. Vincent. ‘Mentha’ è in realtà un disco pop con sonorità non molto sentite da noi, nonostante mantenga la struttura della canzone italiana e cioè strafa- ritornello- strofa. Mi è sempre piaciuta una cosa in generale delle artiste americane e non, cioè caratterizzare un pezzo. A volte bastano due note e capisci immediatamente ad orecchio di chi si tratta. Il mio obiettivo è fare sara loreni. menthacose semplici ma che siano fresche, con quel qualcosa di nuovo che faccia dire ‘caspita, ma che sta succedendo?'”

Cosa ha segnato il tuo debutto sulle scene musicali nazionali?

“Il mio primo riconoscimento importante è stato nel 2010 quando, con la band che avevo, abbiamo vinto il premio ‘Ciampi’ legato al cantautorato italiano. Insieme al ‘Premio Tenco’ è davvero importante a livello nazionale. E’ stato bellissimo, quasi traumatizzante: ho sempre cantato su palchi gestibili, ma quello era davvero grande, il premio veniva consegnato al Teatro Goldoni di Livorno, enorme. Sono arrivata a fare il sound check alle 14:30 e avevo la tachicardia. E’ stata davvero un’esperienza unica, ho addirittura fatto training autogeno prima di esibirmi.”

Attualmente Sara Loreni a cosa sta lavorando? Ti vedremo ancora con un nuovo tour o con l’uscita di un nuovo album?

“Io e il mio gruppo stiamo lavorando al nuovo disco, abbiamo cominciato a scrivere canzoni nuove. Dopo aver trascorso l’estate a far ricerche musicali, tra concerti e nuove scoperte, sto tirando le somme e scrivere. Poi comunque è anche più facile chiudersi in sé stessi in questo periodo, magari riflettere su episodi della propria vita. Ogni scossone emotivo è utile, è una sorta di terapia quasi catartica e che serve ad ‘empatizzare’ anche con il pubblico. Come accennavo prima, mi piacerebbe parlare in questo disco di più delle donne, sono affascinata dalle figure femminili forti e che hanno avuto storie importanti. Quando riproponi in musica la storia di qualcuno, c’è sempre e comunque una parte di te. E quella parte di te devi riuscire a farla arrivare a destinazione, al pubblico.”

di Francesca Iannello e Felicia Vinciguerra

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