Un giorno insieme al Bardo: la Shakespeare Marathon

A TEATRO DUE E TEATRO REGIO UN'INTERA GIORNATA IN ONORE DEL POETA INGLESE

A quattrocento anni dalla scomparsa di William Shakespeare, il Teatro Due, il Teatro Regio di Parma e i Teatri di Reggio Emilia, legati nel ReggioParmaFestival, hanno deciso di celebrare le opere del bardo con una vera e propria maratona, “Shakespeare Marathon”: un mese di appuntamenti, in parte già trascorso e in parte ancora in programma, che sabato 19 novembre si è sviluppato in dodici ore di cinema, danza, teatro e poesia.

Shake3

THE WINTER’S TALE – Apre le danze al Teatro Due la proiezione di ‘The Winter’s Tale’, prima italiana in un teatro per una delle maggiori produzioni inglesi della scorsa stagione cinematografica che può vantare Sir Kenneth Branagh come regista e attore nel ruolo di Leonte e Dame Judi Dench per la parte di Paolina. La trama è quella tipica della tragedia Shakespeariana, intessuta di gelosia e livore: il pubblico segue la lenta quanto inarrestabile spirale folle del protagonista, Leonte, re di Sicilia, che inizia a vedere nell’amico fraterno Polissene, re di Boemia, una minaccia all’amore per sua moglie Ermione. Gli attori si susseguono sullo schermo con sapienza mentre Branagh torna alle sue origini teatrali con piacevoli sorprese: il suo personaggio si evolve lungo tutta l’opera, passando dal re padre vigoroso al regnate decaduto, debole e buio con una interpretazione sempre all’altezza.  Leonte è tormentato dal pensiero che i Polissene e Ermione possano essere amanti e, mentre le atmosfere calde delle stanze addobbate per le feste natalizie lasciano lo spazio a una scenografia sempre più tetra, il dubbio stravolge ogni certezza del re, che arriva perfino a dubitare della paternità del suo primo figlio Mamilio. Il ruolo di Paolina è manovrato dalla Dench con naturalezza, l’attrice schernisce il re in più di una occasione, lo scontro sul palco sembra quasi diventare fisico oltre che verbale, tanta è la ferocia nelle parole della donna. Il dramma si consuma nella prima parte dell’opera in un climax che lascia Laonte infine solo, rinsavito sì, ma troppo tardi per potersi sottrarre al destino. Nella seconda parte tornano le atmosfere calde di inizio spettacolo, la trama ha una svolta e piano piano tutto si predispone perché l’opera si concluda nel migliore dei modi, lasciando spazio alla commedia romantica. A questo punto sia la scenografia che le musiche e i balli acquisiscono maggiore importanza, lasciando vedere la compagnia impegnata in coreografie più complesse. Colpisce poi la figura un po’ arlecchina del venditore-cantastorie, personaggio dall’ambigua moralità interpretato con perizia che aggiunge una nota agrodolce allo spettacolo.  Il male come morbo comune denominatore di ogni essere umano, pronto ad essere scatenato anche da una banale svista nel più puro dei cuori, il tempo, il destino, la morte, sono tutti temi che ritornano in questa e nelle opere di Shakespeare, senza dimenticare lo spazio per qualche ingenua quanto inaspettata risata.

Shake2ENTR’ACTE/SONNETS DANCE –  Finito il film si ritorna verso la caffetteria, dove in un piccolo spazio, semplicemente adornato con una chaise longue ottocentesca e un tappeto, si sta per consumare una breve recita che vede Gonerilla, figlia del re Lear, dettare una lettera per sua sorella Regana a una dama di servizio. La principessa è interpretata da un uomo, fasciato in un nero tubino, truccato pesantemente e agghindato con un turbante. Ogni passo e gesto sono tesi, l’espressione tirata da un malcelato fastidio, che durante la dettatura più volte fa breccia nella compostezza artificiale della protagonista, lasciandola esplodere in una profusione di parole. La dama sembra subire la stessa sorte, coinvolta anche lei nello sfogo di Gonerilla, ma in fondo rimane semplice espediente per introdurre la scena. Dopo questa breve performace ci si sposta in uno spazio attiguo dove Michela Lucenti con il suo gruppo Balletto Civile ha creato, a partire dai sonetti di Shakespeare, una coreografia che mescolato poesia e linguaggio del corpo, ma anche danza e riferimenti ad una realtà cruda che troppo spesso non dà spazio alle emozioni; il tutto accompagnato dal suono di una viola, abilmente sfiorata da un ragazzo travestito da uomo ragno. Così i giovani ballerini e attori, hanno indagato e mostrato al pubblico il linguaggio delle sensazioni senza smettere di seguire un ritmo del verso, citando canzoni come ‘Quelli che Ben Pensano’ di Frankie Hi-Nrg e sentendo con passione e a volte lacrime e urla, l’intensità che solo Shakespeare riesce a trasmettere. Uno spettacolo moderno, quasi futuristico che però, forse, non ha dato al suo pubblico le giuste chiavi di lettura per comprenderlo appieno.

GRANDI POETI LEGGONO I SONETTI – Sono le ore 19.30. Dopo aver assistito all’entr’acte a sorpresa nella caffetteria, è il momento di recarsi nello Spazio Bignardi del Teatro Due. Il pubblico ha già preso posto, la scenografia è essenziale: un grande drappo rosso fa da sfondo, alcuni faretti di luce blu illuminano il parquet. Una piccola scrivania che ricorda tempi antichi e un leggio, pronto a diventare co-protagonista della scena. La locandina riporta: Grandi poeti leggono i sonettiNicola Crocetti (fondatore della Crocetti Editore che collabora al progetto) annuncia che ci saranno due grandi poeti inglesi ed una grande attrice a leggere, anzi ad interpretare i sonetti di Shakespeare, in lingua originale.Le luci si abbassano appena, come a voler creare un clima più intimo che perfettamente si sposa con quello che verrà letto. Il primo a salire sul palcoscenico è Jamie McKendrick: maestro del sonetto moderno e abilissimo traduttore di diverse opere italiane in inglese, rilegge Shakespeare in una chiave nuova, dimostrando una mirata attenzione a non invadere troppo gli spazi poetici del Bardo: d’altronde a volte la bellezza è talmente vicina alla perfezione che non occorre aggiungere nulla, basta solo goderne. Dopo di lui tocca a Siân Thomas della Royal Shakespeare Company la cui carriera d’attrice teatrale e al cinema, tra gli altri sul grande schermo in Harry Potter e l’Ordine della Fenice, le permette di recitare impeccabilmente i sonetti shakespiriani, creando un costante contatto visivo col pubblico e rendendolo in questo modo partecipe di ogni parola, ogni espressione. Arriva infine il momento di  Tony Harrison, traduttore di classici, drammaturgo, autore televisivo, corrispondente di guerra ma soprattutto poeta. Esiste una sottile differenza tra recitare dei versi ed interpretarli e il modo in cui le parole di Shakespeare passavano da quel foglio sul leggio agli occhi, alla voce e ai movimenti del moderno poeta inglese per arrivare fino al cuore di chi ascoltava, ne evinceva la passione totalizzante che ha immerso la sala in un sublime ed incantato silenzio. Dopo qualche minuto di applausi, i poeti McKendrick e Harrison, tornano poi sul palco per leggere alcune loro opere, il primo con sonetti moderni che tanto ricordano lo stile seicentesco nei modi e tanto sono attuali nei temi (dallo spazio ai vulcani, alle noia della routine); il secondo invece più tagliente, poesie più brevi, che hanno come filo conduttore la guerra, la sofferenza, l’incapacità di tornare alla vita dopo aver visto così tanta morte. “Shakespeare è sempre stato per me fonte d’ispirazione, non solo nella mia carriera da poeta ma come drammaturgo e come uomo. In un certo senso ci sta ancora aiutando con la sua opera a creare un mondo nuovo” dice Harrison, al termine dello spettacolo.

Shake1SHAKESPEARE SONNETS – La maratona shakespiriana continua ma cambia sfondo. Inizia alle ore 23 l’ultimo spettacolo della giornata al Ridotto del Teatro Regio: sala raffinata, atmosfera intima. Un pianoforte a coda è già sulla scena, come in attesa, quando entrano i protagonisti: Tommaso Ragno, attore italiano, a recitare i sonetti in lingua italiana; Cristina Zavalloni, soprano e compositrice italiana, a cantarli in lirica in lingua originale accompagnata al pianoforte dal maestro Andrea Rebaudengo. Le musiche sono del compositore italiano del Novecento Mario Castelnuovo-Tedesco, e il tutto si sussegue in modo perfettamente equilibrato: la voce di Ragno incanta gli spettatori mentre la prorompenza della voce della Zavalloni e della musica conducono in tempi lontani, passati, e Shakespeare sembra prendere il posto dell’amico raccontato nel sonetto 104, che mai potrà invecchiare e il cui ricordo resterà sempre così: bello e immobile nel tempo.

di Fiorella Di Cillo e Matteo Buonanno Seves

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*