Impossibile vivere di arte? Alessandro Canu è la prova del contrario

ILLUSTRATORE E GRAFICO, SEMPRE PIU' MUSICISTI SI RIVOLGONO A LUI PER I LORO ALBUM DESIGN

20638536_10212784652465581_6399415773536850862_nSi può vivere facendo arte, oggi? Su due piedi, si potrebbe fare fatica a rispondere in maniera affermativa, un po’ per questo momento di precarietà del lavoro e un po’ perché la concezione che oggi abbiamo di artista arriva dall’Ottocento: una vita bohème, non troppo ortodossa e spesso priva di affermazione sociale. Ma l’arte non vuole saperne di morire e ancora oggi ci sono ragazzi che attraverso le loro doti, la dedizione e un’alta formazione sono riusciti a crearsi il mestiere di creare.

Alessandro Canu è illustratore e grafico, che si sta facendo strada non solo a livello locale, ma anche nazionale e internazionale. Nonostante i suoi 29 anni, infatti, ha già avuto numerose collaborazioni con gruppi musicali come i Progetto Panico, i Calibro 35, Death from above, Einstürzende Neubauten (solo per citarne alcuni), per cui ha creato copertine di CD e manifesti per pubblicizzare i loro concerti. Inoltre, ha illustrato libri e lavorato con numerosi enti culturali. Solo per fare un esempio: la spettacolare locandina che per la nuova stagione del Teatro delle Briciole che sta tappezzando la città è opera sua.

2AAlessandro, partiamo dall’inizio: che formazione ha avuto?

“Ho frequentato il liceo artistico Paolo Toschi e a breve mi laurerò in Beni artistici e culturali. Ho cominciato a disegnare da autodidatta all’incirca all’età di 5 anni. In questo ambiente si parte abbastanza presto ed è così che hanno iniziato molti altri artisti del circuito di Parma.”

Oggi, purtroppo, si fa fatica a credere che qualcuno possa vivere facendo arte, tu però sei la prova contraria: cosa ne pensi di questa credenza diffusa?

“È verissimo, è una cosa un po’ complicata. Si può vivere di arte, ma dipende da come si vuole lavorare.
Parliamo di Parma: è una città un po’ campanilista, sia dalla parte degli organizzatori di eventi pubblici o privati, sia da parte degli artisti. Perciò, se uno vuole lavorare in ambito locale, lo si può fare, perché il pubblico tende a vedere quello che capita nella città piuttosto che fuori. Coloro che lavorano nel circuito di Parma non sono favoriti né da un input né da un output nella fruizione culturale. Il Comune, comunque, negli ultimi mandati ha fatto un buon lavoro. Soprattutto Michele Guerra, come assessore alla cultura, ha dato fin da subito un forte segnale di interesse in questo ambito. Ha incontrato i ragazzi dei collettivi artistici più giovani per far capire che c’è un’apertura verso chi punta a realizzare delle rassegne culturali.”

1AParma può essere quindi un ambiente prolifico per il suo lavoro?

“Il problema qui è che le gallerie non funzionano, a parte quelle meglio gestite come il BDC di Borgo delle Colonne. Questa fornisce un’ottima organizzazione e non chiede altro che offrire una migliore fruizione culturale alla città senza doversi per forza sottoporre alle pressioni di un guadagno interno. Un’altra galleria che funziona bene è quella al CUBO gestita da Camilla Mineo. Ci sono anche altre figure chiave, come quella di Silvano Orlandini, che si impegnano per portare una programmazione culturale al di sopra dell’ ‘umana possibilità’. Sicuramente se non ci fossero persone competenti a livello locale tutto questo non ci sarebbe.”

Spesso nelle tue illustrazioni troviamo riferimenti a grandi artisti (come Durer, Raffaello, Caravaggio, Picasso): si parte sempre dai maestri del passato?

“Ovviamente, però bisogna imparare a superarli. Non si può conoscere veramente un artista fin quando non lo si ha copiato abbastanza da capire che cosa volesse comunicare all’epoca. Per avere un’idea critica legittima bisogna ripercorrere tutte le opere, anche quelle che sembrano più impossibili, per fare in modo che, una volta raggiunto un risultato soddisfacente, non solo le si tributi, ma le si superi. Questo non vuol dire assolutamente cercare di fare meglio di Durer o Picasso, che non saranno mai equiparabili, ma è un modo più intimo e critico per approcciarsi ai grandi capolavori. Ci sono anche illustratori che si interfacciano in maniera superficiale con gli esempi del passato, senza avere dei riferimenti e senza aver studiato.”

Il tuo stile è molto particolare, si può dire unico. Ti sei ispirato a qualche artista all’inizio del suo percorso di ricerca artistica?

“Sicuramente inizialmente a De Chirico. Vidi un suo quadro su un catalogo a casa e mi venne voglia di rifarlo. Disegnavo già in precedenza, ma ancora non capivo che l’artista stesso al momento della realizzazione aveva messo parte di sé nell’opera e che con essa aveva qualcosa da dire. Quando vedi i cataloghi questo lo capisci. Quello che ho citato è un pittore e io non sono in grado di usare i colori, rimango sul bianco e nero, ma sicuramente mi è stato di forte ispirazione.”

E oggi chi sono le tue ispirazioni?

“Ognuno ha un percorso totalmente diverso. Se trai ispirazione da qualcun altro sei semplicemente a tua volta la copia della copia . Questo atteggiamento tra l’altro lo si denunciava già ai tempi di Platone e di Aristotele. Se già era ritenuto sbagliato e poco proficuo all’epoca perché farlo oggi?”

 

di Alice Gabbriellini

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