La cultura del fallimento come punto di partenza del successo. Forse

UN NUOVO PARADOSSO PER NON ACCETTARE LA PROPRIA NORMALITA'

maxresdefaultNon serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere“, Albus Silente pronuncia queste parole nel primo libro della fortunata saga di J. K. Rowling. Ed è proprio questo il senso del discorso che l’autrice ha tenuto alla cerimonia di laurea di Harvard, nel 2008 ma oggi tornato di nuovo a far parlare i giornali: il messaggio di speranza e coraggio lanciato dalla scrittrice di certo non risulta anacronistico.
Non abbiate paura di fallire; imparate tutto ciò che potete dal fallimento”: l’appello ai giovani laureati. Gli studenti di una tra le più prestigiose università al mondo di ragioni per non temere il fallimento ne hanno e non poche. La ‘cultura del fallimento’, il credo secondo cui si può arrivare al successo nonostante i rifiuti e le delusioni, si sta via via diffondendo grazie a personaggi come la Rowling o Steve Jobs. Con le loro storie appare semplice credere che a partire da un garage o un viaggio in treno sia possibile ottenere ricchezza e fortuna. Ma basta partire dal basso ed essere disposti a prendere pesci in faccia senza mai arrendersi per raggiungere successo e fama?

‘Imparare dal fallimento’, un po’ come dire che l’esperienza è il miglior insegnante che si possa desiderare o che ‘se son rose fioriranno’, altri non è se non un luogo comune sempre efficace e di facile presa. Dall’alto del suo podio una scrittrice di fama internazionale tenta di ispirare le nuove generazioni con parole di conforto e incoraggiamento che si basano sulla sua storia personale.

JK-RowlingPer chi non lo sapesse J.K. Rowling nasce dal basso come in ogni storia ben romanzata ci si aspetterebbe. Depressa e divorziata ha scritto il fenomeno editoriale degli ultimi vent’anni ottenendo molta più notorietà e soldi di quanto potesse mai immaginare. Le generazioni cresciute ed educate dal maghetto più famoso al mondo hanno appreso tanti messaggi importanti di solidarietà e amicizia tramite la sua storia, personale e narrativa, e in virtù proprio di questo risulta forse arido l’incoraggiamento al successo.

L’azione impattante di Harry Potter sta proprio nel suo protagonista che, escluso l’elemento fantastico, rappresenta un personaggio anonimo, a tratti incapace, non dissimile da chiunque altro. Chi ha letto la saga sa che Harry il successo non se l’è cercato e che di capacità o aspirazioni straordinarie non ne aveva nessuna. La forza della storia che ha appassionato milioni di lettori è nei valori semplici e mai banali che propone: amicizia, famiglia e amore. Oggi per essere straordinari sembra invece necessario ottenere il successo, quello vero (?) dei soldi e della fama. Non basta più realizzarsi, essere anche anonimi ma soddisfatti dei semplici piaceri della vita.

I sogni del web e dei social sono quelli di corpi perfetti e vite di lusso, viaggi in tutto il mondo e foto da milioni di like. E’ una nuova idea di successo legato al consumo, che al fallimento guarda non più come nemico ma come stimolo, un mantra, tanto da credere che in alto hanno il diritto di arrivarci tutti. Si mira a essere i migliori anziché migliorarsi, anche ovviando ai problemi con degli escamotage piuttosto che attraverso reali soluzioni.

Forse non si teme più di fallire perché è diventato facile credere che i rifiuti dispieghino la strada alla grandezza. La meritocrazia o il duro lavoro fatto di piccoli traguardi sembrano scomparire alla luce del rinnovato valore del ‘fiasco’: “pazienza, prima o poi ce la farò”. Non temere di incorrere in un insuccesso non è certo un cattivo consiglio, ma arrogarsi il diritto di parlare di fallimento per chi vive di rendita dei propri trionfi risulta forse fallace.

CelebrationHarryPotterPer citare sempre l’autrice, “sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità“(Albus Silente in Harry Potter e la camera dei segreti). Il valore personale di un individuo, aldilà di ciò che è o meno in grado di fare, si racchiude tutto nella scelta di chi vuole essere. Aspirare al massimo, per quanto legittimo, non corrisponde alla sola idea di successo possibile ed è importante ricordarlo. Saper apprezzare la normalità, l’essere ‘babbani’ (i non-maghi nell’universo di H.P) in un mondo apparentemente magico, dove il successo è a portata di click, sarebbe il trionfo per eccellenza.

Non tutti potremo essere scrittori, fondatori di aziende ultra-miliardarie, scienziati, pop star od olimpionici. Nonostante i successi, o i tanto acclamati fallimenti, a volte non si arriva mai al traguardo; eppure la felicità, un mito ormai scalzato da tempo, pare comunque possibile e, verosimilmente, di gran lunga più accessibile a tutti.

Non occorre la magia per trasformare il mondo. Dentro di noi abbiamo già tutto il potere che ci serve: il potere di immaginarlo migliore”, la Rowling continua il suo discorso per i giovani facendo leva su un cambiamento necessario, certamente, quanto utopistico. Basterebbe forse imparare a starci al mondo, trasformando prima di tutto se stessi, per riuscire a fallire, fino in fondo e bene, senza rimpianti.
di Vittoria Fonzo

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