Perversione social: ‘La bibbia’ e gli altri archivi con giga di revenge porn

L'ABISSO HOT DI FACEBOOK&Co, SFOGO DEGLI ISTINTI AL CONFINE CON L'ILLEGALITA'

revengeUna parola dalle connotazioni strane, ‘perversione’, non trovate? Nei giorni in cui archivi di immagini sottratte a ragazze colpevoli al massimo di essersi fidate di uno stronzo vengono condivisi in rete, a volte con effetti terrificanti, è difficile capire come caratterizzare questo concetto. E a ragion veduta, visto che tra gli archivi digitali gira anche materiale pedo-pornografico.

Un esempio? La cosiddetta ‘bibbia’, in tutte le sue evoluzioni e ampliamenti che l’hanno portata, negli ultimi mesi, alla versione 4.0. Un gigantesco database di porno amatoriale o illegale.

Bibbia1UN’OPERA MONUMENTALE – Il nome non le è stato affibbiato a caso, dietro a questo archivio si cela un lavoro elefantiaco, più di quattro gigabyte di dati, oltre diecimila file divisi in quasi cinquecento cartelle. Il contenuto va dal soft porn ad atti sessuali espliciti e fotografati, da cartelle con nomi e cognomi alla categorizzazione per contenuto: “18+; Bagasce con nome e cognome; Bagasce senza nome e cognome; Non sapevo fossi minorenne; etc…”. Un lavoro certosino che si dipana in una ragnatela di foto , condivise senza consenso o direttamente rubate, quasi tutte col leitmotiv del revenge porn, dell’umiliare additando come “cagna” ragazze in alcuni casi nemmeno maggiorenni. Eppure non tutto il materiale contenuto in questo archivio sembra essere sottratto, tanto che alcune cartelle, marchiate col nome delle pagine Facebook a cui fanno riferimento, contengono foto di nudi “autografati” a mo’ di dedica alla pagina stessa. Le ‘pietre miliari’ sono scandite dal numero dei membri del gruppo Facebook Fabbrica del Degrado (FdD), passati da 50.000 a 600.000, e nonostante sia stato dichiarato, in un’intervista rilasciata a thebrainofpopculture, che i temi di quelle foto sono solo “Scollature, glutei. Le solite foto da calendario insomma, nulla di hard, in realtà il marchio FdD compare più volte apposto là dove non batte il sole, in fotografie decisamente esplicite. È questa forse la situazione più controversa, perché le ‘vittime’ vengono tacciate di esibizionismo, di manie di protagonismo, di essersela cercata. Rimane il fatto che la maggior parte del materiale è frutto di una macchina nata e concepita per raggiungere nuovi livelli di bassezza umana (purtroppo viene quasi da dire maschile), creare un luogo virtuale dove lo scopo va oltre il mero eccitarsi ma sconfina nell’umiliare, nel denigrare, ragazze etichettate come “puttane”; uno spazio che per di più risulta illegale ai sensi della legge italiana. Materiale pedo-pornografico e danno all’immagine sono i due reati principali: il primo perché riguarda minori, tutelati dall’articolo 600ter del Codice Penale; il secondo perché lede l’immagine della persona, anche se questa ha pubblicato l’immagine su un profilo pubblico, permettendo solo la visualizzazione e non la condivisione.

VOYEURISMO SOCIAL – Eppure non tutto il contenuto ‘perverso’ si esaurisce in questo archivio: se ci si addentra nel sottobosco di Facebook, si trovano gruppi come ‘Donne sexy, uomini sexy amatoriali’, ‘Contatti carnali’, o l’ancora più esplicito ‘Troieggiare su Facebook’, gruppi in cui gli utenti cercano altre persone disposte a lasciarsi andare a fantasie molto spinte. Foto e video erotici passano solo attraverso le chat private per non violare le condizioni del social network, ma i messaggi postati in bacheca non lasciano dubbi sul contenuto, mentre le immagini più soft sono disponibili già nelle bacheche. C’è solo un dettaglio che molto spesso differenzia questa realtà da quel girone infernale di cui parlavamo prima: è consensualeChat incontri. Le persone coinvolte lo vogliono, sanno cosa fanno e provano piacere nel farlo. Lo si capisce anche dai toni che molto difficilmente sfiorano l’offesa, come a voler mantenere una sorta di rispetto nei confronti dell’altro, comportandosi come se ci si trovasse nella stesso letto con una persona in carne ed ossa. Che sia perversione? Di sicuro è una sfumatura, o pratica, sessuale fuori dalla norma, relegata nei meandri di internet, ma esiste. Donne e uomini, tutti accomunati dall’esigenza di fare nuove esperienze in questo modo, dietro uno schermo. Viene chiamato anche ‘sexting‘, termine coniato agli inizi del nuovo millennio ma che rimanda nell’immaginario comune alle prime chat erotiche, agli albori di internet. Ora i dispositivi sul quale praticare questo tipo di ‘perversione’, o espressione sessuale, si sono moltiplicati ma la sostanza resta la stessa. Non vogliamo dire che sia la stessa cosa del revenge porn, sia mai, ma ciò da cui nasce questo fenomeno, è qualcosa che non è molto diverso dal bondage, dal BDSM, solo che a mettersi nelle mani dell’altro non c’è solo il no
stro fisico, ma anche la fiducia. Il minimo comune denominatore, in certi casi, può essere la voglia di perdere il controllo. Sono le sfaccettature che compongono la realtà, anche più oscura, della sfera sessuale che nulla hanno di sbagliato se chi le pratica è consapevole. La degenerazione sta nello sfruttare queste ‘debolezze’ per scopi beceri, illegali, spregevoli. Prendere consapevolezza di questo fenomeno può diventare il metodo per detonare la bomba, rendere ‘la bibbia’ priva di mistero e interesse.

L’ISTIGATORE – Nei gruppi Facebook di cui si parlava prima, non manca mai il genio istigatoredi turno che cerca di scatenare i più bassi istinti della folla contro una vittima sacrificale pur di diventare qualcuno in rete. La reputazione ai tempi dei social. È il caso di un utente del gruppo ‘Ragazze calde’ che, postando le foto di due ipotetiche amiche, chiedeva agli altri membri cosa ne pensassero e quali reazioni scatenasse: “Ciao, che ne dite di questa mia amica? Vi piace?”. La foto in sé non ha nulla di osceno, non rispetterebbe le condizioni di Facebook altrimenti, è l’approccio del maschio alpha che mette i brividi. Qualcuno si lascia andare a commenti spinti, immaginando cosa le farebbe se se la trovasse di fronte, altri si limitano ai classici ‘apprezzamenti’ non proprio galanti. Solo un utente accusa l’autore del post di “essere uno stronzo” e la risposta fa pensare a cose ben peggiori: “Ci divertiamo poi tolgo“. Semplice no? Questo è solo un esempio di cosa si potrebbe trovare su altre pagine, con epiteti peggiori e ancor più violenti. I nomi dei gruppi palesano il pensiero dominante riguardo a queste ragazze, “cagne” racchiuse dentro ‘Il canile 2.0’, esposte come carne da macello. Basterebbe questo a indignare e scatenare una reazione opposta ma non è facile né accedervi né fermarli con la semplice segnalazione: morto uno ne nascono altri cento, mille nel giro di poco.

USATE IL ‘CONDOM’ – Come probabilmente fareste in caso di rapporti con un perfetto sconosciuto, allo stesso modo ricordatevi di proteggervi anche in rete, usando una sorta di ‘condom virtuale’:

– Se praticate del sexting tra sconosciuti diffidate di chi vi chiede immagini in cui siete riconoscibili e non usate il vostro profilo personale pieno di dati sensibili sulla vostra persona.Niente volto nelle foto.

– Tutto ciò che inviate nella rete resta nelle mani di quelle persone che potrebbero sfruttarle per ricattarvi o per danneggiarvi.

– Ricordatevi che molto spesso le vittime di revenge porn vengono prese di mira da ex fidanzati/e o amici/amiche, persone di cui vi fidate.

– Se siete minorenni, tenete presente che le vostre foto sono materiale pedo pornografico e chiunque lo scarichi o condivida è perseguibile penalmente. Allo stesso modo, anche la sola visione di questo tipo di materiale è reato.

– Siete voi i proprietari del materiale, nessun altro. Il partner che vuole avere accesso a questo materiale deve lasciarvi la libertà di scegliere cosa, quando e in che modalità.

Denunciate. Sempre. Gli strumenti legislativi sono purtroppo ancora pochi, ma il silenzio aiuta solo i vostri aguzzini.

– Quando la situazione diventa ingestibile, troppo pesante da affrontare, sfruttate le potenzialità della rete a vostro vantaggio cambiando profilo, fate gli screenshot delle conversazioni vessatorie e denunciatele.

Per chi sta dall’altra parte della barricata, ricordatevi sempre che il possesso di un cellulare che fa foto e video non vi permette di violare la privacy di qualcun altro e condividere contenuti senza l’autorizzazione dell’interessato. Se lo condivide con voi non significa che lo voglia fare anche con altri. Inoltre, la pubblicazione di foto sui social consente agli altri utenti la sola visualizzazione, non lo sfruttamento senza autorizzazione, anche se è un profilo pubblico. Lo dice la legge, non è un’opinione.

Infine, un consiglio: non vergognatevi, non siete voi il problema. Mai.

 

di  Carlotta Pervilli e Matteo Buonanno Seves

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