Marco e Anna: tra l’albero e la capanna.

PER ALCUNI UN NATALE DIVERSO. STORIA DI ORDINARIA POVERTA'.

Una storia che rischia, come milioni di altre, di passare inosservata tra lo scintillio di questi giorni di festa.

Marco (nome di fantasia) è un uomo di circa 45 anni.

Barba lunga, incolta, l’aspetto stanco e trascurato di chi non dorme da giorni. Cammina lentamente, trascinando i passi, ma mi stupisce lo sguardo diretto e vivo.

Con le mani nelle tasche, si esprime con voce chiara: “Mi chiamo Marco, non le do la mano perché io al suo posto, ad uno come me, non la darei”.

Quella di Marco non è la classica storia di Natale, ma è una storia ormai drammaticamente comune e che, come tale, rischia di cadere nell’indifferenza, anche tra l’albero di Natale e la capanna del bambinello.

Marco si racconta, lavorava in proprio, dice, era artigiano edile e guadagnava bene.

Come molti si innamora di Anna, la chiameremo così, giovane e bella ragazza africana, molto integrata nel tessuto socio economico emiliano. Insieme comprano casa e si sposano.

Marco e Anna, come nella canzone di Dalla, sono due come tanti, una vita normale, piuttosto serena, le difficoltà di ognuno di noi.

Fino a qualche anno fa, fino a che la crisi del settore edile colpisce anche loro.

Marco ottiene sempre meno lavoro.

Ci prova, si reinventa ed accetta lavori di ogni tipo, ma le commesse sono sempre di meno e molto spesso i clienti per i quali ha lavorato non pagano, colpiti anche loro dalla stessa congiuntura economica.

Marco ed Anna faticano a pagare il mutuo della casa e la banca non si fa certo attendere ed esige il rientro immediato.

In poco più di un anno Marco ed Anna perdono la stabilità economica, la casa e, a poco a poco, anche la dignità.

Con quel poco che rimane dalla vendita dei mobili che riescono a salvare dai pignoramenti che si susseguono, Marco acquista un biglietto di sola andata per l’Africa. Un solo biglietto, solo per Anna.

Lei almeno ha ancora una famiglia di origine là e certo l’accoglieranno. Qui il suo destino è drammaticamente segnato, meglio tornarsene a casa, da sola.

Da quando ha perso la casa Marco vive per strada, dice che d’inverno trova rifugio in sala d’attesa del Pronto Soccorso, soprattutto quando è molto affollato o in Stazione quando va peggio.

Ha provato a cercare un piccolo appartamento in affitto, almeno una stanza, ma nessuna agenzia e tanto meno nessun privato affittano a lui, che non può fornire garanzie lavorative e di stabilità.

Marco mangia alla Caritas, qualche volta un panino in un bar, ma si vergogna di entrare nei locali pubblici perché non avendo una casa non può lavarsi e si sente sporco, indegno.

Confessa che si sforza di dimenticare Anna, si sente responsabile del fallimento del loro progetto di vita. Non ha nemmeno più il telefono, derubato da chissà quale altro disperato qualche tempo fa e non può più comunicare con lei. “Meglio – dice – così fa meno male”.

E in questi giorni affannati in cerca del regalo giusto, Marco cerca ovunque la sua dignità.

 

di Rita Bacchi Pessina

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*