A che cosa serve oggi studiare le lingue “morte”?

L'UTILITÀ DEL GRECO E DEL LATINO NEL MONDO 2.0.

Lingue Antiche

 

“Historia magistra vitae”, “Carpe diem”, “Ad maiora”: le più grandi citazioni di tutti i tempi non sono in italiano, ma appartengono alle lingue classiche.

Ha senso per i ragazzi d’oggi cimentarsi nelle declinazioni se sono cresciuti con i computer?

Secondo i recenti dati ISTAT solo una piccolissima percentuale di studenti sceglie indirizzi liceali con il greco o il latino.

Le cause del fenomeno spesso sono associate alla tecnologia dilagante e alla crisi economica, la quale spinge le famiglie a scegliere per i loro figli istituti tecnici o professionali che rilasciano diplomi utilizzabili immediatamente nel mondo del lavoro.

Nella realtà dei fatti tutto ciò si svolge diversamente: la tecnologia è destinata al fallimento senza l’apporto della storia, della filosofia, della letteratura e soprattutto senza quella fluidità mentale che si conquista attraverso lo studio del latino e del greco.

Cimentarsi in queste discipline apre la mente, insegna a ragionare e ad essere logici, e soprattutto aiuta a comprendere meglio l’italiano e la sua grammatica.

Inoltre, analizzando le civiltà antiche, si apprendono i fatti, le istituzioni e i pensieri politici che sono alla base della nostra cultura contemporanea.

Attualmente sono molti gli studenti che, terminati gli studi secondari di primo grado, scelgono indirizzi liceali per acquisire un metodo di studio utile in ambito universitario, ma optano per quei curricula che hanno eliminato completamente le lingue classiche o che le hanno ridotte drasticamente in termini di ore settimanali e annuali.

Il primo interrogativo che sorge è questo: cosa possono fare i professori per catturare l’attenzione e l’interesse dei nativi digitali?

In primis dovrebbero provare ad alimentare nei ragazzi un atteggiamento critico verso la miriade di informazioni online, evitando la passività nella scelta: per usare la rete in maniera intelligente, infatti, è necessaria una buona cultura.

Interessante potrebbe essere anche l’utilizzo di programmi di presentazione, come PowerPoint, per rendere più efficaci le lezioni, dato che gli studenti sono maggiormente attratti dall’immagine che dalla parola scritta.

Però le risorse informatiche permettono numerose scorciatoie: dal momento che si trovano versioni e ricerche già fatte, molti le copiano e i professori fanno fatica ad interrompere questo circolo vizioso.

Ma… a che cosa serve effettivamente studiare le lingue “morte” al giorno d’oggi?

Non si deve assolutamente dimenticare che la tradizione occidentale si è sviluppata grazie alla cultura greca, a quella romana e cristiana: ha tratto dai Greci il ragionamento, la filosofia e il gusto della bellezza, dai Romani il diritto e il concetto di Stato, dai Cristiani una nuova concezione della persona, della civiltà e della società.

Fondamentale risulta anche la lettura delle opere letterarie antiche: queste consentono l’incontro con i pilastri del passato e un diretto confronto con loro.

Quindi, studiare le civiltà, le letterature e le lingue classiche non è una perdita di tempo perchè permette la comprensione dei numerosi cambiamenti avvenuti nei secoli, i quali si riflettono nella vita odierna.

 

Di Francesca Acquaroli

1 Commento su A che cosa serve oggi studiare le lingue “morte”?

  1. Insegno lettere classiche (meglio note come “lingue morte”…) al liceo da più di vent’anni e ci provo SEMPRE. Concordo infatti al 100% con la tesi sostenuta.

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