Sulle nostre spalle il peso delle disumanità in Libia

MIGRANTI VENDUTI COME SCHIAVI. E I TRAFFICANTI DI IERI DIVENTANO I GUARDIANI DI OGGI E GLI INTERLOCUTORI DEI GOVERNI

Vogliamo frontiere più sicure,Paolo Gentiloni ed il Premier libico internazionalmente riconosciuto, Fayez al Sarraj-2 la fine degli sbarchi sulle nostre coste, basta migranti disperati che “affollano” le nostre città. Tutte richieste legittime, soddisfatte negli ultimi mesi dal governo italiano. Per arginare il flusso migratorio dalla Libia, a febbraio è stato firmato un accordo tra il presidente del consiglio Paolo Gentiloniil primo ministro del governo di unità nazionale di Tripoli Fayez al Serraj, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale. Bene, potremmo dire, ma a che prezzo?

Partiamo dai numeri: ad agosto ci sono stati solo 3507 sbarchi, rispetto ai 21294 dell’anno precedente. Un ottimo risultato se facciamo sì che il nostro sguardo non si spinga oltre le coste italiane. Ma dall’altra parte cosa accade? Un po’ fantasioso credere che si siano tutti volatilizzati, che una firma sia stata capace di risolvere un’emergenza migratoria così complicata. Di fatto, i risultati di questi accordi, che vanno avanti dal 2008, non si sono fatti attendere: un’inchiesta della Cnn ha mostrato al mondo CNN PEOPLE FOR SALEcosa accade in Libia ai migranti irregolari bloccati nei centri di detenzione. “Big strong boys for farm work“, afferma il battitore d’asta. Ragazzi giovani e forti, adatti per il lavoro nei campi, vengono venduti in quella che si può definire una vera e propria tratta umana. Le offerte partono da 800 dinari libici e arrivano fino a 1200, l’equivalente di 800 dollari. In un’altra asta ripresa in video, a cui la giornalista Nima Elbagir assiste incredula, si ripete la stessa identica cosa con decine di persone diverse, in un edificio appena fuori da Tripoli. Così anche in altre località, almeno nove tra cui Zuwara e Sabratha, i due punti nevralgici a sole due ore dalla capitale da cui partono la maggior parte dei barconi. O per meglio dire, partivano.

Ora, dopo le sovvenzioni da milioni di euro arrivate dall’Unione Europea e dall’Italia, la fantomatica guardia costiera libica li ferma riportandoli indietro. E con ‘indietro’ si intende nei centri di detenzione. Gli stessi in cui sono stati denunciati innumerevoli soprusi, stupri, violenze di ogni genere. Ammassati come maiali in un porcile, alla mercé di miliziani che controllano non solo il centro ma la città stessa. Soprattutto, significa riportarli in luoghi dove quelli che fino a poco tempo fa erano trafficanti, ora sono diventati magicamente milizie impegnate nella lotta anti traffico. Un esempio? A Sabratha fino allo scorso ottobre comandava la milizia Dabbashi che dal 2015 si occupava della sicurezza dell’impianto Eni a Mellita e aveva espresso sia il capo della divisione locale dell’Isis, Abdullah ‘Abu Maria’ Dabbashi ucciso ad aprile, che quello Libiadella guardia costiera. L’altra in campo è la milizia ‘Brigata 48′. In un’inchiesta dell’Associated Press, in cui si ipotizza che il governo italiano abbia stretto accordi con queste milizie, cinque diverse fonti confermano che quest’ultime sarebbero coinvolte nel traffico dei migranti. L’Italia nega ma, come riporta Daniele Raineri del Foglio, sulla pagina Facebook del battaglione ‘Martire Abu Anas al Dabbashi’ è stato pubblicato un post in cui affermano di aver coordinato l’arrivo di aiuti per l’ospedale di Sabratha da parte del governo italiano. Spostandosi a Zawiyah si riscontra uno scenario simile: qui un’inchiesta di Nancy Porsia e un rapporto consegnato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, riportano che l’attuale capo della guardia costiera Al Milad, conosciuto anche come Al Bija, collaborava con i trafficanti locali e ancora oggi chi non paga un pizzo prima di far partire i barconi viene bloccato. Motori sequestrati e migranti riportati nei centri di detenzione controllati dalla stessa milizia di Al Bija. In sostanza, i trafficanti di ieri diventano i guardiani di oggi

Molti hanno condannato le scelte del governo italiano: nel breve periodo portano a risultati immediati, spendibili in campagna elettorale, nel lungo periodo, invece, non risolvono nulla e complicano la nostra posizione sullo scacchiere internazionale; la credibilità di un Paese che fino a ieri era in prima linea nell’accoglienza, chiedendo a gran voce il sostegno delle vicine democrazie europee, e che adesso ripiega lo sguardo cercando giustificazioni di fronte alla pesante accusa dell’Onu per un accordo con le autorità libiche dalle conseguenze “disumane”.
Ora che la milizia a Sabratha è stata sconfitta da una coalizione in cui capeggia un gruppo caldeggiato da Haftar, chi prenderà il controllo della città? Il generale della Cirenaica, dopo questa apparente vittoria, ha avuto due colloqui con Minniti ed è volato anche a Parigi per incontrare Macron. La Libia non ha un governo centrale, ma è diviso in due parte i cui rappresentanti non vogliono raggiungere un accordo. In questo caos le ingerenze di altre nazioni, come la Francia, non trovano molti ostacoli. Anzi, potrebbero sfruttare le critiche che vengono mosse al nostro governo per presentarsi come risolutori di una situazione al collasso. Nel frattempo, gli uomini con cui noi stringiamo accordi continuano ad arricchirsi: le aste, come testimoniato da Victor, un ragazzo nigeriano di 21 anni intervistato da Nima IMMIGRAZIONE: A LAMPEDUSA 6.200 MIGRANTIElbagir, servono a ripagare il debito contratto con i trafficanti. E così centinaia di altre persone come lui. In più arrivano gli aiuti dal nostro governo: soldi, barche o “equipaggiamento” di imprecisata natura, come conferma il portavoce della milizia ‘Al Ammu’, Bashir Ibrahim, ad Associated Press

Forse non possiamo parlare di colpe, ma di certo nostre sono le responsabilità. È indubbio che l’Unione europea abbia lasciato l’Italia da sola per troppo tempo, ma sul Regolamento di Dublino c’è anche la nostra firma. I voti contrari alla sua riforma sono anche nostri. Gli accordi con le milizie pure. Vi sono state diverse denunce documentate sia sulla violazione dei diritti umani nei centri di detenzione libici, sia sull’atteggiamento della guardia costiera libica verso le Ong. Quest’ultime sono state al centro di una campagna diffamante basate su insinuazioni, i cui autori sono anche rappresentanti delle nostre istituzioni. E tra le conseguenze degli accordi fatti, vi sono anche le aste di questi nuovi schiavi.
Davide De Luca si chiedeva sulle pagine del PostQuanti morti volete a Ferragosto?“. Io mi chiedo quante responsabilità vogliamo ancora sulle spalle prima di diventare irrimediabilmente complici.

 

di Carlotta Pervilli

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