Obiezione di coscienza, quando i diritti si scontrano

A QUASI 40 ANNI DALLA LEGGE, L'ABORTO IN ITALIA E' SPESSO UN SERVIZIO DI FATTO NEGATO

Obiettori di coscienzadi Federico Faraci |

C’è un dato relativo agli obiettori di coscienza tra il personale sanitario che dice che, in media, il 70% dei medici e degli infermieri del nostro Paese è obiettore. Il dato viene da fonti ufficiali del Ministero della Salute. La Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della Legge 194 invece parla di una media del 91,3%. Nonostante, cambiando la fonte, i numeri siano differenti, ciò che sembra certo è che in alcune aree del nostro Paese, anche ampie centinaia di chilometri, il 100% delle strutture sanitarie non permette di abortire e dunque di usufruire di un diritto tutelato dalla legge. E questo lo affermano i fatti. Al di là del personale orientamento sul dibattito, da anni ormai acceso, riguardo al diritto di un medico ginecologo di astenersi, salvo in caso di pericolo di vita, dall’operare un’interruzione volontaria di gravidanza (nonostante questa sia regolata dalla legge n° 194, introdotta il 22 maggio 1978 e corroborata da un referendum abrogativo popolare), ci si sente quasi in obbligo, in certi momenti, di fermarsi a riflettere su questioni così importanti, spesso però sepolte nell’indifferenza, a meno che non ci tocchino in prima persona.

L’ULTIMO CASO – Negli ultimi anni, infatti, diversi sono stati i decessi avvenuti in situazioni poco chiare, in seguito a tentativi di interruzioni di gravidanza che hanno visto il coinvolgimento di medici obiettori. L’ultimo caso, la morte di Valentina Milluzzo, avvenuta il 16 novembre scorso all’ospedale “Cannizzaro” di Catania, contestualmente alla perdita dei suoi due gemelli attesi da una fecondazione assistita. Triste che, come forse troppo spesso accade in Italia, a riportare attenzione sulla questione debbano essere delle tragedie. La Procura di Catania ha dichiarato che le cause della morte di Valentina non sono da imputare al fatto che i dodici medici presenti in reparto fossero tutti obiettori di coscienza, in quanto “non attinente al caso”. Medici che sono comunque indagati per reato ipotizzato di concorso in omicidio colposo plurimo, in attesa dell’esito dell’autopsia sulla donna di 32 anni, alla diciannovesima settimana di gravidanza al momento del decesso avvenuto a causa di una setticemia. Per i magistrati è in ogni modo indispensabile prendere visione della cartella clinica e dei controlli ai quali è stata sottoposta durante il ricovero e in particolare durante la crisi che ha preceduto la morte, a seguito di un aborto spontaneo. La giustizia farà il suo corso, chiarendo in via definitiva se le cure d’urgenza ricevute dalla donna siano state adeguate e se non ci sia un legame con l’obiezione di coscienza. Ma, ancora una volta, il tema rimane aperto.

Nel 1981 il ‘sì’ vinceva nel referendum abrogativo della legge che prima di allora impediva l’aborto, ma nel 2016 l’interruzione volontaria di gravidanza, in diverse aree del nostro Paese, non esiste. La Legge n°194 che regola la possibilità di abortire non è applicabile. E’ risaputo che, soprattutto nelle regioni con più alto tasso di ginecologi obiettori, la donne si vedono costrette al pendolarismo per raggiungere strutture sanitarie che permettano di abortire. Perché la libertà di un medico di non praticare un aborto deve ricadere sulla libertà di una donna? Quali sono le fondamenta di quel 70% di medici obiettori? Come è possibile che oggi ci sia una così alta percentuale di personale sanitario in disaccordo con l’opinione popolare del 1981? Probabilmente esiste un problema culturale, caratteristico di quel perbenismo ipocrita che esprime l’arretratezza della nostra società, se presa sotto tale punto di vista. Certamente complice del fenomeno è la forte presenza della chiesa cattolica, la cui posizione sull’aborto indotto è in tutti i casi di condanna. Ne sono risultato anche gli aborti clandestini, purtroppo ancora diffusi, mentre nel nostro Paese vige il diritto della donna di decidere di portare o meno a termine una gravidanza. Tale diritto non può essere ostacolato da un altro diritto, quello di essere un obiettore di coscienza.
Nell’ambito del servizio sanitario nazionale, lo Stato dovrebbe essere tenuto ad assicurare che l’Ivg si possa eseguire nelle varie strutture ospedaliere deputate, che vi sia la possibilità di accedere a tale servizio previsto dalla legge e quindi, qualora il personale sia costituito interamente da obiettori (come successo a Catania), supplire a tale carenza. Si invoca da anni un tetto al numero di obiettori ma nulla è ancora stato fatto.
Il Ministro Lorenzin dichiarava già a luglio 2016 che il problema degli obiettori di coscienza è solo una questione logistica. Se così è allora che venga risolta.

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