Tra visori e simulazioni, la realtà è sempre più virtuale. Abbiamo provato

A PARMA L'ESPERIENZA DELLA STARTUP 'IMMERSIO' PER UN NUOVO MODELLO DI BUSINESS

A dispetto del nome, la realtà virtuale sta entrando sempre più nella vita quotidiana delle persone. Dai post in 3D introdotti da Facebook, ai percorsi virtuali nei musei, alle esplorazioni interattive delle città con smartphone alla mano, sono in costante aumento le nuove applicazioni che, sia per svago o in ambito lavorativo, sono oggi più accessibili per (quasi) tutti.
Ma occorre partire da una precisazione. Parlare di realtà aumentata e di realtà virtuale, non è la stessa cosa. Per realtà virtuale s’intende una realtà simulata, artificiale, totalmente costruita a computer e che dà la possibilità di immedesimarsi all’interno di uno scenario, appunto, virtuale come ad esempio il 3D, indossando particolari dispositivi. La realtà aumentata, invece, non è altro la rappresentazione della realtà che è intorno a noi, ma ampliata e integrata attraverso modifiche di suoni, animazioni, contenuti digitali che arricchiscono la nostra percezione sensoriale. E’ il caso di Pokèmon Go, l’applicazione che ha spopolato permettendo di catturare nell’ambiente reale i mostriciattoli che apparivano sullo schermo del telefono.

I RECENTI SVILUPPI – Queste tecnologie non sono una vera e propria novità; si studia e si utilizza l’esperienza simulata già da diversi anni, ma con costi e modalità di accesso proibitive. Grazie ai recenti progressi tecnologici, però, oggi anche la realtà virtuale è diventata a portata di mano. Investimenti di aziende come Facebook, Google o Sony, hanno reso possibile l’accesso a determinate tecnologie a molte persone e di sviluppare delle esperienze con costi relativamente contenuti rispetto al passato. Attualmente, l’esperienza della realtà artificiale avviene utilizzando un visore, un dispositivo che può avere forma di occhiali o di casco, che fa sì che il nostro cervello si convinca di vedere la realtà, mentre invece è tutta una simulazione. Al punto che se qualcosa sta per colpirci, ci si scansa. Una realtà tridimensionale immersiva che porta chi la sperimenta ad isolarsi dal mondo esterno. E’ la vista dunque il senso principalmente coinvolto durante l’esperienza della realtà virtuale, anche se diverse aziende del settore tecnologico stanno sviluppando hardware e software in grado di rendere sempre più immersiva la simulazione digitale attraverso l’utilizzo degli altri sensi come il tatto o l’olfatto.

VR, COME E PER COSA? – Diverse tra le più grandi aziende del settore tecnologico hanno sviluppato dispositivi accessibili, ognuno con le sue specificità. Ad esempio, il visore Samsung Gear Vr collegato ad uno smartphone consente di vedere video, foto e giocare a 360 gradi. Un altro strumento più economico è il Google Cardboard, diverso rispetto al Samsung perché realizzato in cartone e costruito da chi lo deve utilizzare. All’interno bisogna introdurre lo smartphone, dopo ovviamente aver scaricato l’app Google Cardboard compatibile sia con IOS che con Android, per godersi le proprie foto o i propri video realizzati. Più sofisticato è l’Oculus Rift, con auricolare e microfono integrati, che non necessita di esser collegato allo smartphone ma bensì al computer o ad una consolle di videogiochi.
Si può quindi facilmente intuire come gli ambiti di applicazione di prodotti della realtà virtuale o aumentata spaziano dal gaming alla medicina, passando per il turismo, la mobilità, l’ambito militare o la ricerca scientifica. Attraverso la simulazione virtuale, ad esempio, è possibile visitare musei, mostre o siti archeologici ricostruiti così come si presentavano secoli fa. La Vr (abbreviata dall’inglese) può essere utilizzata per formare i medici che sperimentano digitalmente interventi di chirurgia robotica o per addestrare militari che imparano ad utilizzare un carro armato. E, sia in termini di produttività, creatività e business, sempre più aziende guardano con interesse alle possibilità offerte dalla Vr, già elemento della cosiddetta industria 4.0.

IMMERSIO, LA REALTA’ VIRTUALE E IL BUSINESS – Anche a Parma qualcosa si sta muovendo in questa direzione. È il caso di ImmersiO, la prima start-up innovativa fondata un anno fa da Matteo Cavalieri e Vincenzo Cosi, ingegnere ed economista, con l’idea ben precisa di creare un modello di business a partire dalle esperienze vissute attraverso la realtà virtuale. Un modo originale di coniugare la tecnologia al marketing e ai principali processi produttivi. “ImmersiO fornisce diverse simulazioni virtuali ai clienti, fornitori o produttori di un’azienda mostrando in anteprima il prodotto finale grazie ad un semplice visore. È così possibile mostrare qualcosa in una situazione immersiva che va oltre il 3d o la visualizzazione classica su schermo”, spiega Vincenzo Cosi. In altre parole, la start-up fa in modo che le aziende possano utilizzare l’esperienza della realtà virtuale per migliorare i loro processi produttivi, l’area marketing o soddisfare alcune esigenze particolari dei clienti, offrendo loro sensazioni che vivrebbero dal vivo. “Ad esempio, per una realtà manifatturiera del nostro territorio abbiamo riprodotto il loro impianto di grandi dimensioni in fase di progettazione – racconta Vincenzo -. Sostanzialmente questo non era ancora stato realizzato, ma il cliente ha potuto vedere prima, con l’ausilio del visore e in realtà virtuale, l’esatta riproduzione dell’impianto così come sarebbe stato il risultato finale”. Tutto questo non è solo aggiungere un’esperienza emozionale come la realtà virtuale a processi altrimenti poco ‘esperienziali’ come una trattativa commerciale. I vantaggi sono soprattutto pratici: “si possono prevedere e prevenire modifiche e revisioni in corso d’opera che altrimenti significherebbero costi maggiori, permettendo all’azienda di risparmiare ulteriori spese – specifica Vincenzo -. Non vogliamo che il cliente si fermi allo stupore iniziale, vogliamo offrire uno strumento concreto che possa migliorare il suo business”.
Ma come si arriva a tutto questo? Per realizzare un’esperienza virtuale del genere si mescolano diverse figure professionali che vanno dallo sviluppatore al project manager, in quanto “stiamo sempre parlando di uno strumento che serve per vendere un prodotto o rispondere a un’esigenza”, afferma Vincenzo.
È in questa direzione che si spingono i progetti futuri della giovane startup parmigiana che, in vista di nuove collaborazioni, si mostra decisa ad alzare l’asticella della sfida. “Un obiettivo a breve termine è riuscire ad integrare all’esperienza della realtà virtuale altre gestualità; grazie all’uso di guanti, perciò, aggiungere, oltre alla vista e al movimento all’interno di uno spazio, anche sensazioni tattili”, conclude Vincenzo.

DENTRO UN MONDO VIRTUALE – Per farci ‘provare con mano’ la loro attività digitale, i fondatoti di ImmersiO ci hanno dato la possibilità di testare la demo di una camera di preparazione di un’impianto farmaceutico.
Loro ci guideranno vedendo sul monitor del pc quello che guarderemo attraverso le lenti del visore. Ci spiegano come impugnare ed usare le due manopole, come muoversi all’interno dello spazio virtuale e si parte. Una volta posizionati al centro della piccola stanza e indossato il visore, Matteo, la scrivania, le pareti non esistono più: davanti a noi appare un mondo nuovo. Un ambiente digitale impossibile dove, qualche metro più in là, si trova il macchinario da osservare e analizzare. Ci vuole qualche secondo per rendersi conto che non è possibile muoversi nello spazio virtuale come in quello esistente, altrimenti i danni che potremmo causare urtando contro computer e persone sarebbero costosamente reali. Girando la testa compare all’improvviso un pilastro della struttura. D’istinto viene da scansarsi. “Non preoccuparti, quello non l’abbiamo simulato”, scherza Matteo. Se si è nerd allenati, si può immaginare già cosa si sperimenta nella realtà virtuale. Razionalmente si sa che nulla di ciò che vedi esiste nella realtà; ma i nostri neuroni, ancora una volta, sono vittime dell’inganno digitale. Le sinapsi vivono come esperienza autentica ciò che gli occhi riconoscono come falso. Un paio di volte, senza rendersene conto, ci si lascia stupire dal “sentore” di poter cadere dalla ringhiera del macchinario, o di poter afferrare con le mani virtuali azzurre alcune leve per poter interagire con l’apparecchiatura, molto realistica nei suoi dettagli. Mentre si esplora e si prende confidenza con quella concreta immaginazione, Matteo racconta le fasi di realizzazione della demo del progetto in VR. Importare digitalmente e modellare virtualmente il prodotto ha richiesto poco più di un mese, a partire dai progetti originali, sui quali si aggiungono poi le richieste dei clienti. “Il prossimo passo sarà simulare l’azione umana per mezzo di animazioni virtuali, sia per procedure tecniche sia per scenari di pericolo o insicurezza – aggiunge il cofondatore -, così come rendere ancora più efficace l’utilizzo professionale di questo strumento aggiungendo la possibilità di scattare istantanee o mandare messaggi vocali per apportare le modifiche necessarie”. Conclusa la sperimentazione, ci rendiamo conto di essere stati davvero ‘immersi’ in una realtà digitalizzata, ricreata appositamente per vivere esperienze altrimenti impossibili dal vero. È il progresso tecnologico che avanza e chissà quali nuovi sviluppi riserverà da qui a pochi anni.

 

di Jacopo Orlo e Rim Bouayad Tlemcani

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