Desirée e il desiderio di cambiare vita

UNO SGUARDO SULL'AFRICA: TRA LE SUE PECULIARI CONTRADDIZIONI E LE TANTE COSE CHE, INVECE, CI UNISCONO

È un freddo pomeriggio d’autunno e ho appuntamento al Bookstop di via Borgo Trento (Brescia) con Desirée, una donna ivoriana di 38 anni conosciuta tramite amici, molti anni fa.

Desirée

Quando sei venuta in Italia?
Saranno 18 anni ormai. Avevo 20 anni quando sono arrivata in Italia, a Perugia. Era primavera, il 5 di marzo e mi ricordo che nevicava. È una cosa che mi è rimasta impressa. Non avevo mai visto la neve!

Perché sei venuta qui?
Sono venuta perché volevo fare un’altra esperienza, sono venuta per cambiare vita. Per vedere com’era la vita in Europa. Molta gente del mio Paese veniva in Europa, tornava e raccontava dandoci la voglia di andare alla scoperta senza sapere in verità a cosa andavamo incontro.

Cos’hai provato al momento della partenza?
Sapevo che non sarebbe stato facile. Che bisognava lottare. Ero preparata.

Perché hai scelto proprio Perugia?
Ho scelto Perugia perché bisogna andare dove si ha almeno un parente che ti accoglie. Là viveva mia zia. Un’altra parte della mia famiglia vive in Francia. Mia sorella viveva con il marito e i figli a Parigi, ora si sono trasferiti a Lione.

Perché non sei andata anche tu a Parigi, dove sarebbe stato più facile visto che parli il francese?
Io ho proprio voluto venire in Italia. Si parlava del Vaticano e del Papa, ho pensato fosse lo Stato dove la religione stava seduta. E in più volevo imparare un’altra lingua.

Tu non parlavi l’Italiano?
No, non lo conoscevo per niente. L’ho imparato vivendo e lavorando. Ho trovato subito lavoro come assistente ad un anziano e ho dovuto imparare l’italiano per forza.
Quando vedo tanti stranieri che sono qui da 20 anni e ancora non riescono ad esprimersi..non capisco!

Cosa ti aspettavi dall’Italia rispetto alla vita che facevi?
Mi aspettavo una vita migliore. Io vivevo nella capitale del paese, ad Abidjan (Centro amministrativo del paese, [N.d.R.]).
La Costa d’Avorio, prima delle guerre, era un paese ben visto dagli altri paesi dell’Africa, molto moderno, con grattacieli e strade asfaltate. Abidjan è per gli africani la Parigi europea.
Quindi, arrivata a Perugia, non sono stata troppo spaesata. Volevo cambiare stile di vita, lavorare e guadagnare per aiutare i miei genitori e fratelli. Siamo una famiglia numerosa, ho 24 fratelli e sorelle. La famiglia in Africa è un concetto diverso rispetto a qui. Siamo figli dello stesso padre ma con madri diverse. Mio padre aveva diverse mogli e io li sento tutti come miei fratelli. Tranne un fratello che ora vive in Germania ma che non ho mai conosciuto.

Chi ti è rimasto della tua famiglia in Costa d’Avorio?
Quasi tutti sono ancora in Africa. Difficilmente riesco ad andare a trovarli, non sono riuscita nemmeno ad andare al funerale di mio padre e di una delle mie sorelle.

Mentre tu eri qui, ci sono state delle guerre in Costa d’Avorio, come hai vissuto questa cosa?
Ci sono state due guerre (Una alla fine degli anni ’90, l’altra si è conclusa nel 2010. [N.d.R.]) La seconda guerra l’ho vissuta male, vivendo qui e sapendo che nella mia città, dove c’era la mia famiglia, scoppiavano delle bombe. È stato un incubo perché non sapevo nulla. In Italia non si hanno notizie che riguardano l’Africa né dai giornali né dalla televisione. Riuscivo a tenermi informata tramite la mia famiglia. Avevo paura sarebbe stata una guerra lunga. C’erano più che altro disordini e massacri da parte degli “squadroni della morte”. Sono durati un anno. Mio fratello ha rischiato di essere preso. Sono riusciti ad avvertirlo in tempo ed è fuggito (La versione del governo ivoriano e di alcuni giornalisti presenti sul posto parla di ribelli mercenari, pagati dal governo francese, per destabilizzare un potere politico nazionalista ed intellettualmente autonomo che minava gli interessi economici francesi. [N.d.R.]). C’è stata una manipolazione. Ci convincevano che era una guerra tribale. Il nostro primo Presidente Félix Houphouët-Boigny ha fatto capire molte cose al popolo: che potevamo essere indipendenti. Nonostante fosse quasi una dittatura, si stava bene, c’era la pace. L’unica cosa era che non si poteva uscire dal paese. Laurent Gbagbo (Presidente dal 2000 al 2010. [N.d.R.]), invece, voleva l’indipendenza vera dalla Francia, voleva che il suo popolo fosse libero di uscire dal paese, aveva in mano le nostre risorse e i nostri beni. Voleva lavorare per il paese e bloccare i francesi. Lui era per il popolo. Voleva che imparassimo a camminare con le nostre gambe. L’hanno messo in carcere, ma non trovano le prove a sostegno che ci sia stato lui alla base dei massacri. Poi le cose si sono calmate (Il Presidente Henri Konan Bedié, sostenitore di politiche xenofobe e del concetto di ivorianità, è stato incarcerato per crimini contro l’umanità. [N.d.R.]) ed è venuto un altro Presidente, Alessane Ouattara (Riconfermato nelle elezioni del 2015. [N.d.R.]).

Io credo che la Francia abbia avuto a che fare con l’elezione del nuovo Presidente.
Abbiamo l’indipendenza, ma non è vera.

Ora come vanno le cose in Costa d’Avorio?
Le cose non sono come il popolo le vorrebbe. Ma si accontenta perché vuole la pace.
Per me è importante trasmettere la storia del mio Paese, come ho già detto, in Italia si sente parlare dell’Africa troppo poco e male, dai media.

Cambiando argomento…ci sono stati dei momenti qui in Italia in cui ti sei sentita discriminata?
Si. Io volevo lavorare e non ho avuto difficoltà a trovare lavoro, sempre e solo come assistente però. In Umbria ho avuto una bella esperienza, mi hanno accolta bene, anche se ero molto a disagio che tutti mi guardassero. Ho imparato a non farci caso. Qui al Nord è peggio, ho vissuto sulla pelle il razzismo. Mi davano fastidio soprattutto i commenti sull’autobus. Sono passati 18 anni e ora le cose sono un po’ migliorate.

Secondo te, sarebbe stata diversa la tua esperienza se ti fossi trasferita in un altro paese?
Sarebbe stato più semplice in città come Londra e Parigi, si sente che c’è un misto di culture. Non mi sarei sentita così diversa. A me però è sempre piaciuta l’Italia.
Oggi avrei voglia di andare via. Vorrei andare in Inghilterra o in Canada ma sto aspettando che mio figlio (Il figlio della sorella che è deceduta. [N.d.R.]) possa prendere il passaporto italiano per poter seriamente decidere cosa fare.
In Inghilterra avrei la possibilità di studiare e trovare un lavoro diverso. Vorrei diventare assistente sociale.

Ti senti più italiana o ivoriana?
Sono contenta di avere la possibilità di poter avere due passaporti: quello italiano e quello ivoriano, perché mi dispiacerebbe dover rinunciare alla mia identità ivoriana.
Ma oggi mi sento Italiana.
Ho tutto un altro modo di vedere le cose, questa esperienza mi ha cambiata.
E io mi sento italiana.

 

di Camilla Turrini

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