Europa: valori come bussola, mancano però le vele per sfruttare il vento

DA JUNKER UN DISCORSO CHE NON INSISTE SULLA COSTITUZIONE, CHE FORSE E' LA COSA CHE PIU' CI MANCA

000_SD7MMAlla fine del suo discorso davanti alla Commissione Ue, il presidente Juncker si riteneva soddisfatto, lasciava Strasburgo tra gli applausi, i complimenti, un’eco misto delle sue proposte e della bella citazione di Twain. Il 13 settembre di quest’anno ci ha dato di che sperare. Va ringraziato, perché innegabile è che la fiducia sull’Ue zoppica da un po’.
Quelli che della retorica ne dicono disonestà non sanno che non è un così inguaribile male. Quando Juncker dice che c’è altro oltre l’euro, oltre il mercato unico, non lo dice tanto per ma risolve, annacqua le inquietudini, porta ognuno di noi di fronte alla realtà europea, ai suoi tanti confini, culture diverse, valori condivisi, l’assenza di un rapporto intimo e indispensabile perché questa macchina sovranazionale possa funzionare.
Nel 1993, in Germania, un giudice di nome Dieter emanò una sentenza contro l’adesione dello suo Stato al Trattato di Maastricht. Pensate, il pilastro portante dell’Ue veniva d’un tratto spogliato, quasi umiliato da una sola voce: secondo il giudice tedesco, al Trattato mancavano dei corpi intermedi fra popolo e istituzioni. Quanta verità: quello che oggi è il motore politico d’Europa ne aveva, tramite uno dei suoi giudici, rivelato con coraggio una ferita che anche oggi si rivela sempre più profonda e che a me piace tradurre con l’assenza di una vera Costituzione europea.
“L’Unione Europea ha assicurato la pace – ricorda Juncker nel suo discorso -, abbiamo dei valori come bussola (…) l’Unione europea è libertà”. Nel suo ultimo discorso Juncker dice proprio questo: “L’Ue è libertà!”
Ma da quale punto di vista?
Per raccontarvene un’altra, nell’anno 2003 un’epifania arricchì ancora una volta le coscienze. Era il giorno della consegna del Progetto di Costituzione Europea e, uno di fronte all’altro, Berlusconi (l’allora presidente del consiglio europeo) e Giscard, con in mano il Progetto di Costituzione, discutevano sui pregi e difetti della carta.
Ogni volta che il francese cercava di parlare, una mosca prendeva a ronzargli intorno e lo interrompeva. La serietà si macchiava di agitazione, le parole di distrazione. Ma d’un tratto, appena la mosca si fermò sul tavolo, il presidente, stanco e preoccupato, afferrò il volume contenente la costituzione e schiacciò la mosca. La uccise, il corpo diviso in due: per metà sul volume e per metà sul tavolo.
Uccisa in quel modo, il sangue, la prima vittima della tanto attesa Costituzione, lasciò solo paure e metafore e preoccupazioni: non era forse un testo che ci avrebbe schiacciato tutti come quella mosca? Metà e metà? Ma poi, tutti chi? Un popolo? Ma è possibile l’idea di un popolo europeo? Ma non è forse una forzatura?
Fu allora che alcune verità vennero a galla: gli europei non sono un popolo culturalmente unito, troppo diversi fra loro. Le frontiere linguistiche ed economiche sulle quali lo stesso Juncker auspica dei miglioramenti non sono abbastanza, arricchiscono ma non uniscono.
A mio modo di vedere, anche la Carta di Nizza sa il fatto suo: tutela l’individuo, ma distrae, lascia dimenticare una cosa importante, “frammenta l’idea di popolo”.
Se non hai ‘territorialità europea’, non ci sono valori che tengano; se non c’è uno spazio deliberativo europeo per i cittadini dei vari Stati membri, se non c’è Europa in ogni angusto recesso d’Europa, dentro ogni onda del Mediterraneo, quei ‘sacri valori’ di cui parla Juncker non serviranno a nulla. Allo stesso modo non serviranno l’unione di due organi e l’introduzione di un Ministro unico delle Finanze, che tanto sembrano proposte calate dall’alto.

Caro Juncker, è vero, serve protezione, sicurezza, forza, ma anche tanta consapevolezza che l’unica cosa che può unirci non sono i valori, è una solidarietà, sia essa economica, politica, umanitaria che raggiunga ogni singolo cittadino d’europa. Una Costituzione d’Europa che lo ricordi sarebbe un bel passo avanti, le vele per il vento di cui lei ha parlato nel suo discorso. Perché non partire da questo?

di Carmelo Sostegno

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