Quasi sazia

UNA POLITICA CHE ORMAI NON ATTRACCA PIU'

Banda BassottiUno dei motivi per cui ho scelto la Magistrale in Giornalismo è stata la passione per la politica. Un anno fa, ancora, mi divertivo a scrivere sulle storie di Montecitorio e di Palazzo Madama; a svelarne gli intrighi, i sotterfugi; a parlare di quello o di questo politico sul mio blog. Oggi, invece, faccio parte di quel 60% di persone che non è andato a votare. Mi sono stancata di sentir sempre parlare, parlare e parlare. E di non vedere niente di concreto. La politica è qualcosa che ti prende dentro, che ti fa prendere posizione, che ti fa arrabbiare ed esultare, che ti fa credere in qualcuno che – con il tuo voto – possa cambiare l’Italia e fare andare le cose meglio. Adesso, per me, non c’è nessuno tra i 630 deputati e i 315 senatori che mi rappresenti, che possa portare veramente il parere e le necessità dei cittadini allo Stato. Alle comunali ho deciso che avrei cambiato radicalmente e che avrei votato il Movimento Cinque Stelle: a sentire i comizi di Beppe Grillo sembrava che finalmente qualcosa potesse cambiare, che finalmente ci sarebbero stati men soldi per i parlamentari e per i politici in genere e più soldi per i servizi al cittadino. Sono rimasta delusa. E stavolta ho deciso di non andarci. A chi mi ha chiesto il motivo, ho risposto che non c’era nessuno che mi rappresentasse davvero e che bisognava dare un segnale forte a chi è al potere, affinché capisca che il popolo è stanco, che avanti così non può andare. Sono quasi contenta che abbia vinto l’astensionismo, anche se poi di quelli là – a Roma – nessuno ha captato (anzi, meglio, ha voluto captare) il segnale. In realtà, a pensarci bene, questa è una cosa tremenda, la più triste per la storia del nostro Paese. Il 60% degli italiani diserta il voto, l’unica arma che ancora ha per far sentire la sua voce, per difendere la democrazia. E’ un segnale molto forte, che dovrebbe essere capito, e sul quale bisogna agire di conseguenza. I cittadini sono stanchi. Tartassati dalle tasse. Molti senza lavoro. Alcuni, come noi, senza un futuro davanti. E a Roma, nella mensa di Montecitorio, mangiano caviale pagando solo 1€ simbolico: il resto lo pagano i cittadini. Non si può andare avanti così. Sono amareggiata, perché so che del mio futuro nulla si sa. So che non basta la buona volontà, che non basta rimboccarsi le maniche. Sono convinta che basterebbe poco a far ripartire l’economia: basterebbe abbassare l’Iva, con la diretta conseguenza dell’abbassamento dei prezzi dei prodotti; il commercio tornerebbe (a fatica) a girare e i soldi con esso. Eppure una cosa così facile per il Governo sembra impossibile. E’ un affronto, per chi lavora tutti i giorni, sentir parlare solo di legge elettorale e vedere che per eleggere due membri della consulta ci vogliono mesi, quando il Paese avrebbe quotidianamente bisogno di altro. Mi ero promessa che, in questo spazio, non avrei parlato di politica. Mi risulta difficile mantenere la promessa, vedendo ciò che mi sta intorno. Parma (e come lei, le altre città italiane) sta pian piano finendo sotto terra, schiacciata dalle macerie di uno Stato che chiede tutto e non da niente. Parlo dei negozi che chiudono, per le troppe tasse e perché ormai i grandi centri commerciali hanno preso il monopolio del commercio; parlo dei vari lavoratori che non vedono lo stipendio da mesi e che non si licenziano nella speranza che arrivi il mese successivo; parlo dei giovani, che non trovano lavoro; e delle famiglie, che rinunciano ad ogni cosa, pur di arrivare a fine mese a pagare l’affitto, il mutuo, le tasse… Che Italia è questa? Davvero la vogliamo così? Con un popolo senza dignità e con 945 persone (senza contare i ministri e i politici che non sono in Parlamento, ma che comunque manteniamo) che fanno la bella vita a spese nostre, indebitando sempre di più una nazione che già non respira. Vorrei tornare ad appassionarmi di politica, ma quella vera, costruttiva; non la politica delle sigle (TASI – IMU – IRPEF…) e degli usurai.

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