Sciopero degli esami, Parma si spacca tra solidali e arrabbiati

GLI STUDENTI: COLPITO CHI NON HA COLPE

Sciopero-Appelli-1In un Paese abituato a sprechi di denaro, spese pazze, pensioni d’oro, vitalizi e quant’altro, prima o poi capita che si debba ‘tirare la cinghia’, ma non è detto che sia sempre dalla parte giusta. Questa volta le vittime sono stati i docenti universitari italiani, che si sono visti bloccare gli scatti d’anzianità del quinquennio 2011-2015 con una equivalente riduzione degli stipendi in media di 18000€ all’anno. Ciò ha provocato un malcontento generale, espresso con tre anni di richieste al Ministero affinché risolvesse la situazione, e poi sfociato nello sciopero, dal 28 Agosto al 31 Ottobre di quest’anno. All’interno di questo periodo, i docenti che aderiscono si astengono dal tenere il primo degli appelli programmati degli esami di profitto, per la durata massima di ventiquattro ore, corrispondenti alla prima giornata fissata per l’appello. Coinvolti ben 10580 professori, ben più dei  5444 firmatari, tra cui 280 dell’Università di Parma, della lettera scritta da una delegazione di docenti, capitanata da Carlo Vincenzo Ferraro, coordinatore della protesta e insegnante del Politecnico di Torino.
Nel documento, pubblicato il 28 Agosto 2017, il professor Ferraro ha aggiunto che lo sciopero ha un’importanza superiore in quanto “è un’occasione irripetibile per far capire a tutti una volta per tutte che i Docenti Universitari Italiani non sono più disposti a farsi trattare in futuro come sono stati trattati a partire dal 2010”. I docenti vedono delegittimata la loro dignità e peggiorata la didattica: “Ho partecipato da subito al Movimento, e quindi aderito allo sciopero, perché ritengo che la nostra categoria di ‘impiegati statali’ sia stata ingiustamente penalizzata dallo Stato”, spiega un professore, che preferisce rimanere nell’anonimato. “Un’ inconcepibile e ingiustificata disparità di trattamento – insiste un’altra, anch’essa anonima – rispetto ad altre categorie simili. E’ evidente lo stato di degrado a cui è costretta l’università pubblica da governi miopi e insensibili a cultura e ricerca scientifica”. Il clima generale è decisamente chiaro e alla domanda: “In futuro, lei pensa che ci sia bisogno di ulteriori azioni di protesta?” il sì è unanime “per non affossare’ ulteriormente il livello di istruzione del Paese”.

COSA NE PENSANO GLI STUDENTI?- Spaccati gli studenti dell’Università di Parma, anche se poi tutti concordano nel dire che le conseguenze dello sciopero sono ricadute ingiustamente su di loro.
La differenza tra i punti di vista sta nella volontà o meno di comprenderne le motivazioni. Alcuni, a prescindere dalle cause, si concentrano solo sui disagi: “
Penso sia stupido scioperare mettendo in difficoltà gli studenti che non contano più di tanto. Inoltre la divisione dei professori tra chi faceva o meno lo sciopero ne ha ulteriormente diminuito il potenziale”, dichiara uno studente del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali. Altri, invece, legittimano i motivi, come afferma uno studente del Dipartimento di Medicina e Chirurgia: “Scioperare è un diritto dei lavoratori, quindi ritengo abbiano fatto bene. Però le ripercussioni sono state molto pesanti sugli studenti, che non hanno colpe”.

Lo sciopero ha colpito tutti i dipartimenti dell’Università di Parma, creando più o meno disagi a seconda del comportamento dei docenti. Uno studente del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale ha affermato: “Gli scioperi non ci hanno causato grandi disagi, i professori sono stati disponibili nel mettere molti appelli, tra cui delle sessioni extra”. Un’esperienza diversa è stata raccontata da uno studente del Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali: “Poiché due professori hanno aderito allo sciopero – con ottime e rispettabili ragioni–  sono costretto a sostenere undici esami, anziché nove, nell’ultimo anno di corso”. All’interno dello stesso Dipartimento, lo sciopero è stato università di parmavissuto, però, anche in maniera diversa, con disagi maggiori da parte di uno studente pendolare: “Sapevo dei vari problemi legati allo sciopero ma ero abbastanza tranquillo visto che il professore non partecipava e non c’erano state comunicazioni a riguardo. L’esame era alle 9.30, alle 9.00 il professore ha mandato una mail per avvisare che non avrebbe svolto l’esame. Ho saputo solo in seguito che lo stesso docente ha poi svolto in quella stessa mattinata l’esame previsto per un corso di laurea diverso”. Un altro modo di comunicare la partecipazione è stato raccontato da un altro studente: “Due professori si sono presentati il giorno dell’esame e hanno annunciato che avrebbero fatto sciopero. Entrambi hanno subito comunicato la data del recupero e uno dei due ha anche spiegato i motivi per i quali aveva deciso di scioperare”. Gesto gradito, in quanto ha permesso agli studenti di capire i motivi della protesta.

ASSOCIAZIONI STUDENTESCHE DIVISE – Un ruolo strategico l’hanno avuto anche le associazioni studentesche come UdU –l’Unione degli Universitari- che ha sostenuto la tesi di uno sciopero giusto, attuato nel pieno rispetto degli studenti. “Lo sciopero è un diritto garantito. Nella maggior parte dei casi i docenti di tutto l’Ateneo parmense si sono dimostrati disponibili nei riguardi degli studenti” affermano Dino Sabovic e Festim Kasa, rappresentanti dell’UdU per il Dipartimento di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali. “Il nostro regolamento – continuano – garantisce un minimo di sette appelli, il che è già una garanzia. Il Comitato di Garanzia ha inoltre concesso ai laureandi il diritto a un appello extra nei quattordici giorni successivi all’esame cancellato. In alcuni dipartimenti, questo appello è stato aperto anche a tutti gli altri studenti.” Uno sciopero utile? “Più un modo per far pressione sul ministero, che un metodo per danneggiare gli studenti. E’ come un ‘manifesto’, noi esistiamo, ci sappiamo organizzare e sappiamo portare avanti le nostre idee, e può essere un impulso a studenti e associazioni a fare la loro parte e a prendere coscienza. In fin dei conti, siamo un tutt’uno con i professori”.

Critica sulle modalità dello sciopero anche Sinistra Studentesca Universitaria, pur condividendone le motivazioni: “Più volte i professori hanno chiesto, dopo aver deciso una linea d’azione unilateralmente, la partecipazione ed il sostegno degli studenti. Ciò è però avvenuto tramite esortazioni assolutamente fuori luogo. Il danno causato dallo sciopero agli studenti è quindi per noi non scusabile nè trascurabile“. Riguardo alla possibilità che la protesta serva a far conoscere la situazione attuale dell’Università italiana, portando benefici anche agli studenti e alla stessa istituzione: “Di certo la rilevanza data dalla stampa nazionale può contribuire a fornire uno spaccato della realtà universitaria. Purtroppo lo scopo dello sciopero, così come le sue ricadute mediatiche, non fanno altro che inasprire senza una soluzione una visione negativa dell’Università italiana. Si tratta di una rivendicazione di un gruppo che non fornisce una soluzione vera e propria ma suggerisce un palliativo per risolvere una criticità di una istituzione ove le problematicità sono plurime e forse più pressanti”.

Scettico anche un rappresentante di Student Office: “Questo sciopero, come tutti gli altri scioperi, serve a poco. In particolare perché è nato da una mancanza di dialogo, nel quale gli studenti non sono mai potuti intervenire. Non credo che il governo ascolterà i professori con queste modalità”. Cosa hanno fatto per aiutare gli studenti? “La nostra associazione è di dimensioni più piccole rispetto alle altre, quindi non ci siamo potuti muovere su larga scala. Però ciò di cui ci siamo voluti interessare sono stati i singoli corsi in cui siamo presenti, andandoci ad informare dai professori e avvisando i nostri compagni“.

 

di Laura Storchi, Gabriele Caputo, Lara Boreri

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