Easyjoint legale ma ‘non conforme’? Quando la legge è solo una toppa

MARIJUANA LIGHT SOTTO LA LENTE DI INGRADIMENTO DEI NAS, TRA LIVELLI DI THC, ETICHETTE CARENTI E VUOTI LEGISLATIVI

1495528853083-erba-legale-prova-cannabis-easyjoint7Era iniziata con un grandissimo successo commerciale: boom di vendite durante le prime settimane e liste di prenotazione senza fine. La EasyJoint o ‘cannabis light’, prima marijuana legale in Italia che ha sfidato il proibizionismo, ha attirato l’attenzione delle forze dell’ordine. Il 13 settembre, infatti, diversi rivenditori hanno ricevuto la visita dei Nas, la divisione dei Carabinieri per la tutela della salute, che hanno prelevato campioni da alcune partite di merce per effettuare controlli in merito ai reali valori di Thc. Ma non solo. Per andare affondo, in alcuni casi i controlli dei Nas si sono soffermati anche sull’etichettatura. Per capire l’importanza di queste verifiche occorre fare un passo indietro e cercare alcune risposte. L’infiorescenza va considerata un alimento o un prodotto da tabacco? Legalizzare un mercato non richiederebbe leggi chiare a tutela di consumatori e fornitori? La vicenda EasyJoint lascia aperte diverse questioni, cerchiamo di riassumerle brevemente.

CANAPAIO PARMABEN VENGANO I CONTROLLI – “Ci stava tutto il controllo”, così esordisce il commesso del canapaio Hierba del Diablo di via Nino Bixio in merito ai blitz in tutta la Penisola, Parma compresa. “I sequestri sono stati fatti in tutta Italia per controllare che tutto fosse regolare”, spiegano dal Canapaio ducale di Piazzale Picelli. Numerose fonti all’interno dei negozietti Free Weed e anche lo stesso Luca Marola, uno dei fondatori di EasyJoint, hanno confermato che si è trattato di un controllo a campione con sequestro preventivo: “Vuol dire – ha spiegato Marola – prelevare cinque campioni, irrorarli, lasciarne uno al negozio e portare via gli altri quattro per effettuare delle analisi sul tasso effettivo di Thc.” Occorre una precisazione: la EasyJoint è un tipo di canapa industriale e come tale è sottoposta ad un rigido controllo da parte delle forze dell’ordine prima della raccolta per verificare la conformità del Thc con le soglie stabilite dalla legge. “I nostri fiori sono di canapa industriale e tutta le piantagioni vengono controllate e misurate in campo dalle forze dell’ordine prima della raccolta”, conferma Marola. Fin qui tutto bene, non fosse per gli altri dubbi sollevati durante i controlli.

IL PROBLEMA DELL’ETICHETTATURA E DELLA TRACCIABILITÀ – Attualmente la normativa che regolamenta queste piantagioni non prende in considerazione le infiorescenze: dalla norma approvata nel 2015 era stato eliminato il comma 2 dell’articolo 2 che prevedeva “la produzione di infiorescenze fresche ed essiccate per scopo floreale ed erboristico”. Da quel momento nulla è cambiato. Ed è qui che si sviluppa una parte del problema poiché la merce viene utilizzata da una parte dei clienti per scopi alimentari e ludici, senza però che vi sia una normativa su cui le aziende produttrici debbano basare la produzione, anche con test o procedure molto più stringenti.
La regolamentazione del mercato della canapa, legale e non, è un tema apertissimo in cui EasyJoint si è inserita, con un “progetto politico” ben chiaro, riuscendo a creare il paradosso a cui mirava, vale a dire far emergere la richiesta di un mercato di fatto presente e non regolato. Luca Marola ha messo in chiaro questo punto: “Non è una societaria del tabacco perchè altrimenti vige la legge dei monopoli di stato in Italia. Non è un alimento perchè si finisce dentro un’altra categoria e una serie di altre problematiche anche legate alla tolleranza del Thc”. Eppure il mercato esiste e non concerne la vendita di una sostanza stupefacente, ma una parte di una pianta già regolamentata.
Un altro punto abbastanza controverso riguarda l’identità dei produttori. Leggendo sulle scatole del più classico prodotto EasyJoint figura solo il distributore, ma fino a soli pochi giorni fa non vi erano informazioni in merito all’azienda produttrice. Tutto ciò sulla base delle leggi sui prodotti ad uso tecnico non comporterebbe alcun tipo di violazione, però, come ha affermato Marola, “c‘è stato anche qualche sequestro dovuto ad una etichettatura non conforme, ma a che cosa? Nessuno lo può dire perchè è un altro prodotto e quindi non lo puoi paragonare. Mi piacerebbe che lo fosse, magari ai prodotti erboristici”.
Sui derivati della canapa e il quantitativo di Thc massimo che potranno contenere esiste già una bozza di decreto osteggiata dai produttori a causa del basso livello di Thc accettato, ma soprattutto per la mancanza delle infiorescenze, anche in questo caso, dall’elenco degli alimenti.  “È il terreno di gioco su cui stiamo portando il dibattito, il ‘non conforme’”. Non si può sapere se quest’azione sia stata la diretta conseguenza della mancanza di indicazioni sul prodotto, però è probabile – come auspica lo stesso fondatore di EasyJoint – che si instauri un dibattito con le istituzioni per giungere ad un accordo in merito alle informazioni presenti sull’etichettatura e più in generale sulla “destinazione d’uso del prodotto.” Poiché, se alcuni generi alimentari prevedono informazioni in merito all’origine e alla provenienza dello stesso, sarebbe altrettanto opportuno pretendere il medesimo trattamento anche per la canapa light.

Cannabis sativa“NOI SFRUTTIAMO LE FALLE DEL SISTEMA” – Dal punto di vista prettamente normativo, l’anno 2016 ha dettato un grande cambiamento, poiché la legge n° 242 dicembre 2016 ha introdotto il principio della “promozione della coltivazione e della filiera della canapa quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura”. Però, come ha spiegato il direttore tecnico chimico della Polizia di Stato Anna Maria Caputo in un’intervista ripresa da diversi media,  “la canapa legale fa riferimento a questa legge ma non è quella a cui fa riferimento la polizia quando deve analizzare le sostanze stupefacenti”. In quel caso il riferimento normativo è il testo unico n° 309 del 1990 che prescrive inoltre la possibilità di effettuare controlli ed ispezioni su ordine del Ministero della Sanità in caso di sospetti su presunte attività illecite. In sintesi, dopo l’ultimo intervento legislativo è consentito produrre canapa industriale a scopo commerciale, a patto che il tasso di Thc sia inferiore alla soglia dello 0,2%. Rimane inalterata la punibilità per lo spaccio e l’utilizzo di sostanze con tassi di principio attivo superiore.
Il nostro gioco è legittimare un mercato che altrimenti non esiste e non esisterebbe, quindi si forza la mano sulla commercializzazione“, commenta Luca Marola. Costringere il legislatore a prendere atto di un vuoto legislativo ed agire di conseguenza: “L’obiettivo – continua Marola – è di arrivare a creare un mercato che di fatto è gigantesco e costringere il legislatore a prendere coscienza che esiste questo fenomeno ed è opportuno che venga regolamentato. Mi interessa che l’ipocrisia che ha portato a togliere il fiore dalla legge sulla canapa, basata soltanto sull’ossessione contro la droga, venga aspirata e si affrontino le cose per quello che sono”, conclude Marola.

 

di Carlotta Pervilli e Mattia Fossati

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