Paola Donati: “La libertà permette di fruire il teatro, la conoscenza di essere liberi”

A TU PER TU CON IL DIRETTORE DELLA FONDAZIONE TEATRO DUE

Paola Donati è il direttore della Fondazione Teatro Due, una delle realtà più atipiche ed interessanti del panorama teatrale di prosa nel contesto italiano ed europeo.
Fondato nel 1902 come Bagno Pubblico e dedicato alle attività culturali dal 1935, dagli anni ’70 è stato riorganizzato e gestito dalla Compagnia del Collettivo. Si compone da allora di una struttura mobile con quattro spazi di spettacolo diversi in cui è possibile operare contemporaneamente. Ci sono inoltre aree laboratoriali, di sperimentazione e contaminazione tra le discipline dell’espressione teatrale. Dal 2001 si sviluppa un’articolata attività produttiva incentivata dall’istituzione della Fondazione Teatro Due, recentemente arricchita con la disponibilità dell’anfiteatro esterno Shakespeare per le rappresentazioni estive. La Fondazione si distingue per percorso artistico e continuità progettuale, ‘ensemble stabile’ di attori ma con ricambio generazionale, sostegno alla drammaturgia italiana ed europea, valorizzazione del testo classico, ma anche creazione di opere interdisciplinari, di ricerca e sperimentazione. L’idea è quindi proporre un teatro fruibile tutto l’anno e in varie dimensioni, un luogo di ritrovo, formazione e crescita sia per l’attore che per lo spettatore.

Il direttore Paola Donati ha spiegato perché è così importante oggi avere consapevolezza della necessità di luoghi di cultura vivi e produttivi, capaci di rinnovarsi e mettersi in discussione, anche lavorando sulla formazione degli spettatori, soprattutto di quelli giovani. Perché nel 2018 essere autoreferenziali è fuori moda. Vivere soltanto della rendita dell’immenso patrimonio culturale italiano è controproducente: come tutte le risorse, se non rinnovate, alla lunga si usurano.

Fondazione Teatro Due

Fondazione Teatro Due

Che cosa rappresenta il Teatro Due per Parma e qual è l’obiettivo della proposta culturale di quest’anno?
“Il Teatro Due ogni anno cerca di svolgere un ruolo abbastanza unico non solo in città. È un teatro di produzione, dalla fisionomia culturalmente particolare, diventato modello per l’Italia grazie al rapporto costruito negli anni tra la città e la fondatrice ‘Compagnia del Collettivo’, che ha cercato di ricoprire un ruolo nazionale e internazionale. Inoltre non ha mai disgiunto il lavoro di progettazione artistica da quello di elaborazione teorica e di formazione sia degli artisti che degli spettatori. Una delle funzioni che il Teatro svolge è quello di centro di aggregazione alta per gli spettatori. Sia prima che dopo lo spettacolo c’è una vita molto intensa fatta di pensieri, elaborazioni, confronti, crisi e anche piccoli o grandi risultati. Penso che il direttore di un teatro sia come un maestro d’orchestra, deve saper conoscere il funzionamento di tutti gli strumenti.”

 Se dovesse scegliere tre aggettivi riguardanti la sua attività di direttore, quali sceglierebbe?
“Essere sensibili e aperti, essere studiosi e molto curiosi – affinché possa esserci nel pubblico, ma anche negli artisti, la sospensione dell’incredulità – e generosi nella trasformazione del proprio lavoro. Il teatro è fatto di un’élite, ma deve essere aperto a tutti. Rappresenta un’interlocuzione attiva, in cui artisti e spettatori devono essere il più possibile alla pari. Per fruire del teatro occorre essere liberi, per essere liberi bisogna conoscere.”

Dallo spettacolo 'Topolino'

Dallo spettacolo ‘Topolino’

Infatti il Teatro Due propone il progetto Formazione Spettatori: perché è importante formare lo spettatore?
Il pubblico deve essere messo nella condizione di sapere e di aver voglia, di essere soggetto e non solo osservatore. Da artisti abbiamo il piacere di avere interlocutori che possano mettere anche in discussione il nostro lavoro, che desiderino una partecipazione culturale articolata, lontana dal puro intrattenimento. Il che vuol dire non essere seriosi, ma seri, perché il teatro è un atto serio. Per me consapevoli significa formati non solo su conoscenze di tipo teorico, ma anche di vita. Io stessa, a 15 anni, mi sono avvicinata al mondo teatrale grazie alla scuola ‘Fare Teatro’ del Teatro Due. Svolgiamo laboratori teorico-pratici direttamente nelle scuole, come i ‘blitz di storia del teatro’, o come le ‘classroom play’, che siamo stati i primi ad attivare in Italia: testi contemporanei scritti ad hoc per essere recitati/giocati nelle classi. Ci sono anche i laboratori per gli studenti universitari, in realtà aperti a tutti. È fondamentale che gli spettatori si pongano in un ascolto che possa sorprenderli, ricordando Ronconi, ‘lo spettacolo più bello è quello che lo spettatore continua a farsi quando torna a casa: se ciò accade, è perché quello a cui ha assistito è stato potente’.”

Ai giovani aspiranti attori che cosa consiglia?
Cercare dei bravi maestri. Il primo passo è capire quali forme artistiche ci piacciono di più e perché. Non basta essere fotogenici, o accattivanti, o saper recitare. Il vero attore è una personalità che si rinnova e che è capace di inventare mondi immaginari. L’importante per un attore è capire se si vuol fare questo mestiere, mettendosi in difficoltà. Non bisogna mai cercare la strada facile, perché è un lavoro molto complicato, per il quale bisogna saper far coincidere la propria esistenza con la professione. Un attore deve avere la necessità di trasformare ciò che vive in un atto da porre agli altri. Il mestiere dell’attore non è per tutti.

Dallo spettacolo 'Il silenzio del mare'

Dallo spettacolo ‘Il silenzio del mare’

Riguardo l’ETC – European Theatre Convention, lei è stata nominata nel 2013 nel consiglio direttivo, quanto è importante questa nomina per Parma, ma anche per il contesto nazionale?
“È molto importante, perché è l’ambito in cui discutere strategie culturali e artistiche, divergenti secondo la storia di ciascun paese. L’importanza di questa nomina è nel poter essere partecipe di quei processi di elaborazione di nuove idee o di interpretazione delle necessità condivise. Ogni paese europeo, in base alla propria identità e alle proprie risorse, fa delle scelte strategico-politiche. Un esempio è Berlino che spende in cultura quanto l’intero FUS (Fondo Unico dello Spettacolo) italiano. In Italia fondazioni come la nostra sono in costante confronto con i direttori generali del Ministero, a seconda dell’interesse e delle priorità che il ministro di turno dà all’ambito culturale”.

A questo proposito, il ricorso che il Teatro Due ha presentato contro il decreto del MiBACT per il taglio del FUS nel 2016 è stato bocciato dal consiglio di Stato. Il nuovo Codice ha accolto le vostre sollecitazioni per una maggiore attenzione a realtà teatrali in difficoltà?
“Il Teatro Due, è solo uno dei 119 soggetti che hanno presentato ricorso. Il nostro caso è stato eclatante perché la categoria non si aspettava che qualcuno si opponesse. Di fatto dopo il ricorso non c’è stato un miglioramento e ciò potrebbe essere imputabile ad una classe politica dirigente che è disinteressata non solo al teatro, ma probabilmente anche alla cultura e purtroppo anche all’istruzione. Ciò spinge la classe dirigente a normare una semplificazione di funzionamento, ma senza avere degli obiettivi chiari di sviluppo. L’Italia vive una sorta di paradosso: con un patrimonio artistico concorrenziale al resto del mondo, se oggi non favoriamo una produzione alta, quel patrimonio lo deupaperiamo e contemporaneamente non creiamo possibilità per uno nuovo. Essere attrattivi significa che la vita civile e culturale della città è alta e ciò non va assolutamente confuso con il turismo e l’aumentare dei consumi legati a questa attività.”

La vittoria di Parma Capitale della Cultura 2020 potrebbe cambiare questa situazione. Ci sono già dei progetti?
“Sì. Il teatro ha presentato due progetti: il primo consiste nel proseguire il lavoro iniziato dal Teatro Farnese, presentandoci come un ‘globe’ cittadino. Il secondo verrà realizzato con Europa Galante e riguarda ‘Il trionfo del tempo del disinganno’ di Haendel e coinvolgerà anche musicisti, danzatori e cantanti. Prima avvieremo un percorso di studio che porterà a Parma personalità internazionali protagoniste di ‘spazi di riflessione’ basati sul confronto. Il 2020 sarà l’occasione per presentare il frutto di tutti questi progetti. Le potenzialità sicuramente ci sono, poi starà alle persone rendere il tutto concreto. Parma ha la possibilità di mettere in piedi macchine culturali in grado di attirare turisti, ma questo non deve essere assolutamente l’obiettivo principale, che rimane quello di presentare la città alla nazione come capace di dare un’importante risposta culturale anche dopo il 2020.”

 

di Duna Viezzoli e Marilina Leggieri

Riprese e montaggio di Jacopo Orlo

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