In pensione o al McDonald’s anche da ottantenne?

IL FUTURO LAVORATIVO DEI GIOVANI VISTO CON GLI OCCHI DI UN GIOVANE LAVORATORE

7dnHgK1MIjMfZkkKvm0zJ5OCz9f“I giovani d’oggi non andranno mai in pensione.” Agghiacciante. Mi ci vedo ad ottant’anni a friggere patatine al McDonald’s. O a continuare qualsiasi mio prossimo impiego. Eppure questa è una frase più che ricorrente tra i venti e i trent’anni. E non solo: il “se mai andrò in pensione” è pronunciato costantemente anche dai nostri genitori e da chi, per un motivo o per l’altro, si vede ogni anno rimandata l’età in cui ricevere il vitalizio. Motivi che più o meno affondano le proprie radici dal 1995 in poi, quando la Riforma Dini introduce il metodo contributivo per tutti quelli con meno di 18 anni di anzianità lavorativa. Per chi ancora non fosse interessato al tema pensioni, magari per la giovane età, il consiglio è quello di informarsi comunque, poiché non tutto risulta così ostico da capire.

Prendiamo questo metodo, per esempio. Inizialmente si calcolava la pensione secondo il sistema retributivo, ossia secondo gli stipendi ricevuti nell’ultima parte di attività. Con il contributivo essa invece si calcola secondo tutte le tasse versate durante la propria vita professionale. Ovviamente allo Stato, o meglio all’Inps, non conviene il primo metodo, valido invece per i lavoratori data la retribuzione più alta nell’ultimo periodo di attività. E chi, nel ’96, non aveva accumulato 18 di anzianità contributiva? Probabilmente i nostri genitori. E ovviamente noi, ventenni, trentenni, o giù di lì. Ecco uno dei perché delle preoccupazioni della nostra generazione in merito alle pensioni.

‘Più basse’, quindi, è un altro attributo spesso accostato alle future pensioni. Il divario tra l’ultimo stipendio percepito e il primo assegno pensionistico (in termini tecnici, il tasso di sostituzione) sarà enorme. Arriverà a toccare, nel migliore dei casi, il 65%, stando ai simulatori specifici per effettuarne il calcolo a disposizione anche sul sito dell’Inps. Se poi si contano gli anni di disoccupazione, i quali ne diminuiranno complessivamente la percentuale, in base al contributo su cui è calcolata la pensione, beh, mettiamoci il cuore in pace: o lavoreremo qualche anno in più o dovremo rinunciare a ‘qualche’ euro in busta paga. Se ancora di euro si parlerà, ovviamente.

Ecco allora la domanda: conviene ancora ai ventenni contribuire verso lo Stato? Forse no. Tanto più che le pensioni più basse in Italia sono più tassate che nel resto d’Europa, essendo i redditi da vitalizio equiparati con quelli da lavoro. E poi ci sono le pensioni d’oro. Quelle ‘intoccabili’ dello Stato italiano, per cui lo stesso sborsa complessivamente 13 miliardi di euro. Quasi tutte le forze politiche si oppongono a questa casta privilegiata, invocando tetti massimi o modifiche alla riforma. Si tratta però di un caso particolare in cui bisognerebbe attaccare uno specifico articolo della Costituzione, secondo il quale “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Una riforma pressoché impossibile, quindi. Già diversi esponenti politici, come Oscar Giannino, hanno proposto una rivisitazione del metodo contributivo, ricalcolando tutti i trattamenti sulla base di tale sistema, anche da prima del 1996. Questo ovvierebbe al problema solo se mirato alla parità o pensioni_inpscomunque alla diminuzione del divario tra chi percepisce pensioni altissime, anche oltre i cinquemila euro, e chi le percepisce molto più basse, quindi spesso più tassate.

Una cosa è certa comunque: tanti si stanno occupando di pensioni, di qualunque partito politico e di qualunque carica sociale. C’è da precisare però che coloro che sono vicini all’età stabilita per il vitalizio, e quindi i più restii alla protesta, sono in maggioranzarispetto ai giovani, cioè a coloro che dovrebbero lottare per i loro diritti e informarsi sul proprio futuro. Quindi risulta più difficile ottenere qualcosa, soprattutto se questi ultimi si sentono tanto lontani dall’obiettivo pensione da non conoscerne nemmeno il ‘regolamento’.

Friggere patatine è certo un lavoro troppo dinamico per un ottantenne. Per ora continuo così, magari per quell’eta troverò un comodo posto in ufficio, seduto tutto il giorno, aspettando altri dieci o venti anni per potermi godere un po’ di riposo dal lavoro. Riposo, di questo passo, eterno.

di Vittorio Signifredi

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