“The Ballad of Sexual Dependency”: il flash di Nan Goldin illumina le vite al limite

L’epopea privata della fotografa americana presentata alla Triennale di Milano

La bellezza e l’oscenità. Immortalate in una convivenza disperata. Dall’oscurità dei meandri newyorkesi degli anni 70, Nan Goldin porta alla luce le esistenze sregolate di uomini sopraffatti dalle dipendenze: droga, alcool e sesso.

Dagli scatti emerge una visione genuina, quasi pura, di una realtà terribile. L’intento è quello di riprendere i suoi amici e amanti in un grande, anomalo, album di famiglia. La sua famiglia originaria invece l’ha abbandonata da ragazza, dopo il suicidio della sorella diciottenne. Da Boston arriva a New York, dove, tra gli anni 70 e 80 anticipa la tendenza del moderno “diario” fotografico: una documentazione priva di patine o filtri, che catapulta l’osservatore in un attimo di vita altrui. Una sequela di esistenze sconvolte e stravolte. Eroina, lividi, balli sfrenati e sessualità in tutte le sue forme. Immortalati in ritratti sinceri, quasi nobilitati, resi oggetto di messaggi sociali.

Twisting at my birthday party, New York City, 1980, by Nan Goldin

Twisting at my birthday party, New York City, 1980, by Nan Goldin

L’esposizione di questa immensa raccolta, presentata alla Triennale di Milano dal 19 settembre al 26 novembre, risponde al titolo di “The Ballad of Sexual Dependecy”  ed è pensata come uno slideshow di circa 700 fotografie. La sequenza è accompagnata da musiche scelte personalmente dalla fotografa che sembrano prenderci per mano e condurci a passo di danza nella spirale della narrazione per immagini.

Si assiste ai momenti intimi passati dalla Goldin tra amici e amori. Si rivive la sua esistenza. Se ne avverte il disagio. Tutto è colto nella sua spontaneità.

“Questo lavoro è sempre stato un lavoro sulla realtà, la dura verità, e non c’è mai stato nessun artificio. Ho sempre creduto che le mie fotografie catturino un momento che è reale, senza nessuna organizzazione”.

Fortemente criticata allora, Nan Goldin oggi è riconosciuta come pietra miliare della fotografia contemporanea. La tecnica, l’inquadratura corretta, il formalismo, lasciano il posto al pensiero avanguardista. Lo scatto sostituisce la memoria, diviene un ricordo che non può e non deve essere modificato. La fotografa non mente, non illude, vuole solo ricordare a sé stessa ciò che ha vissuto. Si entra nella sua mente e nei suoi giorni, anche quelli più neri, neri come l’occhio pesto che le ha procurato un suo ex fidanzato e che ha voluto fotografare nel celebre “Autoritratto un mese dopo essere stata picchiata”. Forse uno scatto che vale più di mille campagne di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Non solo perché è reale, ma soprattutto perché fa rientrare tale abuso in una triste modalità di relazione umana e sociale.

Nan one month after being battered 1984 by Nan Goldin

Nan one month after being battered 1984 by Nan Goldin

 
Il più grande traguardo è sicuramente quello di essere riuscita a unire alla sua vita il proprio percorso artistico, creando un unico, grande, spettacolo. E di averci permesso di guardarlo comodamente da dietro le quinte. La luce innaturale del flash illumina stanze, notti, volti sconvolti, e la nostra visione del mondo.

 

Sebbene la Goldin abbia affermato nel tempo che questa raccolta è da considerarsi un’opera aperta: “Non smetterò di farla evolvere per tutto il corso della mia vita. Questo lavoro è nato nel 1979 ma la Ballad continua a essere in scena”, il 5 dicembre 2017, a dieci anni dalla prima pubblicazione, è stata rieditata da Steidl “The Beautiful Smile”. La retrospettiva della stessa opera con la quale vinse il più importante premio di fotografia internazionale al mondo, The Hasselblad Award e che oggi rappresenta un punto di svolta. Contiene le foto tra gli anni 70 e 90 ma nessuno scatto dopo gli anni 2000. Questo perché molti dei suoi amici non sono sopravvissuti o hanno ormai famiglia e lei ha cessato di fotografarli. Ed ha iniziato a dipingere. Questa volta non con un obiettivo sociale ma unicamente per sé.

Kathleen at Bowery Bar, 1995, by Nan Goldin

Kathleen at Bowery Bar, 1995, by Nan Goldin

 

 

 

 

 

 

di Virginia Genco

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