Benvenuti nel Paese delle Meraviglie: il Perù

SCONFINATI PAESAGGI, UN'IMMERSIONE IN UNA CULTURA RICCA DI COLORI E PROFUMI: IL MIO CAMMINO SULLE ANDE

Chi è appassionato di viaggi lo sa. Quando c’è una wishlist di posti da vedere, quando c’è la fortuna di poter scegliere la meta per un viaggio, la prima cosa a cui si pensa sono le “Sette meraviglie del mondo moderno”.

Chichén Itzá in Messico, il Cristo Redentore in Brasile, La Muraglia cinese, il sito archeologico di Petra in Giordania, il “nostro” Colosseo, il Taj Mahal ad Agra in India e Machu Picchu in Perù.

Io ho superato la metà della mia lista. L’ultima spunta è arrivata in occasione dell’ultimo viaggio in Sud America.

Sono volata in Perù, con un volo low cost di 20 ore. Milano-Lima con scalo a Miami. Budget assolutamente limitato, un mese di tempo e un unico punto fisso: affrontare il Camino Inka di 4 giorni sulle Ande per arrivare a Machu Picchu. La città sacra degli Inca a pochi chilometri in linea d’aria da Cusco, l’ombelico del mondo, la capitale e la culla delle culture del Sud America.

È necessario lasciare a casa le comode valigie con rotelle e altri comfort, è doveroso armarsi di spirito d’avventura e di un robusto zaino da trekking.

L’unico modo, per affrontare un viaggio in Perù in solitaria, è affidarsi alla numerose compagnie di autobus che coprono ogni tratta possibile. I tragitti possono durare anche 22 ore. Sconsigliato è, infatti, noleggiare una macchina e viaggiare da soli. Le distanze sono immense, le strade strette, che corrono su e giù dalle Ande, sono male illuminate e non si trova un distributore di benzina fuori dai centri abitati, nemmeno a pagarlo. Alto è anche il numero di incidenti che coinvolgono i mezzi pesanti. L’ultimo all’inizio di quest’anno: un camion ha urtato un autobus carico di gente, che tornava dai festeggiamenti di capodanno, scaraventandolo in una scarpata, centinai di metri più in basso. I soccorritori, in elicottero, hanno fatto un bilancio di una cinquantina di vittime.

Non nascondo che il viaggio sia impegnativo, ma rivela non poche sorprese.

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Il Perù sembra un Paese contenuto, visto sulla cartina, ma la sua topografia è articolata. Ciò che più colpisce è sicuramente la varietà di paesaggi, di culture e tradizioni, di flora e fauna. È uno dei Paesi con più biodiversità al mondo.

La costa pacifica ospita, oltre alla capitale, alcune delle zone balneari migliori del continente, sicuramente le migliori per cimentarsi nel surf (sempre che si accetti l’idea di venire superati dai bambini peruviani, che con le loro piccole tavole, affrontano le onde come fossero professionisti).

Oltre la costa, inizia il deserto sabbioso, o roccioso, sicuramente arido e inospitale. Ma la totale mancanza di pioggia, o vento, ha permesso la conservazione delle Linee di Nasca: 900 glifi, figure geometriche e disegni zoomorfi disegnati nella sabbia centinaia di anni prima di Cristo, e ancora oggi un mistero per gli studiosi.

Attraversato il deserto, si comincia a salire sulla Cordigliera delle Ande. La spina dorsale del Sud America comincia qui, per terminare in Patagonia. 7200 chilometri di vette innevate che superano i 6000-7000 metri di altitudine. Circondati da paesaggi onirici, sembra di stare su un altro pianeta; la sensazione è sicuramente accentuata dal fatto che, per gente non abituata a quelle altitudini, il mal di testa e il senso di stordimento sono onnipresenti. I peruviani affrontano il problema masticando enormi quantità di foglie di coca (da loro ritenuta una pianta sacra, poiché allevia i sintomi legati all’altitudine e aiuta ad affrontare fatica, fame e stanchezza). Il mate de coca è la bevanda che viene offerta ai turisti che arrancano per le montagne (o nei casi gravi, vere e proprie bombole d’ossigeno); mentre i locali, letteralmente, corrono sui sentieri di montagna, trasportando ingenti pesi sulle spalle, con un equipaggiamento che, nel migliore dei casi, definirei inadeguato.

Ai piedi delle Ande si estende incontaminata la foresta Amazzonica. L’area amazzonica del Perù è ancora inesplorata. Vista dalla cartina geografica, è un’enorme chiazza verde scuro: niente strade, niente aeroporti, niente città, solo fiumi, la maggior parte delle volte, difficilmente navigabili. Qui vivono tribù indigene che non sono entrate in contatto con l’occidente. Per ora. La colonizzazione spagnola qui è stata pressoché impossibile. Per fortuna.

Mentre, in molti altri posti, le strade, le chiese e le case, che compongono il centro urbano, sono tutte state costruite dagli spagnoli, smantellando i templi e le cittadelle inca e riutilizzando le pietre, già perfettamente intagliate.

I peruviani sono gente schiva, timida e riservata. Un popolo di gran lavoratori, efficienti, che ha saputo trarre il meglio dalla propria terra: l’inospitalità di molte zone del paese è diventata, per loro, fonte di ricchezza e diversità. Sicuramente tanto rimane da fare, in un paese sulla soglia della modernizzazione, e il turismo è, per ora, il pilastro portante della loro economia. E lo si nota costantemente. Il turista è accolto calorosamente da una popolazione che non vede l’ora di condividere e mostrarsi orgogliosa delle proprie tradizioni e leggende.

Come ho già detto, ciò che colpisce di più del Perù è la sua varietà. Di paesaggi, di lingue, di genti, di colori e profumi.

Basta entrare in un mercato agricolo per accorgersene. Qui ogni cosa è all’ennesima potenza. Migliaia di varietà di patate, mais dai mille colori e frutta che sembra provenire dal giardino dell’Eden. I peruviani hanno saputo sfruttare la biodiversità del loro territorio soprattutto in tavola. Il risultato è una delle cucine più ricche, diversificate e complete che mi sia mai capitato di scoprire, con influenze asiatiche, africane e creole. Un vero piacere dei sensi.

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Visitare il Perù vuol dire passare da metropoli cosmopolite come Lima a villaggi di tribù indigene isolate dal mondo, da moderne città d’arte come Arequipa e Cusco a siti archeologici dimenticati e nascosti, da riserve naturali a immense spiagge deserte, da profondi canyon a imponenti vulcani.

Ma l’esperienza che desideravo vivere, al di là della maestosità dei paesaggi e dei piaceri della cucina, era il cammino di purificazione che conduce a Machu Picchu.

Il trekking più famoso del Sud America, e anche il più difficile (cosa che ho scoperto solo a cammino concluso!).

Sono 45 chilometri di strada lastricata a gradini a 3000 metri di alitudine, costruita dagli Inca per collegare avamposti e cittadelle abbarbicate sulla Cordigliera. Un sentiero che attraversa fiumi, vallate e passi di montagna, il più alto dei quali è di 4200 metri.

Affrontare un trekking, a quell’altitudine, con lo zaino in spalla, senza nessuna comodità, dormendo nelle tende e camminando tutto il giorno, è sicuramente faticoso. Ma la sensazione dell’ultimo giorno, quando l’alba ti coglie alla Porta del Sole e la città perduta spunta come per magia dalla nebbia, è indescrivibile. Dimentichi per un momento la voglia di un letto morbido, di un bagno caldo o di indossare vestiti puliti, e una grande energia ti circonda, insieme ad un immenso senso di soddisfazione e orgoglio per avercela fatta, ad arrivare fin lassù, con le tue gambe.

Il mio consiglio, per chiunque voglia intraprendere un’avventura in questo Paese, è di lasciare le comodità e i pregiudizi a casa, armarsi di uno zaino capiente e di un equipaggiamento adatto ad affrontare le tante avventure: il trekking in altitudine, il surf sull’oceano, i bagni termali ai piedi dei vulcani, il sandboarding nel deserto e le afose notti nella foresta.

Non dimenticando la voglia di immergersi nel diverso e nell’inaspettato, per lasciarsi sorprendere.

Tornerete sicuramente arricchiti, come se aveste affrontato mille viaggi, in uno.

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di Camilla Turrini

 

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