Qui Berlino: “È stato un colpo al cuore, ma restiamo quelli di sempre”

LE TESTIMONIANZE DALLA CAPITALE TEDESCA DOPO L'ATTENTATO AI MERCATINI DI NATALE

berlin20bisBerlino, un colpo al cuore. È questa la prima impressione che si ha dopo aver fatto una veloce rassegna dei principali quotidiani europei: ‘strage’, ‘sangue’, ‘terrore’. Ancora una volta, ancora in Europa. La città multiculturale per eccellenza (‘multikulti’, come dicono loro) è stata attaccata dai miliziani dello Stato Islamico, senza fare distinzioni con quanto fatto finora. Questa volta si contano 12 morti e una cinquantina di feriti, per la maggior parte di nazionalità tedesca. Proprio lei, la città del Carnevale delle culture, dei quartieri multietnici di Kreuzberg e Neukölln, degli späti, piccole drogherie gestite per la maggior parte da arabi e mediorientali, che ogni notte si trasformano in centri di aggregazione sociale e culturale per i più giovani. Proprio lei, che da subito si è messa in prima fila per dare una mano concreta ai rifugiati e richiedenti asilo, donando abiti, giocattoli, medicine e cibo, senza chiedere nulla in cambio.

L’ORRORE! L’ORRORE! – “Ieri sera mi trovavo al Theater Haus der Berliner Festspiele, a un chilometro di distanza dal luogo dell’evento”, racconta Gloria Reményi, 27 anni, vicedirettrice del quotidiano online per italofoni più letto nella capitale, Berlino Magazine. “Lo spettacolo -continua- è iniziato alle 19.30, poi alle 20 si è verificato l’attentato. Nell’intervallo sono venuta a conoscenza del fatto dopo aver consultato il cellulare, che registrava molte chiamate e messaggi. Non tutti erano consapevoli di quello che stava accadendo, addirittura lo spettacolo non è stato interrotto. Non voglio dire per negligenza, forse perché ci trovavamo in un luogo chiuso e ci è voluto del tempo perché arrivasse la notizia. Però, quando ha iniziato a diffondersi, alcuni hanno avuto delle crisi di panico, molti si sono riversati fuori del teatro, piangendo, chiamando familiari e amici per rassicurarli o chiedere informazioni. Altri invece sono rimasti fino alla fine dello spettacolo”. Per motivi di lavoro, o meglio per deformazione professionale, Gloria si è recata sul posto per capire cosa stava succedendo realmente. “Ho lasciato il teatro e sono andata a piedi alla Gedächtniskirche. Le due strade Budapester Strasse e Kurfürstendamm erano e sono tutt’oggi parzialmente chiuse al traffico all’altezza del luogo dell’evento. Ieri sera -prosegue- c’erano ancora i veicoli dei soccorritori. L’atmosfera era abbastanza tetra, si vedevano le illuminazioni natalizie in pieno deserto. La gente ha seguito pedissequamente quello che i servizi dell’ordine hanno consigliato, ovvero di recarsi a casa, di non dar rilevanza a voci che non sono ancora state date per certe al cento per cento”. 

attentato-berlino camionIL GIORNO DOPO LA STRAGE – Questa mattina i berlinesi sono tornati sul luogo dell’accaduto, quasi a voler mostrare l’essenza della città: la libertà. “Alla Gedächtniskirche hanno acceso delle candele in memoria delle vittime e hanno lasciato dei fiori”, prosegue Gloria. Ma anche in una città come questa il colpo si è avvertito e, nonostante il suo animo ribelle, il 19 dicembre segnerà un profondo spartiacque tra il prima e il dopo. “Io sinceramente un po’ me l’aspettavo”, racconta Sara Trovatelli, 27 anni, dottoranda alla Freie Universität di Berlino, aggiungendo: “Abito a Friedrichshain, quindi lontano dal luogo dell’accaduto. Ho saputo dell’attacco da una mia amica in Italia che mi ha chiesto come stavo, pensa un po’! All’inizio non riuscivo a capire la gravità della situazione, perché i media berlinesi ci sono andati molto piano prima di dare delle conferme. Poi tristezza e sgomento”. Allo stesso modo è venuto a sapere dell’attentato Andrea Veronese, 31enne rappresentante di un’agenzia di viaggi. “Inizialmente si pensava fosse un ubriaco che aveva sbagliato strada -racconta-, poi si è arrivati alla pista del terrorismo. Il clima che si respira oggi in ufficio è di delusione per il mondo. Se può servire, noi abbiamo scelto di rimborsare i clienti che hanno prenotato dei tour per oggi e domani a Berlino”. C’è poi Stunnis Mannis, 24 anni studente all’Università di Frankfurter Oder, cittadina a un’ora di distanza dalla capitale. È arrivato sul posto alle 20.40  circa, mezz’ora dopo la strage, insieme alla madre in visita per il weekend. Sono andati a fare un giro per i mercatini di Natale, come tanti altri. La polizia non ha voluto rilasciare dichiarazioni -racconta-. Non sapevamo cosa stesse succedendo realmente, perché non ci si poteva avvicinare oltre i 300 metri di distanza dal luogo dell’accaduto. Per questo motivo la gente era tranquilla, nonostante ci fossero un sacco di ambulanze e volanti della polizia. Dall’altra parte della strada -continua- c’era chi sedeva, mangiava e chiacchierava al Mc Donald, come in una serata qualsiasi. Poi diversi miei amici hanno iniziato a scrivermi chiedendomi come stavo e mi hanno avvertito del fatto. Siamo andati subito via e abbiamo preso il treno per tornare a casa. La situazione era ambivalente: chi aveva saputo dell’accaduto era sotto shock, altri invece non sapevano nemmeno cos’era successo”.

QUALE FUTURO PER BERLINO? – “Questo evento si temeva da molto tempo e ce lo si aspettava anche in parte”, raccontano ancora Gloria e Sara. “Già dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles si sentiva dire, sia per le strade che sui giornali: ‘Berlino sarà la prossima’ “. Ma la maggior preoccupazione è di non cedere alla provocazione, alle fazioni dell’estrema destra tedesche, che già si fanno sentire puntando il dito contro la cancelliera Angela Merkel e la sua politica di accoglienza verso profughi e richiedenti asilo. “Questo evento colpisce al cuore una città in cui la multiculturalità, il polilinguismo, la convivenza pacifica è stata un successo e lo è tutt’ora -concludono le due giovani-. Molti sperano che dopo questo Berlino non venga snaturata. Ma se verrà confermato che la persona arrestata è un pakistano che beneficiava dello status di rifugiato sarà un grosso colpo politico. Creerà pericolose spaccature tra la fazione bavarese della Cdu e Ssu”.

di Francesca Matta

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