‘Pubblicità!’ alla Fondazione Magnani-Rocca: l’arte nei grandi marchi italiani

UN VIAGGIO ICONICO NEI SUCCESSI NAZIONALI IN 200 OPERE

artgManifesti pubblicitari, grafica, slogan e marchi che ancora fanno la storia del nostro Paese. Tutto ciò si può trovare nella mostra ‘Pubblicità!’, inaugurata il 9 settembre alla Fondazione Magnani-Rocca, nella Villa dei Capolavori di Mamiano di Traversetolo. La nuova esposizione si propone di raccontare la storia della pubblicità italiana: nonostante in Italia l’arte del manifesto sia stata successiva rispetto a quella di altri Paesi europei a causa delle condizioni di arretratezza economica, dopo un rapido sviluppo industriale legato al boom , ha sentito anch’essa la necessità di far conoscere i propri marchi. Così, nei primi decenni del Novecento, il Paese divenne addirittura leader mondiale di manifesti pubblicitari per qualità e quantità. Moltissime nuove industrie lavorarono con gli artisti del tempo per trovare un’immagine che fosse identitaria ed attraente. In questo modo si è progressivamente creato un felice connubio tra arte e marketing. Le opere più datate riguardano la fine del diciannovesimo secolo ma si trovano anche capolavori più recenti, fino al 1957, una data significativa, perché coincide con la prima messa in onda di Carosello, momento in cui la televisione è diventata il principale veicolo di comunicazione, rivoluzionando il mondo della pubblicità. A svelare i retroscena dell’esposizione è stato Stefano Roffi, uno dei curatori della mostra, che si è reso disponibile per rispondere a qualche domanda.

 

Da dove provengono le opere esposte?

“C’è stata una collaborazione corale. Le istituzioni pubbliche hanno fatto molto per conservare queste forme d’arte che altrimenti, una volta terminato il ciclo espositivo, sarebbero andate perdute. Questo lavoro di salvaguardia è stato svolto anche da gallerie private e collezionisti. Vi è stato un apporto del Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso e la partecipazione da parte dello CSAC dell’Università di Parma, che già molto tempo fa, quando questo genere di cose era meno considerato, raccoglieva bozzetti e manifesti. Proprio da lì provengono lavori preparatori di artisti come Carboni, Nizzoli, Testa, Sepo, che oggi si possono vedere esposti. Sono state coinvolte anche alcune gallerie private specializzate nell’arte pubblicitaria, come la ‘Galleria L’Image’ di Alassio e la ‘Galleria del Laocoonte’ di Roma.”

 

Qual è il filo conduttore della disposizione delle varie opere nello spazio?

“Il filo conduttore è duplice. Si può fare una lettura cronologica, iniziando con manifesti in stile liberty, passando a quelli di Art Déco e concludendo, nell’ultima sala, con una sintesi del messaggio pubblicitario anni ’50, rappresentata dal famoso Punt e Mes di Armando Testa per Carpano, un punto rosso con sotto un semicerchio, che rappresenta sinteticamente l’immagine del liquore all’epoca molto in voga. In meno di un secolo si passa da una figura femminile liberty, sontuosa, pittorica ed ammiccante a questa sintesi assoluta. Un altro possibile filo conduttore è quello che segue il processo realizzativo degli artisti, partendo da semplici idee realizzate su un foglio con pastelli e matite, fino alla collaborazione con l’ufficio marketing delle industrie. Non va infatti dimenticato il grande apporto delle officine grafiche, che all’inizio del ‘900 erano delle vere fucine di creatività.”

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Questa mostra potrebbe convincere l’opinione pubblica che il mondo dell’industria non deve necessariamente rinunciare all’estetica?

“Personalmente credo sia un dato di fatto, una consapevolezza che viene da lontano. Leggendo i testi critici degli anni ‘20-‘30 di Massimo Bontempelli o il manifesto dell’arte pubblicitaria futurista di Fortunato Depero (1931), notiamo come arte e industria non fossero assolutamente in opposizione, anzi la loro unione è stata la forma espressiva più innovativa del ventesimo secolo. Bontempelli dichiara che i manifesti affissi ai muri erano come le pale d’altare del 1400: il fondo oro rappresenta la loro epoca così come il manifesto pubblicitario delinea il ‘900.

Quale tipo di pubblico sperate di attirare e quale messaggio volete trasmettere?

“Il pubblico è costituito in gran parte da giovani, incuriositi da questa forma d’arte che non hanno vissuto direttamente, ma di cui hanno percepito solo l’eco. Vi sono però anche persone più mature che hanno ricordi legati immagini, specie per quelle risalenti agli anni ’50. Per questi visitatori la mostra si rivela un ritorno al passato, una riscoperta di ricordi personali. A questo punto l’approccio con l’opera diventa non solo di mera fruizione, ma quasi un racconto iconico di un pezzo di vita che fa commuovere.”

 

di Alice Gabbriellini, Valeria Milenati, Ilaria Roccisano
Foto di Diego Piccinotti

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