Fukushima, una storia nucleare: a lezione da Pio D’Emilia

DAL GIAPPONE, UN DOCUMENTARIO PER PARLARE DI DISINFORMAZIONE E DELLE SFIDE DEL GIORNALISMO

tecnici post esplosioneSono passati quasi sei anni dall’incidente nucleare di Fukushima. L’ 11 marzo 2011 un terremoto di magnitudo 9.0 fece tremare l’intero Giappone, seguito da lì a poco da un maremoto con onde che arrivarono anche a 40 metri di altezza. In questi anni si è parlato molto, forse troppo, di quegli avvenimenti senza riuscire a chiarire cosa sia effettivamente accaduto. Giovedì 2 marzo un incontro organizzato all’Università di Parma con il giornalista Pio D’Emilia, corrispondente estero per SkyTg24 e autore del documentario ‘Fukushima. A nuclear story’, ha permesso di far luce su numerosi angoli bui di questa storia. Dopo la proiezione del documentario diretto da Matteo Gagliardi, dialogando con i professori Marco Deriu e Paolo Ferrandi, il protagonista del film Pio D’Emilia ha raccontato l’esperienza vissuta e i retroscena di un viaggio all’interno di quella tragedia che ha colpito il Giappone.

ANCORA UNA VOLTA? – Era dai tempi di Chernobyl che non si ripresentava lo spettro di possibile un disastro nucleare. L’attenzione dei media di mezzo mondo era concentrata sui danni provocati dallo Tsunami, sulle 20 mila vittime e le notizie che arrivavano dalla centrale nucleare erano discordanti. Nessuno sapeva di preciso cosa stesse accadendo, quali fossero i danni e l’entità del problema. La Tepco, azienda proprietaria della centrale, e le autorità nipponiche non volevano scatenare il panico nella popolazione, ma restava il fatto che i reattori, in particolare il numero due, erano gravemente danneggiati. Si è sempre parlato di danni causati dall’onda tsunami di 14 metri come evento impossibile da prevedere e all’origine di tutti i problemi. Ma i fatti ricostruiti nei minimi particolari nel documentario di Pio D’Emilia parlano di tutt’altro. Il terremoto aveva causato un totale blackout elettrico, lasciando la centrale completamente isolata. L’acqua che allagò la sala macchine, danneggiando i generatori di emergenza, fu solo un elemento in più. La scossa aveva dimostrato quanto il sistema di controllo e sicurezza dell’impianto fosse impreparato ad un evento prevedile come il terremoto. La parola ‘meltdown’, cioè ‘fusione del nocciolo’, venne usata solo quattro mesi dopo, e ancora oggi non si sa di preciso in quali situazioni siano i reattori internamente. Il documentario mette in luce proprio questi aspetti: “Il messaggio più importante afferma Pio D’Emiliaè che Fukushima non è grave per ciò che è stato ma per ciò che è e potrà essere”. I tre reattori maggiormente danneggiati lavorano ancora come vulcani all’apparenza spenti. Nessuno sa a che punto sia la fusione. Se ci fosse un altro terremoto, evento all’ordine del giorno in Giappone, nessuno attualmente sa cosa potrebbe accadere.

DISINFORMAZIONE – Un altro fondamentale aspetto messo in luce nel documentario è l’incapacità della stampa nipponica di operare in maniera indipendente dalle autorità o dalle lobby di potere presenti nel Paese. Solo con le inchieste governative, arrivate più di un Pio d'Emiliaanno dopo da quel terribile 11 marzo, si è saputa la verità. La stampa locale, notoriamente legata a stretto filo con il governo, si è infatti rivelata incapace di indagare sulla situazione e di informare i cittadini sul reale rischio nucleare. Per molto tempo venne sostenuto che l’incidente fosse stato causato dallo Tsunami, ed essendo un evento imprevedibile, nessuno poteva essere accusato di nulla, come a dire: ‘Tutti sono colpevoli, nessuno lo è. Come in guerra’. L’unico a pagarne le spese nell’immediatofu il primo ministro Naoto Kan, non i dirigenti della Tepco. Ma, invece di indagare su cosa stesse avvenendo veramente a Fukushima, di cosa si occupava la stampa nipponica in quei giorni?La risposta può sembrare scontata, ma anche raggelante: “Dei 20mila morti”. I danni provocati dallo tsunami erano apocalittici, intere vite erano state distrutte dalla forza dell’acqua. Era una notizia che attirava l’attenzione nell’immediato, non a torto. Parlare della centrale nucleare significava invece riportare informazioni molto frammentate e doversi scontrare con le autorità che non permettevano a nessuno di entrare nella zona. Questo atteggiamento della stampa portò ad una rottura tra le istituzioni, i media e la popolazione: “I Giapponesi si sono sempre molto fidati del loro governo. Se veniva riportato dalla stampa in quel modo doveva essere vero”, commenta Pio D’Emilia. Dopo quei giorni qualcosa è cambiato. Ma non ancora abbastanza. Lo dimostra la risposta del sistema culturale del Giappone a ‘Fukushima’, un documentario scomodo, distribuito in tutto il mondo tranne in Giappone. “L’unica casa di produzione che ci ha risposto ha affermato di avere il palinsesto pieno”.

RESETTARE TUTTO – Avere la possibilità di parlare con qualcuno che da 30 anni lavora come giornalista panoramica salain giro per il mondo non capita tutti i giorni. Questo mestiere sta cambiando faccia e in molti si chiedono quale strada debba intraprendere. “Scordatevi il contratto a tempo indeterminato presso una redazione”,risponde schietto D’Emilia agli studenti e aspiranti giornalisti presenti al seminario. I giornali di tutto il mondo vivono ormai grazie al lavoro di vari giornalisti freelance, i quali rischiano molto ma vengono pagati poco. “Molto spesso bisogna augurarsi di essere nel posto giusto, al momento giusto. È questione di fortuna. Specializzatevi in qualcosa che vi appassiona e apprendete più che potete”. Non esiste alcuna sfera di cristallo per poter vedere nel futuro. Molte cose dovrebbero essere cambiate, come i giornalisti al seguito delle istituzioni che si trovano lì senza conoscere ciò che gli sta attorno. I cambiamenti, come sottolinea D’Emilia, non riguardano solo il mestiere in sé, quanto la stessa concezione del giornale. Quelli online non vengono ancora considerati equiparabili agli altri: “Succede anche in Giappone, dove le tesate online non venivano accreditate”. L’ostracismo della carta stampa che si sente minacciata.

Il documentario ‘Fukushima. A nuclear story’ scatena sentimenti contrastanti: se da un lato la preoccupazione per ciò che potrebbe avvenire da un momento all’altro è tangibile, dall’altro il lavoro giornalistico che c’è dietro esalta. Con tutti i lati negativi che si possono trovare in questo settore in profondo cambiamento, questo lavoro è la dimostrazione che si può ancora fare dell’ottimo giornalismo.

 

di Carlotta Pervilli

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