Giusto condannare la maestra di Torino. E i poliziotti della Diaz?

IL CAMPO MINATO DEL GIUSTIZIALISMO DA SALOTTO

Giusto condannare la maestra di TorinoNon serve nemmeno che mi metta a ricapitolare gli eventi accaduti, bene o male ciascuno di noi ha chiara la storia: una maestra a Torino ha augurato la morte ai poliziotti, impegnati a tenere sotto controllo un gruppo di 500 antifascisti, decisi a contestare una manifestazione fascista. Di inchiostro sulla vicenda se n’è sparso molto, ma un dato è incontrovertibilmente interessante: il mondo della politica è stato graniticamente compatto nella condanna senza appello della maestra. La classe dirigente e una buona fetta della stampa hanno acclamato a gran voce il licenziamento del mostro, reo di infettare le menti dei più piccoli con spirito sovversivo e antifascista. La giuria ha deciso. Ed ha fatto pure bene.

SALTARE SULLE MINE – Esattamente, hanno fatto bene. Del resto il presupposto della manifestazione a cui si è unita la maestra era impedire ad altre persone di discutere pacificamente – ci si augura – delle loro ideologie politiche. Se la premessa è minare la democrazia non ci possono essere scuse o fraintendimenti, anche se l’obiettivo sono dei fascisti, intrinsecamente sfavorevoli al sistema che li tutela. Anche se la Costituzione recita precisamente che la ricostituzione del partito fascista è un crimine.

Ma come ci hanno dimostrato i risultati delle elezioni, con CasaPound e Forza Nuova arroccate sul loro penoso 1%, il fascismo è solo uno spauracchio a cui si appellano i facinorosi dei centri sociali per fare casino. Le percentuali registrate dal centro-destra, certificato come il fulcro delle uscite xenofobe, non sono invece significative da questo punto di vista. Nessuno sospetta infatti che la Lega nella sua veste più nazionalista di sempre possa aver cannibalizzato tutti i neofascisti. No signore.

Tolto dal campo l’inutile motivazione che ha spinto la maestra ad andare a manifestare a Torino ritorniamo alle nette condanne dopo l’evento. Sembra non esserci stato alcun partito che non abbia fucilato sul posto la manifestante. L’evento ha unito Destra e Sinistra sotto un’unica bandiera, forse per una sorta di caccia al voto facile, ma queste rimarranno voci più o meno fondate. Il risultato è che la maestra è stata sospesa e rischia, a quanto sappiamo, il licenziamento, e le forze dell’ordine hanno avuto il loro giusto sostegno per essere in prima linea. E lo ribadisco, è giusto che sia così.

Come è giusto che la nostra intera classe politica abbia condannato i poliziotti coinvolti nel caso Diaz, soprattutto quando condannati per i loro crimini non prescritti. Come è giusta la condanna unanime da parte di tutto il mondo politico per i poliziotti coinvolti nel caso Aldrovandi. Come è giusto che Destra e Sinistra si siano fatte sentire indistintamente nel duro giudizio contro i poliziotti coinvolti nel caso Cucchi. Perché se spaventa una maestra che può insegnare brutti valori ai nostri figli, magari bevendo una birra, vogliamo mettere delle forze dell’ordine, col dovere di proteggerci, abusare del loro potere?

EHI, UN MOMENTO – Come? Non c’è stata la stessa medesima alzata di scudi? In effetti potrei aver esagerato, c’è anche chi suggerisce come la maestra e i poliziotti della Diaz siano esattamente sullo stesso piano. Gli uomini in divisa della Diaz erano mossi dalla stessa scintilla violenta della maestra. Che implicitamente significa: “Hai presente quel sistema che vuole le forze dell’ordine allevate nelle caserme con ideologie talvolta estremiste, in un’atmosfera di omertà che copre i colleghi colpevoli, insabbia le scomodità e convive con la condanna dell’UE all’Italia per non avere una legge che tutela dalla tortura? È lo stesso identico problema della maestra che augura, urlando alla manifestazione, la morte di un carabiniere.”

Perché la nostra classe dirigente si è gettata senza la minima esitazione sull’insegnante, ma è così pigra nel parlare del problema che riguarda le forze dell’ordine? Qualcuno veramente senza scrupoli è andato addirittura oltre, calcolando dati ISTAT alla mano, che l’1,2% della popolazione italiana (quella impegnata come forza dell’ordine) è colpevole dell’8,5% di tutti i femminicidi commessi nel nostro Paese. Del resto i recenti fatti di cronaca non aiutano a mitigare questa fastidiosa prospettiva.

Eppure onestamente non riesco a giudicare chi deve per professione rischiare la propria vita per la mia sicurezza. Verrebbe richiesto un lavoro gigantesco di immedesimazione, di analisi delle variabili psicologiche che si innescano nel servire come poliziotto o carabiniere. Ci vorrebbe qualcuno con il giusto profilo di competenze per poter capire dove sia il problema. Probabilmente gli stessi che hanno condannato con precisione categorica la maestra.

 

di Matteo Buonanno Seves

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