“Un figlio non è un ciocco di legno”: il diritto alla bigenitorialità

10 ANNI DALLA LEGGE SULL'AFFIDAMENTO CONDIVISO, MA C'E' ANCORA TANTO DA FARE

17858137_10212555965245265_1486758809_nPrima si è una coppia. Poi quando si mette al mondo un bambino, si diventa genitori. E anche se un giorno la coppia decide di separarsi, genitori si rimane per sempre. Con tutti i doveri e responsabilità che ne derivano. Tuttavia, capita spesso che a subire le conseguenze dei problemi di coppia vi sia un piccolo bambino ‘di legno’, smarrito, senza punti di riferimento, conteso fra i due che, troppo spesso, tutto fanno tranne l’interesse del minore. In occasione dei dieci anni della legge sull’affidamento condiviso, n.54 del 2006, la bigenitorialità è stata il tema al centro di un convegno, tenutosi il 5 aprile al Workout Pasubio di Parma. Un appuntamento dove personalità di rilievo tra cui il presidente del Tribunale di Parma Pio Massa, il docente di diritto costituzionale dell’Università di Como Roberto Russo, Marino Maglietta, presidente dell’associazione ‘Crescere Insieme’, hanno ampiamente discusso sul tema sviluppando numerosi punti: incostituzionalità della legge 54/2006, lentezza processuale, Registro per il diritto del minore alla Bigenitorialità, rischi psicologici per la prole. A moderare l’incontro Antonio Pirisi, neuropsichiatra dell’età evolutiva.

17841694_10212555964605249_934176538_nIL REGISTRO PER IL DIRITTO ALLA BIGENITORIALITA’ – La prima città italiana a introdurre il cosiddetto Registro per il diritto del minore alla bigenitorialità è stata proprio Parma nel 2014. Un modulo, da compilare e firmare, che dà l’opportunità a entrambi i genitori di ricevere le informazioni relative al figlio. Si badi bene però: il diritto al registro non è dei genitori, ma del minore. La sua applicazione, sebbene attualmente abbia delle grosse difficoltà per l’assenza di un protocollo che ne specifichi gli ambiti e i settori di applicazione, permette sì di smussare quegli ostacoli che complicano la piena e condivisa partecipazione dei due genitori separati, ma soprattutto permette di proteggere il minore. Proteggere, proprio così. Infatti, il coordinamento fra le istituzioni per l’utilizzo del registro potrebbe, ad esempio, eliminare quegli ostacoli che in ambito sanitario molto spesso impediscono o rallentano l’intervento sulla salute del minore, in situazioni tipo in cui il minore è accompagnato da un solo genitore; uno dei due non è stato avvisato. Ma ci si può davvero permettere di mettere a rischio il benessere psicofisico del minore per problemi di coppia? Di chi è il diritto e di chi sono i doveri? Il registro è dunque un’arma in più per non confondere la stabilità emotiva del minore con quella abitativa. Un esperimento da concretizzare e perseguire; uno strumento da diffondere e da suggerire alle istituzioni italiane. “Sarebbe bello – l’invito del dottor Pirisi – che ci si rivedesse fra un anno, due per analizzare il percorso di questo importante strumento.”

I GENITORI SONO DUE – Altro punto cruciale affrontato durante il convegno è stato quello dell’affidamento condiviso, che regola la responsabilità genitoriale a fronte della separazione della coppia. Uno strumento indispensabile che resta però criticato: da un lato, esso alimenterebbe lo stato di conflitto coinvolgendo il figlio nella ‘lotta’ di coppia come una vera e propria pedina; dall’altro canto potrebbe rappresentare uno strumento di controllo sulla moglie da parte di padri violenti. Paradossalmente, però, l’affido condiviso è un buon deterrente: annienta i conflitti ricordando qual è il vero bene in gioco. Alcuni studi psicologici, riportati nel corso della mattinata dalla psicologa Sara Pezzola, dimostrano infatti quanto sia necessaria per il minore, salvo i casi di violenza domestica, la presenza di entrambi i genitori. “I bambini che vivono con entrambi – spiega la psicologa – hanno una migliore autostima, diminuiscono i rischi comportamentali a tutto ciò rende positivo lo sviluppo cognitivo del minore. L’affidamento condiviso ha effetti positivi anche per la salute. E questo non lo dico io, ma lo dicono gli studi di psicologi realizzati su un gran numero di bambini.” Un numero di minori (con genitori separati) che in alcuni studi ha raggiunto un numero di 15.428 bambini.

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IL BENE DEL MINORE, SEMPRE – Ma passando dallo scritto ai fatti,  come ha messo in luce l’analisi realizzata dal professor Roberto Russo, la legge 54 del 2006 sull’affidamento condiviso non ha tardato a scontrarsi con incertezze normative: il decreto legislativo 154 del 2013. “I problemi rilevati a riguardo – spiega il giurista – riferiscono al mancato rispetto della legge di delega (219/2012) da parte del governo. Questo decreto era in carenza di delega, oltre che in violazione di delega. E ciò spiega molte cose”. L’oggetto della delega, in base alla quale il Governo avrebbe dovuto intervenire, non contemplava quindi alcun riferimento all’affidamento condiviso. Essa riferiva unicamente alla necessità di “eliminare ogni forma di discriminazione fra figli, anche adottivi”, non altro. E non si tratta di meri cavilli giuridici, dato che gli inappropriati interventi del legislatore non hanno tardato ad incidere sulla vita degli ex coniugi, sulle procedure di affidamento, sull’unico, rilevante scopo: il bene del minore, sempre. I profili di illegittimità costituzionale inevitabilmente rallentano i processi. Se rilevati il tempo scorre, i giorni diventano mesi, anni, e il minore cresce, perde quell’equilibrio che l’ordinamento si proponeva di proteggere fin dall’inizio. Se non rilevati, invece, non resta altro che assistere all’applicazione di una normativa carente, confusa, dove aspetti economici spingono sempre più indietro l’interesse del minore, rendendo la famosa quanto reclamata condivisione perequativa (50-50) solo utopia. “E’ chiaro che l’incostituzionalità è un grosso problema – interviene il presidente del Tribunale Pio Massa – ma non bisogna per forza cercare le pulci. Calandosi nei fatti, intervengono soprattutto i grossi problemi economici dei genitori. Se la regola è l’affidamento condiviso, purtroppo la prassi dei tribunali dice altro. Quella del 50% è quindi una realtà molto rara. Le questioni della vita sono quelle di fatto, le situazioni di fatto.” Un obiettivo, il bene del minore, che sembra quasi irraggiungibile. “I tempi lunghi provocano delle conseguenze negative sull’equilibrio del minore. Ma – è questo l’invito più volte rivolto nel corso del convegno – è possibile un tempo sufficientemente buono e adeguato se almeno le stesse istituzioni decidessero di darsi delle buone prassi. Ognuno di noi trova una giustificazione per non rispettare i tempi, e questo non va bene. L’obiettivo è lavorare insieme”.

 

 

di Carmelo Sostegno

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