“Sosta forzata” rimozione forzata

IL GIORNALE DEL CARCERE LE NOVATE DI PIACENZA; LA RIMOZIONE FORZATA DEL GIORNALE DOPO 13 ANNI DI ATTIVITA'

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Il giornale “Sosta forzata” iniziò la sua attività grazie alla giornalista Carla Chiappini, direttrice del giornale, e grazie al consenso della direttrice della casa circondariale di Piacenza, Caterina Zurlo.

Che cos’era “Sosta forzata”?
“Sosta forzata”, risponde Carla Chiappini, “era un’attività di laboratorio di scrittura e di riflessione, che si svolgeva una volta alla settimana.
In questo laboratorio, una redazione fatta di una ventina di detenuti, si riuniva per due ore”.
Gli articoli, mi spiega la direttrice del giornale, potevano raccontare la vita del carcere, il come si arriva in Carcere, oppure i rapporti con i famigliari.
Tutti gli articoli sono stati scritti a partire da quella che è la competenza dei detenuti, che consiste nella vita del detenuto, nella sua esperienza di detenzione e nella sua esperienza con la giustizia, il tutto, come sottolinea la direttrice del giornale, “raccontato nella maniera più corretta possibile”.
La redazione del giornale era composta da detenuti di media sicurezza, molti dei quali stranieri.
I numeri di “Sosta forzata” uscivano in allegato al giornale diocesano “Il nuovo giornale”.

Come è stato accolto il progetto del giornale Sosta forzata dalla direttrice del Carcere?
“Il progetto è stato molto sostenuto inizialmente dalla direzione.
Nel corso degli anni i rapporti si sono complicati, quando tu lavori in un Carcere e ti accorgi che vengono lesi dei diritti viene istintivo chiedere qualcosa di più”.

Si trattava di richieste, spiegazioni o semplicemente l’istinto di far presente alcune situazioni, fino a quando i rapporti tra la direzione del carcere e il giornale si sono complicati.
Giunse una comunicazione, racconta Carla Chiappini, in cui si diceva che “è un’attività che ha fatto il suo tempo, ora la dobbiamo rivedere”.
A questa comunicazione ha avuto seguito una lunghissima revisione, “una fase molto complicata in cui aveva un ruolo anche il comune, il quale avrebbe dovuto sostenere la revisione del progetto”.
La comunicazione ufficiale di chiusura dell’attività del giornale giunse per raccomandata nel 2014, con quest’ultima si faceva sapere alla redazione la mancata volontà da parte del Carcere di sostenere questa attività.

Sono state fornite motivazioni a riguardo?
“No”

Nessun tipo di spiegazione quindi alla “Rimozione forzata” di un giornale che ha avuto vita all’interno del carcere per 13 anni.

Lei che idea si è fatta?
La direttrice ha pensato alle possibili ipotesi riguardo la motivazione della “Rimozione forzata” del giornale del carcere.
“La comunicazione ufficiale esprime la volontà da parte del carcere di non sostenere più questo tipo di iniziativa”, non si sbilancia inizialmente la direttrice, ma aggiunge poi, che è inevitabile ragionare sul fatto che “il giornalismo non è un laboratorio di teatro”.

Fare un laboratorio di teatro al massimo può creare problemi nell’organizzazione, fare giornalismo vuol dire esprimere parole in libertà, vuol dire far arrivare la propria voce fuori dalle mura del Carcere, veri e propri confini dello spazio e del tempo, vuol dire lasciare un segno.
“Sorta forzata” è stata un’iniziativa certamente in contrasto con la sospensione della libertà che si subisce nel Carcere, ma proprio per questo straordinaria.

Di seguito due frammenti tratti dagli articoli di due detenuti, pubblicati sul numero zero si “Sosta forzata”.
Detenuto x numero zero Sosta forzata:
“Qui sono triste, mi chiedo perché ho sbagliato; però adesso che la mia vita è nelle mani degli altri, finalmente e, purtroppo tardi, ho capito il mio sbaglio”

Detenuto y numero zero Sosta forzata:
“Guardo il pavimento della mia cella. Guardo ogni angolo e spigolo. Guardo le mie mani e sorrido. Io sono migliore?
Sì, signori, io sono migliore; le mie mani possono fare cose molto più belle di questo pavimento […] io sono un pavimentista nato […]”

Un detenuto nel momento in cui entra in Carcere perde il diritto di libertà a causa dei reati commessi, ma la libertà di esprimersi, di lasciare una traccia scritta di sé, di esprimere le proprie capacità, rimane un diritto di tutti e “Sosta forzata” fino a quando gli è stato permesso ha dato voce a tale diritto.

 

Vanessa Benedetti

 

 

 

 

 

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