Tra realtà e fantasia, così Francesco Vecchi anima luoghi, oggetti e storie

INCONTRO CON L'ANIMATORE E REGISTA PARMIGIANO OSPITE DI GUATELLI CONTEMPORANEO

Quanta magia possono evocare i musei e le storie che custodiscono. Proprio il fascino e la fantasia che luoghi come questi sprigionano, sono stati al centro dell’appuntamento ‘Oggetti e creature fantastiche. Dal Museo Guatelli al cinema di animazione‘ che domenica 22 ottobre a Ozzano Taro ha chiuso la rassegna Guatelli Contemporaneo ’17, il progetto culturale che presenta nuovi sguardi ed interpretazioni sul Museo Ettore Guatelli. Durante l’evento, curato dall’associazione culturale Sequence che ha allestito la stalla del museo come location per l’incontro, si sono intrecciate letture delle cronache fantastiche di Giuseppe Pederiali, tratte da ‘L’0steria della Fola’ e il ‘Tesoro del Bigatto’, con la proiezione di due cortometraggi di Francesco Vecchi, animatore e regista parmigiano che da anni vive e lavora a Parigi, ma porta avanti anche un ricerca artistica personale ispirandosi ai suoi luoghi.

Gli oggetti della cultura contadina esposti nel museo sono ricchi di una carica emotiva espressionista, a tratti destabilizzante, e costituiscono per molti artisti uno spunto di ispirazione. Così è avvenuto per Francesco Vecchi, per il quale i reperti sono un pretesto per raccontare storie di mistero e magia nei suoi corti ambientanti nelle campagne emiliane, che si popolano di personaggi fantastici ed esotici. Ecco che allora nella nebbia de ‘La Fleche delta’ si muovono ombre di contadini stereotipati e creature leggendarie ispirate allo Zooforo dell’Antelami del Battistero di Parma, trasformato in un Moulin Rouge rurale dove va in scena un rave party di Capodanno delirante e grottesco. In una commistione di generi, l’iconografia rimanda al teatro delle ombre di Wayang di Bali e dell’Isola di Giava, a quello dei burattini di Lisbona e alle marionette della tradizione locale.
Nel reinterpretare storie ed oggetti della cultura rurale padana, l’autore mostra come l’animazione sia rivolta anche ad un pubblico adulto in un mix che è riscoperta delle proprie tradizioni e artificio di fantasia, e invita a cogliere nei paesaggi freddi e nebbiosi padani un fascino evocativo per storie e leggende.

Francesco Vecchi al museo Guatelli

FRANCESCO VECCHI SI RACCONTA – Nonostante il suo lavoro l’abbia portato a trasferirsi in Francia, la passione di Francesco per l’animazione è nata proprio a Parma, dopo aver visto una rassegna di cortometraggi al cinema Edison. “Già allora – racconta – io disegnavo per conto mio fumetti a livello amatoriale, poi da lì mi è scattata la voglia di provare a fare delle animazioni. I primi corti ho cominciato a realizzarli a Milano, quando ero ancora al Politecnico”. Finiti gli studi, Francesco decide infatti di virare verso l’animazione e frequentare il distaccamento di animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino, introdotto nel 2000. “Il design non mi entusiasmava, soprattutto per questioni commerciali”, spiega. Dopo tre anni di corsi arriva l’opportunità di svolgere uno stage in uno studio di animazione a Parigi, dove decide di rimanere. “La Francia ha una tradizione nel fumetto consolidata dagli anni ’60 – sottolinea Vecchi spiegando i motivi della sua scelta -. In Europa forse sono i più avanti di tutti nel campo dell’animazione […] In Italia ancora adesso l’animazione è una cosa che deve svilupparsi“. Un’ulteriore differenza è la quantità delle produzioni, sensibilmente maggiore oltralpe rispetto al nostro Paese e questo moltiplica le possibilità di lavoro anche per chi è alle prime armi. Per esempio, Francesco ricorda: “Il primo lavoro che ho fatto è stato su un cortometraggio d’autore, ho fatto i titoli di coda. In Francia ti capita di lavorare anche su dei cortometraggi e di essere pagato”, precisa sorridendo.

La commissione

La commissione

Inoltre, anche se, come afferma Vecchi, “In Italia ci sono dei bravissimi autori”, essi non possono avvalersi del sistema di finanziamento che esiste in Francia, che permette al cinema di crescere e svilupparsi. “Sul biglietto del cinema – spiega – c’è una percentuale dedicata alla ricerca, allo sviluppo di nuove tecniche che passa anche attraverso i cortometraggi“. Inoltre, il cinema d’animazione in Francia non è rivolto solo ai bambini, ma coinvolge anche il pubblico degli adulti. Anche le serie televisive, ad esempio, risultano essere interessanti dal punto di vista creativo. Questo è possibile, secondo Vecchi, perché, oltralpe “già c’era un terreno fertile dovuto allo sviluppo del fumetto. Per i francesi il fumetto è una forma d’arte. In Italia questo comincia un po’ adesso, ma dal punto di vista del pubblico è sempre stata un’arte decisamente minore”. Ma anche grazie alle case editrici, come per esempio la ‘Coconino press’, il pubblico italiano poco alla volta sta iniziando ad apprezzare opere come le graphic novel e a sviluppare una più sofisticata cultura dell’immagine.
Meglio, dunque, cercare fortuna all’estero?  “E’ sempre molto utile uscire dall’Italia – risponde Vecchi – però non so se questo mi piace come discorso. Mi piace più pensare che se uno ha voglia di fare le cose le fa, sia dove sia. Certo, ci sono dei posti dove è più facile migliorare, però anche quello viene di conseguenza“.

2.2

Arco & frecce

Tutto deve partire, secondo Francesco, dalla passione per quello che si fa, che a lungo andare è la sola cosa che permette di perfezionare la tecnica e raggiungere soddisfazioni e riconoscimenti. “Io ho cercato di raccontare sinceramente perché avevo voglia di farlo”, afferma, spigando anche di aver rinunciato alla possibilità di ottenere finanziamenti pur di non dover rallentare i suoi lavori e “perdere tempo” a compilare i dettagliati dossier da presentare alle varie commissioni.

La fleche delta

La fleche delta

Parlando dei suoi lavori, ognuno di essi rappresenta qualcosa. “Certo, ce ne sono di più o meno riusciti, però sono contento di tutto quello che ho fatto, perché avevo voglia di farlo”. Nel 2014, ad esempio, ha realizzato ‘La fleche delta’, ispirandosi ad un oggetto del museo: una conchiglia che i contadini delle campagne parmensi utilizzavano nel secolo scorso per comunicare a distanza. “Alla fine, inevitabilmente, quello che uno ha vissuto finisce nei lavori che fa“, riflette Vecchi. “In alcuni dei miei c’è tanto di Parma. Ho scoperto poi, guardando indietro – continua – che spesso ho mostrato degli alberi, credo che questa sia una di quelle cose inconsce che metto e fanno parte del legame con la mia terra […] Effettivamente gli alberi mi hanno segnato, mi hanno sempre trasmesso qualcosa che non saprei definire, sicuramente c’è in loro qualcosa di misterioso, di protettivo”.

Ai giovani che vogliono seguire una strada simile alla sua, Francesco consiglia l’auto produzione: “Ciò che si vuole si fa, senza fermarsi a fare troppe domande, senza porre questioni burocratiche, economiche, a volte politiche. In verità, non ci sono poi molti ostacoli se uno ha voglia di fare le cose”. E aggiunge: “Certo ci vuole costanza e determinazione ma bisogna sempre divertirsi “.

Tre suoni

Tre suoni

Nel prossimo futuro Francesco potrebbe tornare in Italia, anche se ancora non si sbilancia. Intanto rimane concentrato sui lavori in corso che lo vedono impegnato ad approfondire la tecnica del teatro d’ombre in un nuovo cortometraggio che vede protagonisti tre elmi esposti al Museo Guatelli. Tra i suoi prossimi progetti si nota una pluralità di nuovi linguaggi: un libro illustrato, una pièce radiofonica ispirata da Dylan Thomas e anche un lungometraggio. “In collaborazione con Stefano Cattini – racconta – stiamo cercando di realizzare un progetto su una storia molto padana, ‘Il tesoro del Bigatto’ di Giuseppe Pederiali”.
Un vulcano di idee sempre in fermento, insomma. “Faccio un po’ quello che mi sento, perché mi piace. Invece di guardare la tv, mi metto li e faccio qualcosina“.

 

di Emma Bardiani e Duna Viezzoli

foto di Diego Piccinotti

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