Il referendum l’ha vinto la partecipazione popolare

UNO DEI REFERENDUM CON LA PIÙ ALTA AFFLUENZA DI SEMPRE

CYiKhZ0di Andrea Prandini |

Ancora più del risultato a favore del NO, dato sempre in vantaggio nell’ultimo mese anche se non così tanto, il dato interessante del referendum costituzionale è l’affluenza. La media nazionale dice 68%, con gli estremi del 77% del Veneto e il 54% della Calabria, che diventa il 65% contando anche i famigerati voti dall’estero, introdotti in modo massiccio però solo nel 2006. È un risultato straordinario: bisogna risalire al 1993 per trovare un referendum con un’affluenza superiore, cioè gli 8 quesiti dei Radicali su temi scottanti come il finanziamento pubblico ai partiti. E guardando tutti i referendum dell’Italia repubblicana, quello del 4 dicembre è ottavo  su ventidue totali, contando anche quelli storici come la scelta tra monarchia e repubblica,  e di gran lunga quello più partecipato dei tre referendum costituzionali dal 2001 ad oggi.

È un dato positivo in assoluto, aldilà del risultato. Se il referendum sulla Brexit di giugno aveva avuto un’affluenza alta, il 72%, drammatica era stata invece l’affluenza ai referendum in Ungheria sull’accettazione dei profughi e in Colombia sulla ratifica della pace tra governo e Farc, entrambi fermi al 40% circa. Erano temi popolari, che si riflettono immediatamente sulla vita dei cittadini, eppure la partecipazione era stata molto bassa. In entrambi i casi c’erano motivi particolari che favorivano l’astensione, ma il declino della partecipazione popolare a elezioni e referendum è un problema generale di tutto l’Occidente. In Italia dal 1987 ad oggi siamo passati dall’88% al 72%, parlando di elezioni politiche. In Francia nel 2012 l’Assemblée nationalela loro Camera dei Deputati, è stata votata soltanto da un elettore su due. Come si può parlare di vera democrazia rappresentativa se poi, nel concreto, è rappresentata solo metà della popolazione?

È vero che, parlando per estremi, un’elezione decisa da un singolo elettore sarebbe comunque valida. Evidentemente però non è un ragionamento applicabile alla realtà. Quasi mai chi non vota accetta placido che “l’assente ha sempre torto”. Quanti invece si chiamano fuori dal sistema di valori democratico-rappresentativo, di accettazione delle regole decise dai rappresentanti da loro votati, per vivere secondo sistemi di regole propri? Se non credi che le leggi fatte col sistema democratico ti proteggano abbastanza, per sopravvivere cominci a seguire regole tue decise da te e valide per te , in una progressiva anarchia dove è facile che si impongano regolamenti comuni alternativi a quello democratico, basati su valori diversi dalla rappresentanza democratica: criminalità organizzata ed estremismo religioso.

Non pecchiamo di ingenuità, ovvio: dietro l’affluenza di massa al referendum c’è stata poca partecipazione ragionata e coscienziosa alla politica (cioè l’arte di vivere nella polis, nella comunità). C’è stata molta invece ‘chiamata alle armi’ contro il nemico renziano/populista, a seconda degli schieramenti, in una campagna elettorale che ha privilegiato la demonizzazione del votante avverso, la paura della vittoria altrui, in un crescendo via via più disgustoso che ha sotterrato il dibattito sui contenuti della riforma. Ma è comunque un inizio. Entrambe le parti, vista la mancanza di quorum, si sono sgolate per portare al voto più gente possibile. Ci siamo almeno risparmiati, per ovvi motivi, la terribile campagna per spingere all’astensione, per allontanare la gente dalla politica, avvelenando le basi stesse della democrazia per un breve calcolo elettorale. Ci si augura che questo referendum sia l’inizio di, se non un’improbabile inversione di tendenza, quantomeno di una maggiore resistenza al fenomeno dell’abbandono della vita politica, che se proseguisse con l’attuale velocità sarebbe il più grave pericolo per la democrazia italiana ed europea.

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