Quando la dieta non basta: chirurgia di Parma vs obesità

IN EMILIA ROMAGNA 1 SU 10 E' OBESO, 1 SU 3 SOVRAPPESO

obesità_responsabile_civile-e1466776238889Capitale della food valley. Ma anche città all’avanguardia per chi con il ‘food’ ha problemi, anche gravi. Negli anni ’60 aprì a Parma uno dei primi centri per l’obesità, dove si cominciò a trattare questa condizione come una patologia invalidante e a volte mortale. Non più un semplice fattore estetico, ma una vera piaga sociale da contrastare. In termini di tempo, l’ultimo famoso caso in città è quello di Maurizio Coruzzi, in arte Platinette, la drag queen più famosa d’Italia, operato lo scorso settembre al Maggiore di Parma per perdere peso, con la tecnica del palloncino intragastrico.

L’OBESITÀ IN NUMERI – Negli ultimi anni in Emilia Romagna c’è stato un esponenziale aumento dei casi di sovrappeso e obesità. Secondo il report 2015 di Sorveglianza Passi, documento presentato dall’Istituto Superiore di Sanità che monitora lo stato di salute della popolazione italiana , l’11.6%  dei residenti nella regione sopra i 18 anni risulta affetto da obesità con particolare riguardo alla popolazione maschile, mentre il 31% è sovrappeso. Guardando ai dati forniti dall’Ausl di Parma, nel 2016 ci sono stati 41 nuovi casi di consultazione per candidati alla chirurgia bariatrica presso il servizio ambulatoriale di psichiatria, 12 casi in più rispetto al 2015; in totale, sono 111 i pazienti presi in carico l’anno scorso, 22 in più rispetto al 2015. Anche i dati forniti dall’Aou dell’Ospedale Maggiore presentano un aumento dei nuovi accessi alle visite per obesità tra il 2014 e il 2016: nell’ultimo anno ve ne sono stati 285, 65 in più rispetto al 2014. A questi numeri vanno aggiunti 1692 pazienti solo per le visite di controllo.  Le cause più comuni che portano un soggetto all’obesità riguardano soprattutto uno stile di vita troppo pigro (assenza totale di movimento e sport interconnesso ad un lavoro di tipo sedentario) e una dieta ipercalorica, ricca di grassi e zuccheri che  genera un apporto calorico in maggior quantità rispetto a quello necessario. Non solo malnutrizione però: esistono casi in cui l’obesità è la conseguenza di alcune malattie genetiche, come la sindrome di Prader Willi, una patologia  determinata da iperfagia, ovvero la totale assenza di sazietà, che affligge il soggetto già in età neonatale. In altri casi è dovuta a squilibri ormonali come nella sindrome di Cushing, altresì detta ipercortisolismo, una malattia rara che scaturisce dall’elevata presenza di cortisolo nel corpo, dovuta principalmente ad un elevato e prolungato consumo di medicinali a base cortisonica. Definito anche ‘ormone dello stress’, il cortisolo viene prodotto in maggior quantità dalle ghiandole surrenali nelle persone affette da stress cronico. In entrambe i casi la presenza massiccia dell’ormone stimola il metabolismo di carboidrati, zuccheri e grassi, aumentando l’insulina nel sangue e accrescendo il senso di fame. Vi sono, infine, concause che hanno a che fare con la sua condizione economica e sociale, nonché motivi legati all’abbandono del fumo. Perché un soggetto si possa definire obeso deve possedere un indice di massa corporea maggiore o uguale a 30 (BMI ≥ 30). Tale indice, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), viene calcolato mettendo in relazione la massa corporea di un individuo (espressa in kg) e la sua statura al quadrato. Si ricorre alla chirurgia bariatrica solo in circostanze gravi, in cui un soggetto ha un indice di massa corporea superiore a 35 (BMI> 35, obesità di seconda classe) ed associato ad almeno una condizione patologica come il diabete mellito o altre malattie correlate, oppure superiore a 40 (BMI> 40, obesità di terza classe). Dai dati della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche, risulta che in Italia, nel 2015 ci siano stati 11.483 operazioni di riduzione temporanea o permanente dello stomaco.

LA CHIRURGIA BARIATRICA: COS’È? – La chirurgia bariatrica è una branca della chirurgia generale che si occupa del trattamento chirurgico di pazienti affetti da obesità. Data la natura dell’operazione, la quale apporta modifiche anatomiche al tratto gastrointestinale sia di tipo restrittivo che malassorbitivo, determina una perdita di peso significativa e stabile nel lungo termine. L’operazione da sola non basta a risolvere i problemi di salute collegati all’obesità: il paziente deve intraprendere un percorso alimentare e psicologico molto complesso che inizia prima dell’intervento vero e proprio e porterà a cambiare totalmente il proprio stile di vita. Tra i tipi di interventi possibili,  l’ospedale Maggiore utilizza prevalentemente due tecniche di operazione allo stomaco, la ‘sleeve gastrectomy’ e il bypass gastrico. La prima è conosciuta anche come  tubulizzazione gastrica, ovvero un intervento di tipo gastrorestrittivo, che prevede la rimozione di circsleeve-gastrectomy-georgiaa l’80% dello stomaco. La tubulizzazione riduce drasticamente anche la secrezione della grelina, l’ormone che controlla il senso della fame, così da ridurre nel soggetto oltre la capacità di riempimento dello stomaco, anche l’appetito. Il bypass gastrico, considerato il metodo più efficace per la perdita di perso nel lungo periodo, consente la riduzione del 90% della capienza dello stomaco, attenuando la produzione di alcuni ormoni che stimolano la fame. Nella pratica, lo stomaco viene diviso in due parti, una chiamata ‘tasca gastrica’ che viene collegata ad un tratto dell’intestino tenue, permettendo al cibo di bypassare letteralmente quasi del tutto lo stomaco. La parte rimanente continua a funzionare normalmente producendo succhi gastrici e ormoni, pur non avendo un passaggio diretto del cibo. Essendo un intervento sia restrittivo che malassorbitivo, la perdita di peso è garantita sia per la minor quantità di alimenti che la tasca gastrica può contenere che per il passaggio diretto all’intestino. La scelta del tipo di operazione da effettuare varia a seconda delle caratteristiche personali di ogni paziente. Per entrambi gli interventi, effettuati in laparoscopia, il paziente dovrà integrare la propria dieta con vitamine, ferro, calcio e e sali minerali, sottoponendosi a degli screening annuali. Nei casi in cui venga ritenuto necessario, il medico chirurgo  opta insieme al paziente per una soluzione di tipo temporaneo, come nel caso della tecnica BIB, meglio conosciuta come palloncino intragastrico. All’interno dello stomaco viene inserito un palloncino in silicone, successivamente riempito di soluzione fisiologica, occupando spazio e consentendo al paziente di avvertire in minor tempo un senso di sazietà. L’operazione è reversibile, poiché il supporto medico viene rimosso dopo circa sei mesi, anche se la procedura può essere ripetuta per ulteriore tempo.

DA MEDICO A PAZIENTEPrima di essere sottoposto a interventi di chirurgia bariatrica, il paziente deve necessariamente compiere un percorso di valutazione e preparazione: non tutti sono idonei, sia dal punto di vista fisico che psicologico. L’ equipe medica è composta da un chirurgo, un nutrizionista e uno psichiatra che hanno il compito di seguire il soggetto sia nella fase pre operatoria che in quella post operatoria. E’ fondamentale che il paziente non venga mai lasciato solo essendo una scelta che gli cambierà totalmente la vita. Prima di poter  organizzare l’intervento, deve essere effettuata una valutazione psicologica che garantisca che il pazginnastica obesitàiente sia davvero consapevole della scelta e del percorso intrapreso. Essa nasce dall’esigenza di capire se il paziente sarà in grado di reagire positivamente dopo l’operazione: “Se una persona non è stabile psicologicamente, ad esempio perché affetta da depressione, è meno probabile che ci siano buoni risultati dopo“, afferma la dottoressa Chiara De Panfilis, dell’equipe medica del reparto di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore. Anche a seguito dell’intervento, i colloqui psicologici continuano per circa tre anni, parallelamente ai controlli medici. L’intervento non è una semplice asportazione dello stomaco, come spiega la dottoressa Elisabetta Dall’Aglio, nutrizionista e diabetologa al Maggiore di Parma, ma un vero e proprio cambiamento delle abitudini alimentari: “Potrebbe essere vista come una scappatoia, cosa del tutto umana – spiega la dottoressa Dall’Aglio – ma devono metterci del loro impegno”. Nessuna dieta drastica, ma un attento e nutriente stile di vita, lontano dal cosiddetto ‘junk food’. La perdita di peso è garantita, afferma la dottoressa Dall’Aglio, “anche se il calo ponderale varia da soggetto a soggetto. Il dato più positivo riscontrato in questo tipo di pazienti è la ricaduta positiva che si ha sul diabete”, patologia presente nella maggioranza dei casi. È una valutazione multidisciplinare in cui deve essere tenuto conto di molteplici fattori, in cui il paziente viene seguito costantemente da diversi medici, in quella che diventa a tutti gli effetti una nuova vita.

 

di Elena Brozzetti e Carlotta Pervilli

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